L’obesità come malattia (anche) sociale: La Giornata Mondiale

di Alessia Giurintano
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 3 Min.

Il 4 Marzo è stata la Giornata Mondiale dell’Obesità, (World Obesity day) istituita nel 2015 dalla Federazione Internazionale per l’Obesità (IFO).

Perché dedicare una giornata a questa “malattia sociale”?


Nonostante il riconoscimento storico, l’obesità resta ancora oggi tra le patologie più sottostimate e stigmatizzate presenti nel mondo.

L’opinione pubblica manca di consapevolezza e di conoscenza dei possibili e gravi effetti di salute, nonché della necessaria prevenzione.
È invece insito il giudizio, la discriminazione e l’uso di un improprio linguaggio stereotipato.

A livello mondiale le persone che convivono con l’obesità sono circa un miliardo; si stima che nel 2035 saranno quasi 2 miliardi, ossia quasi un individuo su quattro.

In Italia, secondo i dati dell’Italian Barometer Obesity Report, sono 6 milioni le persone obese, circa il 12% della popolazione adulta.


Più di 25 milioni di italiani (il 46% della popolazione) sono in eccesso di peso, di questi il 26,3% bambini e adolescenti (ovvero 2,2 milioni tra 3 e i 17 anni) con punte del 31,9% al Sud.


Si tratta dunque della più grave “epidemia non infettiva” del terzo millennio, le cui proporzioni hanno portato nel 2000 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a coniare il termine “Globesity”.

Per definizione medica, l’obesità si descrive come una “malattia cronica progressiva e recidivante, caratterizzata da un accumulo patologico di grasso corporeo”.


L’OMS attribuisce alcune variabili responsabili dell’obesità, tra le quali: l’elevata assunzione di alimenti calorici e l’inattività fisica; tuttavia le cause possono essere riconducibili anche ad uno stigma sociale sempre più presente.

Come promuovere il cambiamento?

È necessario riconoscere e definire l’obesità come “malattia”, poiché può contribuire a ridurre la disapprovazione sociale e gli episodi di discriminazione verso chi ne è affetto.


Questo processo di consapevolezza è un mezzo per contrastare lo “stigma interiorizzato”, che può presentarsi in due modi:
1. Autosvalutazione, cioè il comportamento per cui si attribuisce a se stessi l’insieme di caratteristiche negative innescate dallo stigma sociale
2. Paura di imbattersi nello stigma, che può provocare serie difficoltà relazionali e sociali.

L’interiorizzazione dello stigma, oltre ai danni psicologici che provoca in chi lo subisce, può influenzare negativamente l’efficacia delle terapie comportamentali per la perdita di peso.


Si rendono pertanto necessari interventi di sensibilizzazione per ridurre lo stigma sociale, e servizi di supporto psicologico per elaborare e superare la paura del giudizio e la sua interiorizzazione.

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