SaturDie Ep. 35 – Che fine ha fatto Elisa Claps?

di Gaia Vetrano
28 Min.

Ludwig van Beethoven aveva quarant’anni e soffriva già di acufene quando compose la “Für Elise”.  O “Per Elisa”, se così preferite chiamarla.

Il Prometeo della musica classica, però, non volle mai pubblicarla. La composizione venne infatti diffusa in seguito alla sua morte dallo scopritore del pezzo, Ludwig Nohl, all’interno della raccolta Neue Briefe Beethovens.

Tra tutti i lumi del pianoforte, Ludwig è il primo artista a dare un’individualità alle sue opere musicali, e ciò ci consente di poter tratteggiare un’immagine di Beethoven tale da renderlo un mito sotto ogni sfaccettatura. Il musicista sordo, colui che tra mille avversità e sciagure riesce sempre a connettersi con il suo pianoforte, mentre fuori dalle mura della sua casa le epoche mutano.

Ricordiamo, infatti, che Beethoven visse a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento: davanti ai suoi occhi la struttura geopolitica europea mutò un paio di volte. Ludwig tendeva a isolarsi da ciò, rappresentando i suoi pensieri in crome e semicrome.

Ma non siamo certamente qui a parlare di Beethoven, o almeno, non del tutto. La sua “Per Elisa”, in realtà, non era dedicata a un’Elisa. Infatti, molti studiosi ritengono che il manoscritto originale portasse il nome di Therese Malfatti von Rohrenbach zu Dezza, la figlia di un commerciante viennese e allieva di Ludwig, al quale lui si propose venendo rifiutato. Probabilmente Nohl fece solamente un errore nella trascrizione.

Ad oggi, però, il manoscritto autografo è considerato disperso; quindi, non è possibile confermare questa teoria.

Ma non è sicuramente il nome a rendere questa melodia così nota. Sarà forse la malinconia che trasmette? Il mistero dietro alla dedica?

Ciò che è certo è che lo stesso Beethoven non avrebbe mai immaginato che questo suo pezzo sarebbe diventato uno dei più celebri della storia. Ansi, “Per Elisa” era considerata come una “sciocchezza”, o bagatella. È infatti questa la sua forma compositiva, che indica un brano di poco conto e di breve durata, a cui Ludwig non aveva mai dato molto peso.

A livello strettamente compositivo è un rondò, una forma ciclica che si ripete. Genio e sregolatezza si alternano dietro questo brano. L’esitazione delle prime due battute lascia già immaginare i retroscena di questo brano. Beethoven, stando a quanto ipotizzato, lo avrebbe composto in seguito a una lite con la sua Theresa. L’indecisione iniziale rappresenta il momento in cui i due si sono per la prima volta conosciuti, in veste di maestro e allieva.

Una conoscenza che comincia in punta di piedi ma che si fa sempre più profonda. I due stringono con naturalezza e il loro rapporto diventa più stretto con semplicità. In musica ciò viene espresso tramite una progressione armonica.

L’intensità del rapporto viene esemplificata dalla battitura stessa. Nel passaggio che chiude, infatti, il lato B del brano, vi è un alternarsi di crome tra lo spartito della mano destra e quello della sinistra. Quasi uno scambio tra le due partiture, che però trasmette affanno. Le due mani inseguono le rispettive note con ansia, rappresentando il momento di crisi che stanno affrontando. E ciò si intensifica cominciata la sezione C.

Poi, ecco che si ritorna alla melodia iniziale. Una relazione affannata, ma piena di passione. D’altro canto, cosa c’è di più bello se non farsi coinvolgere a pieno dall’ardore e dal coinvolgimento amoroso.

È un po’ quello che sogniamo tutti, e anche quello che, probabilmente, avrebbe desiderato la protagonista della storia che stiamo per raccontarvi.

Potenza, la città di Elisa Claps

Potenza non è mai stata una città frenetica.

Uno dei punti nevralgici della città è la chiesa della Santissima Trinità, in via Pretoria. Proprio per questo, nel 2010, il comune decide di dare inizio a dei lavori di restauro.

Nel sottotetto si lavora sodo. Il rumore del trapano fa da sottofondo ai pensieri degli operai, che tra loro si lamentano del caldo asfissiante nonostante sia solamente marzo. Sono tre, di origine rumena, e il loro lavoro lo conoscono molto bene.

Il sudore imperla le loro fronte, come una pioggia di lentiggini.

