SaturDie Ep.27 – Il parricidio di Novi Ligure

di Gaia Vetrano
20 Min.

Di Novi Ligure non si parla spesso.

A tutti noi, almeno una volta nella vita, qualcuno ha domandato se ci sentissimo realmente realizzati. All’apparenza è un quesito banale. Essere felici vuol dire avere una bella casa, un lavoro prestigioso e una famiglia unita. Tutti cercano di raggiungere questo obiettivo, per dire di aver coronato i propri sogni. Una vita perfetta da sitcom americana.

Che tra i membri della stessa famiglia non vi sia altro che amore e affetto. Non astio e invidia. O addirittura odio.

Dal domani, a sedici anni, ci aspettiamo solo la serenità. Per un’intera generazione, tra gli anni Novanta e i Duemila, il futuro è ricco di romanticismo e gioia di vivere. Tra un cocktail annacquato, la parafrasi di Leopardi, e le liti generazionali con i propri genitori. In messo secondo, tutto può cambiare, perfino in una cittadina di 27mila anime, come Novi Ligure.

Eppure, oggi vi racconteremo di un uomo che aveva tutto questo, ma che in un attimo se lo è visto portare via.

Francesco De Nardo è un giovane del sud che, come tanti, agli inizi degli anni 2000, migra verso il nord per trovare fortuna. Non tutti ci riescono, ma lui trova un posto nella Pernigotti e riesce a diventare direttore dello stabilimento di Novi Ligure in non meno di un anno.

Ha una moglie di cui è innamorato, Susanna, una confortevole villetta immersa nel verde in via Via don Beniamino Dacatra 12, e due figli, Erika e Gianluca. Purtroppo, come tutti gli scenari da fiaba, questi possono infrangersi in poco tempo.

A febbraio, ad Alessandria, non c’è sicuramente caldo. Al contrario, probabilmente molto freddo. Novi Ligure è la tipica cittadina piemontese che è riuscita a costruire la sua ricchezza su una solida base industriale.

Tra tutti gli anziani che abitano in quella cittadina, chi può realmente capire cosa vuol dire avere sedici anni in un luogo dove nulla è alla tua portata. Non è usuale vedere una ragazza camminare nel cuore della notte, per la strada. Ma chi li capisce i giovani di oggi.

Eppure, c’è realmente qualche cosa che non va, se la giovane, mentre cammina attraverso i caseggiati, ansima come se avesse corso una maratona. Sono ancora le 21, è presto. Ma già, dietro le porte chiuse, molte famiglie hanno finito di cenare.

Il comune di Novi Ligure

Quando qualcuno si affaccia dalla finestra, non può non vederla. Si trascina sull’asfalto, come se stesse cercando qualcosa che ha perso. È affranta. Indossa una tuta da ginnastica, ma non sembra pronta per fare sport, o andare a correre. È a piedi scalzi, e si guarda intorno come se non avesse una meta precisa.

Non sta camminando, sta vagando.

Sono le 21. Chi ha deciso di lasciar perdere, perché non ha reputato la cosa anormale, è già seduto davanti al televisore. Pronto per qualche programma demenziale in televisione. Così la città sopita si stiracchia sul divano. Ma quella sera Novi Ligure non andrà a dormire.

È allora che, quella giovane, comincia a gridare. Chiama aiuto, mentre i cani abbaiano attorno a lei. Nessuno può ora tralasciare quella povera ragazza che vaga per la città. Così, le tende si scostano, le porte si aprono, e la luce investe la sua figura. E illumina anche la scia di sangue che si porta dietro.

Gli abiti sembrano fradici, ma non di acqua. Di sangue.

Orme che, sull’asfalto, riflettono la luce dei lampioni e il loro bagliore.

Quando arrivano i primi soccorsi mormora dei nomi. Parla di suo fratello e di sua madre. Quando le chiedono dove abita, risponde Via don Beniamino Dacatra 12.

Oggi, quella stessa strada si chiama Via caduti di Nasseria. Forse, per eliminare il ricordo di questa strage. Ma nulla potrà cancellare quella sera dalla mente di Francesco De Nardo, compreso il corpo di sua moglie e suo figlio, distesi per terra. Intrisi del loro stesso sangue.

Articolo sul delitto di Novi Ligure

Un incubo senza fine

I fotogrammi di quella sera nessuno avrebbe mai pensato di viverli.

In una villetta color salmone, è appena passato un mostro. Che ha distrutto una famiglia, uccidendo una madre e suo figlio. I loro corpi, martoriati, provocano alla vista un brivido. Per gli inquirenti, è un omicidio di una violenza mai visto prima.

