Perché sunniti e sciiti non sono la stessa cosa

di Mirko Aufiero
8 Min.

La differenza tra musulmani sunniti e sciiti dura da secoli, e nel corso degli anni è stata usata per inasprire le rivalità in Medio Oriente

La divisione tra le due correnti principali dell’Islam – quella sunnita e quella sciita – ha una storia secolare, che nasce con la morte del profeta Maometto nel 632 d.C. Questa spaccatura dimostra la natura frammentata del mondo musulmano – rappresentato troppe volte come un blocco unitario – e viene spesso citata per spiegare i contrasti nella regione, semplificandoli in modo eccessivo.

Unendosi a rivalità politiche, le differenze religiose sono diventate un pretesto per rimarcare la distanza rispetto ai propri avversari regionali per i Paesi del Medio Oriente. Tra questi, un ruolo di primo piano è ricoperto dall’Arabia Saudita – Paese campione del sunnismo – e dall’Iran, il più influente tra i Paesi a maggioranza sciita.

Le origini della faida

Alle origini della scissione interna all’Islam troviamo la disputa per la successione al profeta Maometto, morto nel 632 d.C. Le tribù arabe dell’epoca si divisero su chi dovesse ereditare la carica di successore del Profeta. Si trattava di un conflitto tanto politico quanto religioso. Una lotta per il potere terreno e per la salvezza ultraterrena.

Una parte di queste tribù ritenne che tale compito spettasse ad ‘Ali, genero del Profeta, che sarebbe stato designato come successore da Maometto stesso. Secondo questa fazione, infatti, il successore del Profeta doveva essere scelto tra i consanguinei di Maometto. Questa corrente è quella che ha preso il nome sciismo, dall’espressione «shiaat ‘Ali» (Fazione di ‘Ali).

I futuri sunniti, invece, indicarono come successore Abu Bakr, amico di Maometto e padre della moglie del Profeta, Aisha. Il loro nome deriva dalla Sunna, ossia il codice di comportamento tramandato da Maometto che – insieme al Corano – è alla base della Sharia, la legge islamica. Proprio Abu Bakr salì al potere come primo “califfo“, titolo dei successori del Profeta in quanto leader del regno arabo.

‘Ali raggiunse il potere anni dopo come quarto califfo. Iniziato in seguito alla morte del terzo califfo Uthman, della famiglia degli Omayyadi, il regno di ‘Ali fu breve. Mu’awiya, nipote di Uthman e governatore della Siria, attaccò Ali, colpevole di non aver vendicato il precedente califfo. Dallo scontro uscì vincitore Mu’awiya, che divenne il quinto califfo nel 661 d.C.

Lo scontro tra sunniti e sciiti si aggravò nel 681 d.C., in seguito all’uccisione di Hussein, figlio di ‘Ali e Fatima, figlia di Maometto. Alla morte di ‘Ali il potere era infatti passato nelle mani dei suoi figli, Hasan prima e Hussein dopo. Quest’ultimo si lanciò in un’attacco contro gli Omayyadi, ma venne ucciso insieme alla sua famiglia a Kerbela, divenuta oggi città santa del mondo sciita.

Le differenze odierne tra le correnti

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Oggi i sunniti rappresentano la maggioranza all’interno del mondo musulmano. Si stima che costituiscano l’80% dei musulmani, contro il 15% degli sciiti (il resto sono correnti minori tra cui i sufi). Se però si restringe il campo al solo Medio Oriente, le distanze si accorciano, con tre sciiti per ogni cinque sunniti.

Tutti i musulmani – circa 1,6 miliardi di persone – concordano su alcuni principi, tra cui Allah come unico dio e Maometto come suo profeta. Condividono anche i cinque pilastri dell’Islam – tra cui la fede in Allah e in Maometto, il Ramadan e l’elemosina – e il Corano come libro sacro.

Secondo gli sciiti, tuttavia, il Corano è creato, mentre per i sunniti è coeterno ad Allah, che lo ha dettato al Profeta. Inoltre, se i sunniti basano la loro pratica dell’Islam sulla Sunna, gli sciiti hanno come punto di riferimento gli ayatollah, rappresentanti di Dio in terra.

Sempre gli sciiti credono che il dodicesimo e ultimo imam sia «nascosto», e che un giorno tornerà ad essere visibile per compiere la volontà di Dio. Si tratta di una figura chiave per lo sciismo, l’unica in grado di interpretare correttamente il Corano a la Sunna. Proprio in base al diverso valore attribuito all’imam, lo sciismo si divide in duodecimano, ismaelita e zaydita.

Nel corso dei secoli le due correnti si sono mosse accuse reciproche. I sunniti considerano gli sciiti degli eretici, mentre quest’ultimi accusano i sunniti di aver dato vita a sette estremiste.

Sunnismo e sciismo oggi

File:Map of Middle East.svg - Wikimedia Commons

Tra i Paesi del Medio Oriente, quelli oggi a maggioranza sciita sono Iran, Iraq, Azerbaijan e Bahrein. Esistono poi consistenti minoranze in Yemen, Siria, Libano, Qatar, Turchia e Kuwait. La contrapposizione tra sunniti e sciiti nella regione si è acuita a partire dalla rivoluzione dell’ayatollah Khomeini in Iran, il quale ha instaurato una teocrazia islamica e strumentalizzato l’identità sciita del Paese.

Nel corso degli anni l’Iran ha rafforzato i legami con altri Paesi a maggioranza o guida sciita – non solo per la religione – creando la cosiddetta “mezzaluna sciita“. Questa porzione di territorio va dall’Iran al Mar Mediterraneo, e comprende Iraq, Siria e Libano. A questi è possibile aggiungere anche gli Houthi dello Yemen, appartenenti alla corrente zaydita dell’Islam.

Nonostante in Siria la corrente prevalente sia quella sunnita, da decenni il Paese è governato – quanto questo controllo del territorio siriano sia reale è un’altra storia – dalla famiglia Assad, sciita. Discorso simile per il Libano, dove gli sciiti rappresentano solo il 34,1% della popolazione, ma il più potente gruppo militare – Hezbollah – è sciita.

Come sottolinea Riccardo Redaelli, professore di Geopolitica, in un articolo per l’ISPI, va precisato che i rapporti di Teheran con questi Paesi si sviluppano per «convenienza geopolitica». Esistono infatti forti «differenze socio-culturali» tra questi attori, e la comune fede sciita non ha impedito all’Iran di appoggiare l’Armenia (cristiana) contro l’Azerbaijan (sciita) durante il conflitto tra questi due Paesi.

Il secondo elemento evidenziato da Redaelli riguarda l’uso strumentale della religione, nel contesto di uno scontro per il predominio sul Medio Oriente. In questo senso, i contrasti tra le sette dell’Islam sono funzionali allo scontro politico, in quanto producono una «polarizzazione delle identità».


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