Tra una picconata e l’altra sognano di finire il lavoro il prima possibile, così da poter tornare a casa e lavarsi di dosso la polvere dei calcinacci e la stanchezza accumulata. D’altro canto è anche tarda mattinata: nell’aria già si sogna il pranzo. I più semplici si accontentano anche di un panino con il salame e una birra, nulla di impegnativo.

Gli stomaci borbottano, tra una picconata e l’altra. Fino a quando uno dei tre non si accorge di alcune tegole, sparse in uno degli angoli del sottotetto. Non ci vorrà tanto prima di scoprire a cosa servano quelle tegole, buttate alla ben e meglio.

Al di sotto, la fine di un mistero che aleggiava per le strade di Potenza dal 1993. Un enigma di cui tanti già sospettavano la risposta. Sopra cui l’alone della gelida Morte ancora si espande.

Sotto non ci sono calcinacci. Non sono certamente mattoni, e neanche frattaglia. È un corpo mummificato. In quel sottotetto in cui piano piano tutto stava prendendo ordine, nulla era al suo posto. A cominciare dalle ossa sotto quelle tegole.

Accanto una catenina, un orologio, un paio di sandali, degli occhiali e il pendaglio di un braccialetto. Capaci di resistere ai balsami del tempo, e persino della memoria comune. Come se all’interno di quel sottotetto il tempo si fosse fermato. Cristallizzato, condensato o addirittura mummificato.

Quel corpo, come quei calcinacci, può frantumarsi da un momento all’altro. È fragile, quasi quanto le reliquie di un santo. Ma quel pendaglio no. Quello è intriso di memoria, pregno del tempo. Un ciondolo a forma di “E”. La “E” di Elisa Claps. 

L’insistenza che fa virtù

Elisa passeggia spesso per la sua città, Potenza. Lo fa con la sua amica, Eliana de Cillis. D’altro canto, non che vi sia tanto da fare, se non le solite vasche per la via principale.

A sedici anni sei ancora alle tue prime esperienze. Le prime uscite senza i genitori, le prime cottarelle. Lo stesso vale per la giovane Claps che, come ogni domenica, mattina, sarebbe dovuta andare a messa con la sua amica Eliana.

Le strade di Potenza sono colme di gente, ed Elisa è colma di allegria e buon umore, come sempre.

Le due, però, quel giorno non sarebbero andate a messa. La Claps aveva quel giorno un appuntamento davanti alla chiesa, mentre invece Eliana si sarebbe vista con una sua amica, Angelica.

Le due si fermano in via Pretoria, in corrispondenza della chiesa della Santissima Trinità. A quel punto, si salutano. Un abbraccio che cela un arrivederci, perché le due si sarebbero dovute vedere appena terminata la messa nuovamente di fronte, ma che ha il sapore di un addio.

Elisa Claps e sua madre Filomena
Elisa e sua madre Filomena

A quel punto, Eliana si dirige verso i portici per prendere un caffè con Angelica, mentre Elisa al suo appuntamento.

Per Elisa, poi, solo il buio.

È la mattina del 12 settembre 1993. Elisa intorno alle 13 avrebbe raggiunto suo fratello Gildo a casa, il quale stava aspettando le due amiche, convinto che fossero a messa. Assieme sarebbero andati nella loro casa in campagna, dove già i suoi genitori la stavano aspettando, insieme a suo fratello Luciano, per pranzare assieme come tutte le domeniche.

Perché, terminata la messa, di lei non vi è più traccia.

Conclusa la funzione, infatti, Eliana si reca nuovamente di fronte alla Chiesa ma lì non riesce a trovare la sua amica da nessuna parte. In campagna tutto procedeva normalmente: Filomena cucina, Antonio si occupa dei campi, e Luciano sta sistemando il motorino. Alle 12:30 Gildo è ancora a casa, mentre aspetta la sorella.

Quando però Elisa non torna a casa, qualcosa comincia a insospettire il fratello. Soprattutto quando la stessa Eliana, non trovando la giovane, si reca proprio a casa Claps per chiedere dove sia finita. A quel punto, la preoccupazione aumenta, e l’amica torna così in via Pretoria a cercare la sedicenne scomparsa.

Come ci si può perdere nel piccolo centro di Potenza?

Il tempo passa e non arriva nessuno. Gildo decide così di scendere a cercare le due ragazze assieme al suo amico Cesare. Trovata Eliana, le chiede se abbia visto la sorella, e continua a chiederle come sia possibile che le due si siano perse all’interno della stessa chiesa. La giovane borbotta, ma alla fine racconta tutta la verità.

