Giovan Battista Marino: il padre della poesia barocca

di Costanza Maugeri
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 7 Min.

Qualche mese fa, abbiamo parlato – insieme – dei caratteri generali del Barocco, corrente multidisciplinare che si può inquadrare nel 1600. Oggi, avviciniamo la lente d’ingrandimento, focalizzandoci su uno – se non il più celebre – autore della poesia barocca italiana. Sto parlando di Giovan Battista Marino.

La Biografia di Giovan Battista Marino

Nel 1569, a Napoli, viene al mondo – in una famiglia borghese –  Giovan Battista Marino. Fin da giovanissimo, entra in contatto  con i circoli letterari dei nobili. Non perde occasione – anzi la sfrutta a pieno –  per farsi notare. Carisma, amore per le arti ed ingegno poetico: queste sono le basi che lo renderanno il celeberrimo poeta barocco italiano.  Nell’ambiente di corte – per non dire di corti : Roma, Parigi, Napoli, Milano, Torino, Vienna, – non di rado –   è coinvolto in episodi oscuri. Finisce in carcere – per ben due volte – e ne esce grazie ai favori di potenti signori.

Nel 1602 pubblica a Venezia, il centro topografico più importante d’Italia – le Rime. Sei anni dopo, durante un viaggio a Torino – a seguito del cardinale romano Pietro Aldombrini – viene attratto dalla figura di Carlo Emanuele I e per lui compone un poemetto in sestine: Il Ritratto del Serenissimo don Carlo Emanuele duca di Savoia.

Tra il 1610 e il 1615 risiede a Torino. I suoi rapporti con la corte andranno a peggiorare. E nel 1615 passa alla corte di Francia. Qui grazie allo stipendio da cortigiano vive di sfarzi e lusso e può serenamente provvedere al costo di stampa delle sue opere. Pochi anni prima aveva pubblicato La Lira, raccolta di liriche divisa in tre sezioni, ulteriormente suddivise in generi.

Nel 1620  pubblica La Sampogna, raccolta di componimenti mitologici e pastorali, mentre – un anno prima – aveva pubblicato La Galeria, raccolta di poesie che descrivono opere e oggetti d’arte. Lo stesso titolo ci suggerisce la commistione tra poesia e arti figurative.

Nel 1623 viene alla luce il suo capolavoro: il poema L’Adone. Per ironia della sorte – non troppa – questo sarà l’ultima sua opera data alle stampe. I problemi di salute e i conflitti interni alla corte francese, lo spingono a tornare nella citta natale. Spirerà – a Napoli – il 25 Marzo 1625.

L’Adone: il poema anti narrativo

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E se vi dicessi che con i suoi 5800 versi, con i suoi 20 canti in ottave, l’Adone è un emblema – immenso – di poema anti narrativo? Ebbene, si. E ora comprendiamo insieme il perchè. Ma per farlo, dobbiamo prima conoscere la sua trama – molto scarna.

Venere si innamora di Adone ( figura maschile greca) perché – dopo un litigio – Cupido, suo figlio, si vendica e le lancia una sorta di maledizione. Marte, il marito della Dea, si infuria e costringe il giovane a fuggire. Che – alla fine – verrà ucciso dal morso di un cinghiale.

Una trama c’è, si, ma non giustifica – sicuramente – l’immensità dell’opera. Quando – infatti – lo descriviamo come un poema anti narrativo, non neghiamo la presenza di una trama, ma ci riferiamo ad una dinamica di sviluppo peculiare. L’opera non cresce e non poggia su un intreccio narrativo, ma su una tecnica ben precisa: l’amplificatio. Che si basa, appunto, sull’accrescimento dell’opera attraverso la sovrapposizione di analogie. Marino – infatti – non vuole far leggere un’opera di contenuto. Ma desidera mettere in mostra la sua maestria nella scrittura. Un piacere sensuale, erotico nella creazione di motivi mistici, nella descrizione di oggetti preziosi, abiti e acconciature. Non mancano nemmeno digressioni scientifiche e di tipo cosmologico. La parola si dilata, si gonfia d’aria, satura lo spazio, ma non riempie il lettore.

Spesso – infatti – l’opera barocca è portatrice di un piacere effimero. Ad una prima lettura, ci si “scervella” per trovare la chiave di comprensione. E poi? Nulla, si va avanti. Perché rimane solo un vuoto di contenuto che ha il bisogno di essere colmato.

Molti critici concordano nel sostenere che L’Adone sia una delle opere più complesse da leggere e comprendere di tutto il panorama italiano.

Indiscusso – però – è il successo che riscuote tra i contemporanei, incontra lo spirito del tempo. E si innalza a modello di poesia barocca. Tanto che indichiamo come Marinismo, la corrente barocca che ricerca costantemente la meraviglia e fa un uso spropositato di metafore. E deve a lui il suo nome.

“Porta intorno madonna”: un esperimento tutto barocco

Porta intorno madonna
lacci a lacci aggiungendo ed oro ad oro,
d’aurea prigion l’aurea sua chioma avolta.
Alma libera e sciolta
fra quel doppio tesoro
ove n’andrai, che non sii presa alfine,
s’ella ha rete nel crine e rete è il crine?

Madonna porta in giro la sua chioma bionda avvolta in una prigione d’oro,

aggiungendo lacci a lacci (trappole) ed oro ad oro.

 O Anima libera e sciolta, se lei ha una rete dorata nei capelli, ed essi stessi sono un prigione dorata, dove te ne andrai tu tra quel doppio tesoro (oro) senza esserne alla fine catturata?

La Lira, Giovan Battista Marino

Siamo di fronte a un madrigale, opera monostrofica formata da settenari e endecasillabi.

Cosa ci vuole comunicare Marino in questo madrigale? Come abbiamo detto, la poesia barocca è una sfida che il poeta lancia al lettore. Ci chiede: riuscite a trovare la chiave di lettura? Certo che la troviamo! L’immagine di base è semplicissima. Una donna dai capelli biondi raccolti in una rete d’oro. I capelli di per sè sono una trappola metaforica per l’anima – ancora libera – del poeta. Il gioco si apre quando nella scena appare la seconda rete, reale – d’oro come i capelli e che li avvolge. E quindi la donna ha due reti nei capelli: una che coincide con essi stessi e l’altra che – concreta – crea l’acconciatura. Il gioco linguistico intorno all’oro vi ricorda qualcosa?

L’aura soave al sole spiega et vibra
l’auro ch’Amor di sua man fila et tesse
là da’ belli occhi, et de le chiome stesse
lega ’l cor lasso, e i lievi spirti cribra.

Estratto del sonetto 198 del Canzoniere, Petrarca

Si, proprio lui! Francesco Petrarca.

E quindi?- direte. E’ tutto qui, ogni elemento converge – e si esaurisce – nella scoperta della chiave di letteratura che sta che sta alla base del componimento.


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