Se ti aggrediscono con l’acido cosa succede?

di Giorgia Lelii
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Vitriolage” è un altro modo per denominare l’aggressione con l’acido. Solitamente si tratta di un attacco premeditato alla vittima: l’aggressore utilizza un acido (che può essere solforico, nitrico o cloridrico). Il suo intento sarebbe quello di sfigurarla, torturarla, mutilarla… o anche peggio.

Spesso, la reazione chimica è così potente da bruciare e danneggiare in maniera irreversibile il tessuto cutaneo. Talvolta, se l’intervento medico non è immediato, la sostanza può anche arrivare a fondere la pelle ed esporre le ossa, anche sciogliendole. Altre conseguenze a lungo termine potrebbero essere la cecità, così come ampie cicatrici permanenti sul viso e sopra tutto il corpo.

Spesso un movente di passione è quello che spinge l’aggressore a compiere il gesto, intenzionato a sfigurare l’identità della vittima. Tuttavia, non è solo l’ex geloso che utilizza questa tecnica: soprattutto in Inghilterra, l’utilizzo dell’acido avviene anche in assalti e scontri tra gang. Anche se l’anno scorso è iniziato un gioco piuttosto macabro: per “scherzo“, nel 2018 i criminali aggredivano vittime casuali, gettando loro l’acido sul viso, per poi scappare via.

In caso si presti primo soccorso, è necessario rimuovere eventuali indumenti che potrebbero essersi imbevuti di sostanza corrosiva, e il lavaggio del tessuto cutaneo interessato da una fonte abbondante di acqua per eliminare ogni traccia della sostanza. In seguito, è importantissimo riversare quantità abbondanti d’acqua sulla zona colpita: almeno 15 minuti di irrigazione continua, ripetuti a breve distanza da una successiva.

Nonostante finora c’è solo l’elenco delle conseguenze fisiche dell’acido, non è da escludere che possano esserci anche problematiche a livello fisico o psicologico. Infatti, uno studio ha dimostrato che le vittime di attacco con acido riportano alti livelli di ansia e depressione rispetto alla norma di benessere psicofisico. Spesso, questo fattore è in netta relazione con preoccupazione e sofferenza, che causano uno stress psicologico altissimo.

Inoltre, spesso le vittime rimangono disabili per il resto della loro vita. Dipendono quasi sempre da altre persone, essendo magari incapaci di mangiare o andare a fare commissioni autonomamente. Queste dipendenze sono poi aumentate dal fatto che molti sopravvissuti non sono più in grado di trovare, nelle condizioni di handicap in cui versano, un impiego adeguato a garantirgli una fonte d’indipendenza ed autonomia economica. Ciò influisce negativamente causando disagi a catena sia a loro che a chi li assiste: il 25% delle donne sfigurate da acido in Uganda sono state in seguito anche abbandonate dai rispettivi mariti (in confronto al 3% di mogli che abbandonano i mariti eventualmente colpiti).

Fortunatamente, la giustizia ha posto il proprio intervento: qualche anno fa, anche l’Italia è riuscita ad elaborare una legge appositamente per questi accadimenti spregevoli. Il cosiddetto “omicidio d’identità“.

Scritto da Giorgia Lelii


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