Rifiuti nello spazio: il problema crescente della Space Junk

di Dudnic Radu
5 Min.

Introduzione

La Terra combatte costantemente da decenni contro l’inarrestabile flusso dei rifiuti prodotti. Lo spazio è spesso considerato come un luogo vuoto e senza fine. Emerge un’insolita prospettiva: e se, in un colpo di audacia, ci liberassimo dei nostri rifiuti terrestri gettandoli nel cosmo? Una domanda che suona tanto provocatoria quanto futile, perché, anche se potessimo farlo, il nostro problema non svanirebbe nell’abisso siderale. La risposta a questo quesito è più tortuosa di quanto si possa pensare. Affrontiamo, quindi, la complessità di questa domanda.

Gli effetti dei rifiuti nello spazio

La prospettiva di un cosmo infinito potrebbe affascinare come soluzione all’apparentemente irrisolvibile problema dell’inquinamento. Uno dei principali motivi per cui non possiamo semplicemente gettare i nostri rifiuti nello spazio è il pericolo che comporterebbero per le missioni spaziali e per gli eventuali satelliti in orbita intorno alla Terra. Anche un piccolo oggetto, come un frammento di detriti, può causare gravissimi danni ad una navicella spaziale o a un satellite. A causa delle enormi velocità con cui si muovono nello spazio i detriti possono raggiungere le 18.000 miglia orarie. Quali possono essere questi detriti? Scaglie di vernice, frammenti di circuiti elettronici, frammenti di acciaio, di alluminio, di titanio. Tutti oggetti piccoli ma che possono arrecare danni gravi a satelliti o navette spaziali a causa della loro straordinaria velocità, comportandosi come proiettili fuori controllo.

Numeri e dati alla mano

I detriti spaziali, infatti, rappresentano già un serio problema per le agenzie spaziali di tutto il mondo. Secondo stime dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea), attualmente ci sono oltre 36.000 detriti spaziali di dimensioni superiori a 10 centimetri, 1 milione compresi tra uno e 10 centimetri, e 130 milioni tra il millimetro e il centimetro. Non solo i rifiuti spaziali possono danneggiare le missioni spaziali, ma possono anche compromettere le comunicazioni sulla Terra.

Nel 1996, ad esempio, la navicella spaziale francese “Cerise” subì gravi danni a causa dell’impatto con un frammento di detrito delle dimensioni di una palla. Nel 2009, un satellite operativo americano fu distrutto da un’esplosione di detriti in orbita. Anche nel 2013, l’ISS (Stazione Spaziale Internazionale) dovette eseguire una manovra evasiva per schivare detriti di un vecchio satellite russo. La crescente minaccia dei rifiuti spaziali mette a rischio la sostenibilità a lungo termine delle operazioni spaziali. La presenza di “Space junk” orbitante potrebbe rendere alcuni satelliti inutilizzabili per decadi o addirittura secoli.

Rifiuti nello spazio: Effetto Kessler

L’effetto Kessler prevede uno scenario in cui la densità di rifiuti spaziali nell’orbita terrestre diventa così elevata che le collisioni tra detriti generano una reazione a catena. In pratica, questo ciclo di collisioni potrebbe amplificarsi, creando una “flusso” di detriti che rende l’orbita terrestre sempre più pericolosa e inaccessibile. Se l’effetto Kessler dovesse diventare incontrollabile, potrebbe verificarsi una situazione in cui alcune regioni orbitali diventano impraticabili per periodi estesi. Questo comprometterebbe la sicurezza delle operazioni spaziali e la sostenibilità a lungo termine dell’accesso allo spazio.

Space Junk: le sfide per rimuovere i rifiuti nello spazio

Secondo recenti stime di un report targato NASA, se si eliminano 100.000 pezzi di detriti di piccole dimensioni si potrebbero evitare danni per 23 milioni di dollari e liberare spazio attorno all’orbita in meno di dieci anni. Per affrontare questo problema, nel 2019 l’Agenzia Spaziale Europea ha commissionato la prima missione al mondo di rimozione dei detriti grazie al progetto ClearSpace-1. 

Un problema principale è il fatto che i detriti spaziali sono dispersi in orbite diverse e distribuiti in modo irregolare. Ciò rende difficile raggiungerli e rimuoverli in modo sicuro senza causare ulteriori danni o creare nuovi detriti. Un’altra sfida è sviluppare tecnologie per catturare i detriti spaziali in modo efficace ed efficiente. I detriti possono variare in dimensioni e forme. Sono stati proposti diversi metodi, tra cui sistema a bordo della Iss Nanoracks che “spara” i sacchi della spazzatura nello spazio in modo che possano bruciare nell’atmosfera terrestre. Altre tecniche riguardano l’uso di bracci robotici o reti per intrappolare i detriti, ma sono ancora necessarie ulteriori ricerche e sviluppi per migliorare l’efficienza di queste tecnologie. Sebbene siano stati proposti vari metodi per ripulire lo spazio, la loro implementazione presenta sfide irrisolte.

Conclusione

Nel silenzio dello spazio, dipinto come l’ultima frontiera dell’ignoto, già il buon senso comune faceva già sembrare logico il fatto che non possiamo semplicemente spedire i nostri malanni terrestri come pacchetti express verso l’infinito. I oltre 50 anni dell’uomo che ha superato le “nuove colonne d’Ercole” si fanno già sentire. Ad ogni modo, il metodo più efficace per sbarazzarsi della nostra spazzatura sarebbe eliminarne del tutto la produzione. I moderni modelli di business e la necessità di beni economici propongono la probabilità che ciò accada soltanto quando le cose diventeranno irreversibili. Proviamo invece a renderci i protagonisti di un degno lascito ereditario ai futuri esploratori spaziali, dimostrando che il cielo, la Terra e lo spazio sono un’unica, preziosa casa.

 

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