La mamma, Susanna Cassini, giace a terra in cucina. Il suo corpo è stato dilaniato da un coltello, buttato lì vicino. Il suo sangue è dappertutto: sul pavimento, sui mobili, sui muri e proseguendo sulle scale. Al secondo piano l’orrore continua. Il piccolo Gianluca De Nardo si trova dentro la vasca da bagno. Ha un taglio sulla spalla e, probabilmente, è morto affogato. Sul corpo presenta degli strani segni, come se fosse stato morso da un insetto.

Le mattonelle del bagno sono cosparse dei capelli del bambino, insanguinati.

Un delitto feroce che nessuno riesce a spiegarsi.

Gianluca ha solamente undici anni. È un bambino mite, tranquillo. Andava a scuola, giocava a basket. Sua madre, Susanna, è una donna dedita al volontariato. Una casalinga, cattolica praticante, ex ragioniera. Davanti a una madre e al suo bambino massacrati in quel modo, si pensa subito a una rapina finita male.

Susanna e Gianluca, vittime del delitto di Novi Ligure
Susanna e Gianluca

La loro è una famiglia benestante, grazie in particolare ai sacrifici di Francesco, marito di Susanna e padre di Gianluca. Quella sera è a giocare a calcetto. Quando torna a casa, ciò che trova è un mostro fin troppo grande, anche per lui.

Infine, in famiglia c’è Erika De Nardo, che per miracolo è ancora viva. Si trovava pure lei in casa quando è avvenuta la strage. Il suo racconto è un film dell’orrore. Sono le 20.30 del 21 febbraio. Era nella sua stanza, con le cuffiette, ma il volume non era troppo alto da non permetterle di sentire il ritorno a casa di sua mamma e suo fratello.

Poco dopo delle urla, e dei tonfi. La ragazza, spaventata, apre la porta della sua camera e vede una scena raccapricciante: un uomo sta accoltellando suo fratello, mentre la madre lo insegue nel tentativo di fermarlo. Erika non ha tempo e, come le urla la madre, scappa. Arriva in salotto, dove trova un altro uomo. Contro di questo lancerà una bottiglia di whiskey, poi uscirà dal seminterrato.

Dei due aggressori dirà che avevano due età differenti, e che sono due albanesi. Addirittura, identifica uno dei due. A Novi Ligure comincia la caccia all’uomo.

I dubbi su Erika

Il massacro di Novi Ligure non è più della sola città, ma è un dramma dell’intero paese. In meno di ventiquattro ore è uno dei più efferati delitti della storia del nostro paese. Ci voleva poco per capire che fosse colpa di uno straniero? Questo si chiedono in molti, altri non si limitano ai semplici insulti.

Ma il giovane albanese riconosciuto da Erika è davvero colpevole? La sua posizione non è facile: in camera nasconde dei vestiti che corrispondono alla descrizione degli indumenti indossati al killer. Quando si ferma in caserma racconta però di avere un alibi.

Gli inquirenti richiamano quindi Erika, le mostrano altre foto di pregiudicati italiani, ma la giovane è confusa. Così, si battono nuove piste, mentre sul posto si reca anche il RIS di Parma. Per il colonnello Garofano, però, c’è qualcosa che non va.

Perché nessuno ha sentito le urla di Susy o Gianluca? Come hanno fatto i due rapinatori a entrare se la porta non è scassinata? Perché il cane non ha abbaiato? Infine, a quell’orario, nessuno avrebbe programmato una rapina, perché a quell’ora tutti sono a casa, ci sarebbero stati troppi testimoni.

Novi Ligure

Inoltre, per quale motivo uccidere un bambino di undici anni, dopo aver ucciso la madre, che poteva costituire la reale minaccia? Si parla di overcrimine, un omicidio compiuto con efferata violenza, troppo per un ladro in fuga. Non avrebbe avuto il tempo. Inoltre, dalla casa non è stato rubato nulla. Gli inquirenti cominciano a nutrire dei seri dubbi riguardo la storia di Erika.

Quest’ultima è al contrario molto fredda, addirittura la chiamano “il ghiaccio”. Può essere così distaccata una persona che ha assistito all’omicidio di sua madre e suo fratello? Forse lo shock l’ha mandata fuori di testa. O forse, Erika De Nardo sta nascondendo qualcosa.

