Perché la leva militare obbligatoria è sospesa

di Mirko Aufiero
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 7 Min.

Popolarmente nota come “naja” la leva militare obbligatoria è sospesa in Italia dal 2005, ma non eliminata. Intanto, si sta tornando a parlarne in Europa

La leva militare obbligatoria – nota in gergo come naja – è stata attiva in Italia per 143 anni, dall’Unità all’1 gennaio 2005. Si tratta del periodo di servizio militare da svolgere presso le Forze armate a partire dai 18 anni di età che, a quasi 20 anni dalla sua sospensione, continua ad alimentare un dibattito sulla sua necessità.

La sospensione è arrivata con il secondo governo Berlusconi nel 2004 attraverso la “legge Martino“, che ha anticipato di due anni la sospensione già prevista dal secondo governo Amato per il 1° gennaio 2007. La classe dei nati nel 1985 è stata l’ultima a prestare servizio; da allora, l’arruolamento avviene su base volontaria.

Si tratta tuttavia di una sospensione, e non di una soppressione totale. Il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 – che ha sostituito la “legge Martino” – prevede infatti che il servizio di leva può essere ripristinato se «il personale volontario in servizio è insufficiente e non è possibile colmare le vacanze di organico».

Oltre a questa fattispecie, il servizio di leva può tornare obbligatorio se «è deliberato lo stato di guerra» o se si verifica «una grave crisi internazionale nella quale l’Italia è coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale giustifica un aumento della consistenza numerica delle Forze armate».

Un riferimento esplicito al servizio militare si trova nell’art. 52 della Costituzione, che lo descrive come «obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge». Lo stesso articolo fa riferimento alla «difesa della Patria» come «sacro dovere del cittadino».

I motivi della sospensione della leva militare obbligatoria

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Italian_Army_-_7th_Alpini_Regiment_81mm_mortar_exercise_on_Monte_Bivera_02.png https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/d1/Italian_Army_-_7th_Alpini_Regiment_81mm_mortar_exercise_on_Monte_Bivera_02.png www.esercito.difesa.it, CC BY 2.5 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.5>, via Wikimedia Commons leva militare obbligatoria

Il dibattito attorno alla leva militare si è fatto particolarmente acceso negli anni ’90, e ha riguardato questioni etiche, militari e sociali.

Un caso che ha avuto un forte impatto sulle opinioni pubbliche e alimentato i sentimenti di avversione alla leva è stato quella della morte in caserma di Emanuele Scieri nel 1999, che all’epoca stava svolgendo il servizio militare. Pochi mesi dopo, il Consiglio dei ministri approvò un ddl del ministro della Difesa Scognamiglio, che poneva le basi per la sospensione della leva obbligatoria.

Un altro fattore riguardava le nuove esigenze delle Forze armate all’alba del nuovo millennio, mutate a partire dal termine della Guerra fredda. Si tratta della necessità di avere eserciti sempre più professionalizzati, in grado di rispondere in tempi rapidi in caso di emergenze.

A questi, si aggiungevano il calo demografico e l’incremento dell’obiezione di coscienza, citati dalla relazione di accompagnamento del ddl n. 6433 del 1999 come fattori che rendono «sempre più difficile raggiungere contingenti di leva idonei a soddisfare le esigenze qualitative e quantitative delle forze armate».

«Il modello interamente volontario e quello che meglio risponde a questa nuova connotazione è funzione dello strumento militare. E una scelta che ha gia` compiuto la grande maggioranza degli alleati europei ed atlantici con limitate eccezioni».

Relazione di accompagnamento del ddl n. 6433 del 1999

Nella relazione si sottolineava inoltre che la «riduzione del numero complessivo del personale militare» avrebbe avuto come conseguenza probabile la «diminuzione di costi di struttura» e una «maggiore flessibilità della struttura dei costi fissi variabili».

La leva continua a far parlare di sé

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Giuseppe Cavo Dragone, Capo di Stato Maggiore della Difesa

Al netto dei proclami elettorali mai realizzati – sono divenuti famosi quelli di Matteo Salvini che si dichiara favorevole alla leva come mezzo di educazione dei giovani – in Europa si è tornati a discutere seriamente della sua reintroduzione.

La guerra in Ucraina, con le sue centinaia di migliaia di morti, ha infatti ricordato all’Europa l’importanza dei numeri dopo anni di una progressiva diminuzione dei militari. I più attivi sono i Paesi del nord Europa che hanno potenziato – o riattivato – la coscrizione obbligatoria.

L’Italia – tramite le parole del Capo di Stato Maggiore Giuseppe Cavo Dragone e del ministro della Difesa Guido Crosetto – ritiene necessario aumentare gli effettivi, ma senza passare per la naja.

«Se penso alla situazione mi metto le mani nei capelli. Abbiamo bisogno di uomini. Siamo assolutamente sottodimensionati», le parole di Dragone durante un’audizione informale alle commissioni Difesa ed Esteri di Camera e Senato.

La “legge di Paola” del 2012, che fissava il numero di uomini tra Esercito, Marina e Aeronautica a 150mila, è dunque decisamente insufficiente. La revisione del 2023 ha posto l’obiettivo di arrivare a 160mila entro il 2034, ma Dragone avverte che «è ancora poco». Con 170mila saremmo invece «al limite della sopravvivenza».

Il ministro della Difesa Guido Crosetto – in un’intervista di marzo – ha escluso la reintroduzione della leva obbligatoria per la necessità di avere «forze armate sempre più specializzate».

«Assolutamente no, non per motivi militari. Abbiamo bisogno di forze armate sempre più specializzate e di persone che ci credano veramente. Fare il militare non è come fare un qualsiasi altro lavoro. Ci sono delle regole chiare, dei rischi e altre cose che noi civili non capiamo e che ne fanno una peculiarità delle forze armate».


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