“Middlesex” di Eugenides: nelle radici familiari, la ricerca di sé

di Costanza Maugeri
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 6 Min.

Sono nato due volte: bambina la prima, un giorno di gennaio del 1960, in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell’Agosto 1974, al pronto soccorso di Petosky nel Michigan

“Middlesex” di Jeffrey Eugenides

Le prime due righe di “Middlesex“, pubblicato nel 2002 dallo scrittore Jeffrey Eugenides e vincitore del premio Pulitzer per la narrativa nel 2003, sono occupate da queste parole. Callie, successivamente, Cal è un uomo di circa 40 anni che ci racconta la sua storia e quella della famiglia Stephanides a distanza di anni. In lui si manifesta un gene misterioso che si nasconde latente nelle due generazioni precedenti alla sua per poi approdare nel suo corpo. Quest’ultimo è centrale in ogni pagina del romanzo che diventa carne, sangue, radice sotto le dita del lettore.

“Middlesex” di Jeffrey Eugenides: la trama

Tutto ha inizio negli anni ’20 del Novecento. Lefty e Desdemona, i due fratelli Eleutherios, si scoprono innamorati tra un baco da seta e l’altro. Nel 1922, dopo l’incendio della città portuale -oggi turca- di Smirne, che si inserisce nel contesto del conflitto greco-turco, scappano in Nord America, a Detroit.

-Moriremo Lefty

-No che non moriremo. Non ci crede nemmeno lui. Rimane a guardare le fiamme, certo che non ce la faranno. Ed è questa certezza che lo ispira a dire una cosa che non avrebbe mai detto, e nemmeno mi pensato, se la situazione fosse stata diversa: Ce ne andiamo di qui e dopo ci sposiamo

Ed è cosi che Lefty e Desdemona, i nonni di Cal, si pongono come radice della sua storia.

La Grande Depressione, che si verifica dopo il crollo della Borsa di New York del ’29, coincide con una forte crisi di coppia. Nonostante ciò i due avranno un figlio, Milton. Quest’ultimo si sposerà con Tessie, inizialmente promessa sposa a Mike, padre Mike. Ella è figlia della cugina di Desdemona e Lefty, Sourmelina. Ancora una volta, quindi, ogni vicenda rimane incastrata nella famiglia.

Tessie permise a Milton di riempirle il corpo di musica.

Milton, infatti, sul corpo di Tessie suona il suo clarinetto. Momenti intimi, celatamente (ma non troppo) erotici, che avvicinano sempre più la nascita di Callie (Cal). I due si trasferiscono a Middlesex.

Marito e moglie hanno due figli: Chapter Eleven e Callie. Ed è a partire da questo momento che il gene latente inizia a scorrere nelle vene della famiglia, pronto per manifestarsi. Il protagonista cresce, socialmente, come una bambina.

Cal, la scoperta di se stesso

"Middlesex" di Eugenides

Ma alle porte dell’adolescenza nella narrazione si insinuano degli elementi: il mancato sviluppo del seno, la voce profonda da tenore. E le mestruazioni? Non arrivano. Nonostante ciò l’adolescenza di Callie si muove, naturalmente, nella scoperta di se stessa. Ha le prime esperienze sessuali con entrambi i sessi e si innamora perdutamente di una sua compagna di classe e migliore amica. Amore vissuto quasi come un senso di colpa.

Dopo un incidente, trasferita in un pronto soccorso del Michigan, Callie scopre di essere uno pseudoermofrodito. I suoi genitori la portano a New York nella clinica del Dottor Luce, uno specialista. Egli con la sua aria rilassata lo tratta come un oggetto di studio. Mesi e mesi di visite durante i quali il suo corpo, in particolare i genitali, è analizzato nei minimi dettagli.

Una mattina, però, prima dell’intervento di riassegnazione del genere, Callie scappa. Intraprende un viaggio, che ancor prima di essere fisico, è interiore. Si fa tagliare i capelli, la lunga tenda che le copriva il viso, e inizia a riconoscersi in un ragazzo. Comprende il significato della mercificazione sessuale, lavorando in un locale notturno a San Francisco ed esibendosi come Ermafrodito

Nonostante ciò, nonostante e grazie a esperienze più o meno traumatiche, Cal intraprende un percorso che lo porterà ad autodeterminarsi. Significativo, in tal senso, un dialogo con la mamma Tessie:

“Perché sei scappato di casa, tesoro?” “Dovevo farlo.” “Non credi che sarebbe stato più semplice restare com’eri?” Alzai la testa e la guardai negli occhi: “Io sono sempre stato così.”

“Middlesex”: un romanzo corporeo

Lo spazio che occupa il corpo fisico in “Middlesex” di Eugenides è fondamento della narrazione. Tutte le figure hanno un rapporto con esso che permette alle pagine di scorrere fluide sotto i pollici di chi legge. Per tutte le generazioni della famiglia Stephanides è lo strumento primo ed ultimo per conoscersi e riconoscersi.

Un romanzo, all’apparenza prolisso, che si rivela essenziale nelle sue 600 pagine in traduzione italiana. Un gioco di forze: emigrazione e ricordo, radici familiari e autodeterminazione personale. Tutto concorre a creare un romanzo di vita in cui la naturalezza con il quale il protagonista si racconta previene l’insorgere di pregiudizi che alcuni elementi narrativi ancora oggi, purtroppo, potrebbero creare.

Meraviglioso il modo di poggiare le parole sulle pagine, misurate, essenziali, necessarie. Ho la sensazione che ogni parola che leggo doveva stare lì, senza alcuna alternativa.

Cosi descrivevo il romanzo agli amici e alle amiche un mese fa, dopo aver letto una cinquantina di pagine. Il mio giudizio non è cambiato

L’intreccio linguistico e contenutistico, infatti, sembra non poter essere differente da quello che è. Ogni componente si rivela necessaria per il progetto narrativo.

Un’opera terrosa che dallo spazio che si forma nell’ accavallarsi delle radici storiche e familiari crea lo slancio d’ossigeno giusto che permette a Cal di rinascere se stesso.


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