Lei è una studentessa come tante del liceo scientifico. È la classica intelligente che non si applica, determinata e consapevole del suo fascino e della sua forza. Sul suo conto girano però brutte chiacchiere. Qualcuno la accusa di far uso di cocaina e di non aver alcuna forma di pudore.

Da qualche tempo è fidanzata con Omar Favaro, il cui reale nome sarebbe Mauro, il figlio del barista della città. Un minorenne con una cattiva reputazione, un ribelle. Su di lui si diceva fosse un bullo, decisamente ambiguo. I pomeriggi li passano assieme, di certo non a fare i compiti. Il ragazzo non piace ai genitori di Erika, chiaramente, che non approvano quella relazione morbosa.

Non certo un bel ritratto, ma nulla che possa provare un legame tra il massacro ed Erika.

Le confessioni del delitto di Novi Ligure

36 ore dopo il delitto, i giornalisti invadono le strade di Novi Ligure. Fino a quando Erika, e il suo fidanzato Omar, vengono riportati sulla scena del delitto. I due sono impassibili mentre gli inquirenti fanno notare alla ragazza tutte le incongruenze della sua testimonianza. Erika si scusa, ma non aggiunge altro.  

Novi Ligure
Erika e Omar

La svolta sarà alle 13.30. Dopo il sopralluogo, infatti, Erika e Omar sono stati chiusi in uno stanzino in caserma. I due si abbracciano, ma il giovane è nervoso perché non capisce per quale motivo siano stati fermati, visto che la polizia gli aveva detto che per oggi avevano finito.

I due ragazzi, però, non sanno che non sono soli. C’è una telecamera che sta registrando ogni singolo dettaglio della loro chiacchierata.

Erika gli ripete di stare tranquillo, di non dire più una parola. Cosa vuole nascondere? Di cosa ha parole Omar?

Fino a quando la pura verità non esce dalle loro bocce. Omar, convinto che nessuno lo stia ascoltando, confessa di aver colpito lui stesso Gianluca. di averlo accoltellato mentre si toglieva l’accappatoio. Di averlo colpito e poi buttato nella vasca, e di essersi poi lavato le mani per disfarsi del suo sangue.

Erika è impassibile. Poi risponde, raccontando delle suppliche della madre, che continuava a pregarli di fermarsi perché voleva vivere. Mentre racconta di aver accoltellato sua madre è glaciale.

Mentre raccontano di quella notte infernale, i due sono sereni, tranquilli. Si scambiano gesti d’amore, carezze. Sembrano essersi dimenticati di trovarsi in una caserma, perfino quando cominciano a darsi dell’assassino a vicenda.

A quel punto gli inquirenti posano le cuffie. Il delitto di Novi Ligure ha i suoi assassini.

La verità fino al processo

Novi Ligure è una città distrutta da questa violenza. La gente è incredula, stenta a chiederci. Con la stessa velocità con cui si erano stretti ad Erika, i suoi concittadini si allontanano da lei.

Nel momento in cui la coppia viene arrestata con l’accusa di duplice omicidio, l’uno comincia ad accusare l’altro di aver commesso il delitto. Erika sostiene che Omar ha fatto tutto solo. Che quella sera aveva deciso di voler eliminare la famiglia di lei per continuare la loro relazioni senza intralci. Lei avrebbe solamente mentito per proteggerlo. Per paura e per amore.

Omar dice l’esatto contrario. Erika avrebbe ucciso la sua famiglia perché con loro stava male. Voleva liberarsene e l’unico modo per farlo era quello. Lui l’avrebbe solo seguita, gli avrebbe fatto da spalla.

Solamente quando parlano con il perito psichiatrico, le versioni cambiano e sembrano essere più veritiere. Erika si prende finalmente una parte della responsabilità, affermando che sapeva che Omar li avrebbe uccisi. Racconta del rapporto con sua madre, sempre conflittuale. Di come la vedesse come un’amica ma allo stesso tempo come un modello di vita irraggiungibile. Una montagna troppo difficile da scalare.

Un modello di perfezione.

Quello che i due creano è un progetto mostruoso e infantile. Un’idea nel quale restano intrappolati di cui sono entrambi equamente responsabili. Ma perché tanta ferocia? I ragazzi parlano di libertà.

In attesa del processo, i due rimangono in carcere. Lei al Beccaria di Milano, lui al Ferrante di Torino. Alla cella di Erika arrivano molte lettere, tra cui quella di un suo secondo spasimante, un dj di Verona.

Periodicamente arriva anche Francesco De Nardo a fare visita a sua figlia. I due parlano come se niente fosse. Così fino al processo, il 28 novembre. Il rumore mediatico è assordante, arriva fin fuori il tribunale. I fidanzati sono distanti, e continuano il loro teatrino.

