Gogna mediatica, la condanna virtuale che anticipa il processo

di Alessia Giurintano
6 Min.

Nella società contemporanea, sempre più inserita nel mondo digitale, il fenomeno della gogna mediatica si diffonde velocemente, a macchia di… social.

Con questo termine si intende il pubblico giudizio, spesso piuttosto feroce, rispetto ad una decisione o azione che un individuo sceglie di prendere nella propria vita, e che diventa di pubblico dominio. Di fatto, una condanna che precede un (eventuale) processo.

Gogna mediatica e cyberbullismo: commenti intangibili che diventano pugnali

L’obiettivo dell’ondata di odio, è la distruzione. Nell’attuale epoca digitale, la possibilità di poter visualizzare contenuti, e soprattutto la possibilità di interazione con questi e fra utenti stessi, si traduce spesso con la libertà di espressione in negativo.

Offese, violenza verbale, terminologia aggressiva e denigratoria. Questi sono gli elementi che caratterizzano il fenomeno.

Altro aspetto di cui si è poco consapevoli (almeno concretamente), è la rapidità di diffusione e l’effetto a catena che questi commenti generano.

gogna mediatica

La libertà d’espressione è un’arma a doppio taglio?

Cosa porta un utente, tenendo presente il mondo social, a comportarsi come un, per così dire, leone da tastiera?

Da dove nasce il bisogno di riversare sull’altro un certo tipo di comunicazione offensiva e spesso aggressiva?

La spiegazione è offerta dalla storia e dalla sociologia.

Nel mondo in cui si è immersi attualmente, al cui centro vi è un singolo che si fa massa, il cosiddetto individuo liquido, si sta diffondendo una disinibizione, che si concentra nel mondo digitale (e della comunicazione in generale).

L’utente, protetto dallo schermo, perde il contatto con il reale, lo altera, e si illude di poter scrivere liberamente ignorando le conseguenze, e dimenticando la propria identità e quella dell’altro, per cui si subordina l’elemento umano.

In questo caso, infatti, si parla di deumanizzazione. La persona a cui ci si rivolge, smette di essere individuo e diviene unicamente bersaglio. Tutto questo aggravato da una collettività che conferma e legittima la gogna.

Il risultato finale è la totale perdita di controllo, aggiunta alla perdita di contatto con la realtà. Il principio primo è: quello che accade sui social, rimane sui social.

Tutto termina nel momento in cui si spegne il telefono. E invece no!

gogna mediatica

La gogna mediatica è un pericolo per la dignità delle persone (soprattutto se colpevoli)

«Fermate il processo mediatico o si uccide la dignità delle persone» queste sono le parole di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, in una intervista del 2015.

La rete impedisce a chi sbaglia, (ammesso che la colpa ci sia), di mettere il punto alla propria pena, anche dopo la fine del processo.

«Nel nostro sistema giuridico anche chi è condannato deve veder riconosciuta la propria dignità. Basterebbe recuperare questo principio. Che nella nostra Costituzione è centrale. Una comunità che rinuncia a questo presidio di civiltà ha qualche problema», dichiara Soro riguardo il peso della rete.

I media e il consenso: il giudizio popolare è un rischio anche per la magistratura

«In un ordinamento in cui esistono anche i giudici popolari c´è il rischio che questi non formino la loro convinzione in base alla lettura degli atti ma in base al processo mediatico, che ha deciso la condanna molto tempo prima, e non nella sede dovuta», segnala il Presidente Soro.

Sono in bilico dunque anche il principio di terzietà della giustizia e i diritti fondamentali della persona.

Cosa si può fare per contrastare il fenomeno?

Su internet è vietato sbagliare ed è inutile pentirsi. La Magistratura però offre alle vittime il diritto all’oblio, e la protezione della propria privacy.

Sempre Antonello Soro però, a battersi per una rinnovamento più astratto, sul piano culturale.

È fondamentale educare i ragazzi all’empatia, e soprattutto al peso concreto delle conseguenze. È necessario inoltre, introdurre i concetti di identità digitale e autodeterminazione informatica.

Di Alessia Giurintano

Fonti: Tutela Digitale, GPDP, La Nuova Bussola Quotidiana, Camere Penali


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