80 anni fa l’Italia firmava l’armistizio

di Mirko Aufiero
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L’8 settembre 1943 veniva annunciato l’armistizio di Cassibile, con il quale l’Italia si arrendeva alle Nazioni Unite e rompeva l’alleanza con la Germania

Era l’8 settembre 1943 quando venne dato l’annuncio da parte del generale americano Eisenhower della firma dell’armistizio con l’Italia. Con esso l’Italia si arrendeva di fronte agli Alleati e rompeva l’alleanza con la Germania, la quale reagì occupando la parte centro-settentrionale del paese.

L’annuncio dell’armistizio lasciò senza direttive l’esercito italiano, il quale divenne facile preda delle forze tedesche, e diede inizio alla Resistenza dei partigiani, terminata soltanto nel maggio 1945 col ritiro delle truppe nazi-fasciste.

Le circostanze della resa

L'8 settembre 1943 veniva annunciato l'armistizio di Cassibile, con il quale l'Italia si arrendeva alle Nazioni Unite e rompeva l'alleanza con la Germania

Già nei primi mesi del 1943 l’andamento della guerra appariva sfavorevole per le potenze dell’Asse, e il malumore iniziava a diffondersi tra la popolazione. Le sconfitte subite in Nordafrica, nella campagna di Russia e la mancanza di generi di prima necessità non fecero altro che screditare la figura di Mussolini tra gli stessi vertici fascisti.

Iniziò così a farsi strada tra i vertici del partito e nella corte sabauda l’idea di sostituire Mussolini. Tra i sostenitori del cambio c’era Dino Grandi, uno dei gerarchi del Regime, il quale era convinto della necessità di deporre Mussolini per ottenere condizioni migliori dagli Alleati al momento della resa.

Il 10 luglio 1943 gli Alleati sbarcarono in Sicilia, provocando uno shock tra i fascisti. Fu chiaro a tutti in quel momento che la guerra era persa e il desiderio di uscire dal conflitto si fece sempre più pressante.

Grandi aveva già in precedenza iniziato a prendere contatti con la Real Casa e con lo stesso Pietro Badoglio, alla quale venne prospettata la carica di nuovo capo del governo. Il 24 luglio si tenne la riunione del Gran Consiglio del fascismo, nel quale Grandi presentò un ordine del giorno che chiedeva a Mussolini di cedere il comando delle forze armate al re.

Esso venne approvato dal Gran Consiglio, portando il giorno seguente all’arresto di Mussolini da parte del re e Badoglio ad assumere la carica di capo di governo.

La firma e l’annuncio dell’armistizio

L'8 settembre 1943 veniva annunciato l'armistizio di Cassibile, con il quale l'Italia si arrendeva alle Nazioni Unite e rompeva l'alleanza con la Germania

Badoglio era consapevole della necessità di uscire dalla guerra da parte dell’Italia. Inviò allora il generale Giuseppe Castellano a trattare la resa con gli Alleati. I negoziati terminarono il 3 settembre con la firma dell’armistizio a Cassabile da parte di Castellano e Walter Badell Smith, a nome di Badoglio e Eisenhower.

Per timore delle possibili ritorsioni tedesche, Badoglio cercò di prendere tempo prima di annunciarne pubblicamente la firma. L’armistizio venne reso pubblico soltanto 5 giorni dopo, l’8 settembre, con l’annuncio da parte di Eisenhower su Radio Algeri, seguita dal proclama italiano:

«Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.

La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».

Le conseguenze dell’armistizio

L'8 settembre 1943 veniva annunciato l'armistizio di Cassibile, con il quale l'Italia si arrendeva alle Nazioni Unite e rompeva l'alleanza con la Germania

L’ambiguità del proclama italiano lasciò le forze armate abbandonate a se stesse. Non veniva specificato come avrebbero dovuto comportarsi nei confronti dei tedeschi, alleati fino a pochi giorni prima, né come reagire in caso di un loro attacco.

La situazione favorì l’esercito nazista, il quale già da tempo aveva elaborato un piano da utilizzare in caso di resa italiana. La notte dell’8 settembre i tedeschi assunsero il controllo delle principali infrastrutture del Paese, cogliendo di sorpresa le forze armate italiane.

In pochi giorni oltre un milione di soldati italiani vennero disarmati e catturati. Di questi circa 196mila riuscirono a fuggire, mentre gli altri vennero posti di fronte alla scelta di combattere per il Reich o essere deportati. Si stima che oltre 100mila soldati abbiano scelto il Reich, mentre circa 700mila furono deportati come internati militari (IMI).

La fuga di Pescara

Contemporaneamente, il 9 settembre, il re, la regina, il principe ereditario, Badoglio e alcuni ministri e generali scapparono da Roma dirigendosi a Brindisi, raggiunta in nave dal porto di Pescara.

La fuga del re e del suo seguito lasciò le forze armate prive di una guida e apriva la parentesi dell’Italia divisa in due, tra la Repubblica sociale di Mussolini e il Regno del Sud. Si apriva inoltre il sanguinoso periodo della Resistenza, terminata soltanto 20 mesi dopo, nel maggio 1945.

Fonti: Agi, Focus, Rai Storia, Wired

di Mirko Aufiero


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