Erika ribadisce che ad aver ucciso sia stato Omar, mentre l’idea era di entrambi. Lui ripete il contrario. Alla fine sarà il RIS a ricostruire quella notte.

La notte delle 97 coltellate

Ecco com’è andata.

La signora De Nardo e il figlio Gianluca sarebbero rientrati a casa intorno alle 19.30 e immediatamente il bambino sarebbe salito sopra a giocare e poi a prepararsi un bagno.

Erika e Omar sono in quel momento appostati nel bagno adiacente la cucina. Appena il bambino sparisce, la ragazza sarebbe andata dalla madre. Avrebbe cominciato a parlare, arrivando a litigare per i brutti voti di lei. Susanna si sarebbe detta preoccupata dalle sue brutte frequentazioni.

A quel punto Omar sarebbe uscito fuori e, insieme a Erika, l’avrebbero aggredita, immobilizzandola.  I due, con indosso i guanti, le avrebbero sferrato le coltellate. Susanna avrebbe provato a scappare, aggrappandosi al tavolo, ma questo non fu sufficiente. Al contrario, sbatté la testa, perdendo ulteriori forze. In punto di morte, avrebbe supplicato i due di risparmiare Gianluca.

Quest’ultimo a quel punto sarebbe sceso, sentendo le grida. Dopo la madre, la sorella si avventa su di lui. Il bambino sarebbe fuggito nella camera di Erika ma, non avendo alcuna via di scampo, venne colpito ulteriormente a schiaffi. Erika, successivamente, proverà a calmarlo, dicendogli di volerlo pulire in bagno. Lì li raggiungerà Omar. Proveranno con l’annegamento ma, non soddisfatti, tentarono prima ad avvelenarlo con del veleno per topi. Infine presero anche lui a coltellate.

Nel frattempo i due fidanzati, per evitare di insospettire i vicini, alzarono la musica dallo stereo. Sulle manopole verranno trovate tracce di sangue.

Come Omar raccontò, Gianluca provò a liberarsi, prendendolo a morsi.

Sul corpo di Susanna verranno trovate 40 coltellate. Su quello di Gianluca 57.

La coppia avrebbe poi discusso su cosa fare riguardo il padre, se aspettarlo o meno in casa per uccidere anche lui.  Erika insistette, ma Omar era troppo stanco quindi lei avrebbe dovuto fare da sola. Insieme cercarono di pulire il sangue e le armi. Un coltello venne buttato tra i rifiuti, insieme i guanti, l’altro rimase in casa. Alle 20:50 Omar lasciò la casa dalla porta principale e se ne andò in motorino, venendo visto da un passante che, notandone i pantaloni insanguinati.

La difesa di Erika e Omar insiste sull’incapacità di intendere e di volere, ma il tribunale non ascolta questa versione. Erika sarebbe afflitta da un disturbo narcisistico della personalità, Omar avrebbe invece un disturbo dipendente della personalità. Lui sarebbe il braccio armato di lei.

I due sono condannati: 16 anni per lei, 14 per lui. Raggiunta la maggior età verranno trasferiti dal carcere minorile.

Omar è fuori dal 3 marso 2010. 22 anni dopo il delitto di Novi Ligure, venerdì 9 giugno 2023 tornerà nuovamente in carcere. Questa volta con le accuse di violenze sessuali e maltrattamenti sulla ex-moglie e sulla figlia.

“Ti sfregio la faccia con l’acido” e “Ti mando su una sedia a rotelle” sono solo alcune delle frasi con cui Favaro avrebbe minacciato la moglie.

Erika De Nardo, invece, nel 2009 si sarebbe laureata in Filosofia, con tesi su Socrate. Nell’ospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere avrebbe trovato l’amore: un musicista di una decina d’anni più grande di lei, che andava lì come volontario. I due vivrebbero ora assieme al lago di Garda.

«Erika ha una nuova vita – ha raccontato il sacerdote don Mazzi – Si è sposata, ha maturato la giusta consapevolezza sulla tragedia, quella che permette di continuare a vivere. Il padre è stato molto importante in questo percorso».

Papà Francesco De Nardo non ha mai abbandonato quella ragazza dal doppio volto: da un lato, l’assassina di sua moglie e del suo bambino; dall’altro, la sua unica figlia. Ciò che gli rimane della sua vita da favola a Novi Ligure.

Scritto da Gaia Vetrano


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