Nessuna delle due è stata veramente a messa. Elisa era uscita con Danilo Restivo.

Quel giorno si sarebbero dovuti vedere per poco tempo: lui le doveva consegnare un regalo che le aveva preparato per festeggiare la promozione. Quell’anno, infatti, Elisa era stata rimandata in greco. Fortunatamente era riuscita a superare l’esame di riparazione che le avrebbe consentito di passare al terzo anno di liceo classico.

Ma che fine ha fatto Elisa?

Elisa Claps

Angelica decide di chiamare Danilo. Lui conferma di aver visto la giovane, che però sarebbe uscita dalla chiesa dieci minuti dopo il loro incontro. Quando i tre gli chiedono cosa le avesse regalato, lui non risponde. Alle domande che gli vengono poste lui non risponde. Non è nemmeno capace di dire di cosa hanno parlato.

Restivo racconta solamente che Elisa era un po’ stressata, perché aveva visto qualcuno che l’aveva infastidita. Ma nessuno dei tre è soddisfatto da quella chiamata. A quel punto è Gildo a chiamare casa Restivo, dove risponde il padre di Danilo, Maurizio. Ancora una volta, Danilo non è capace di raccontare senza ambiguità cosa fosse successo tra i due.

Tornati anche il padre, la madre e Luciano, a quel punto è quest’ultimo che vuole parlare con Danilo. E per farlo lo raggiunge sotto casa. Davanti al portone i due discutono, ma Restivo balbetta. È sudato, nervoso e ansimante.

Danilo Restivo, colui che uccise Elisa Claps
Danilo Restivo nel 1993

I due fratelli Claps decidono quindi di recarsi direttamente nella chiesa, per vedere se trovano segni di colluttazione o anche soltanto una traccia della sorella. Ma il parroco non c’è, è partito per le terme il giorno dopo la messa; quindi, non ci sono le chiavi per salire nei piani superiori.

Sono le cinque del pomeriggio. Elisa è scomparsa da quattro ore. Così, i Claps ne denunciano la scomparsa alla Polizia. Eppure, per le Forze dell’Ordine non vi sono ancora indizi tali da preoccuparsi più di tanto riguardo la scomparsa di Elisa.

Un mistero che durerà diciassette lunghi anni. Un tempo infinito, che consentirà a tutta Italia di conoscere il viso di Elisa Claps. Mentre a Potenza si sospettava già su chi potesse essere la mano del colpevole. Perché mai nessuno aveva detto di “no” a Danilo Restivo.

Un moretto che dell’insistenza aveva fatto la sua più grande caratteristica. E da cui la sedicenne Claps non riusciva a scappare. Ma si sa, la pazienza è la virtù dei forti, finché non sfocia in persecuzione. Eppure, meglio una vita zitelli, che dietro le sbarre.

Gli abiti intrisi di sangue e omertà

Asfissiare una donna dopo un rifiuto è forse la peggiore delle virtù.

Potenza detiene più soprannomi. Per qualcuno è “La Città verticale”, perché si espande in altezza. Oppure “La città delle cento scale”, viste le scalinate che abbracciano la città, in cemento ma anche mobili. Infine “La Città dell’apparenza”.

Danilo ed Elisa vengono da due mondi diversi.

La famiglia Claps è composta da Antonio, tabaccaio, e Filomena Lemma, impiegata. È l’ultimogenita di tre figli ed è una giovane spensierata e gentile. Ma è del giovane Restivo di cui dobbiamo parlare. Del giovane ragazzo da sempre vittima di pettegolezzi.

Una città che vede ma che non guarda. Intrisa di omertà. Una città apparentemente tranquilla che preferisce ignorare la vicenda di Elisa nonostante fosse un grande nervo scoperto. Perché è più facile ignorare la possibilità che una povera sedicenne sia stata brutalmente uccisa da quello che poteva essere il tuo vicino di casa.

Davanti al male ci sono due strade: o affrontarlo di petto, o spostarsi e far finta di nulla, aspettando che qualcun altro ci faccia i conti.

Dopo la scomparsa di Elisa, Restivo si allontana da Potenza perché, lunedì 13 settembre avrebbe affrontato l’esame di ammissione alla facoltà di odontoiatria del Policlinico di Napoli. Ma non esiste alcuna prova che Danilo abbia sostenuto questo esame.

Danilo Restivo, colui che uccise Elisa Claps

Tornato dal capoluogo campano con suo padre e il suo avvocato, Danilo si reca in Questura per lasciare delle dichiarazioni. Il primo interrogatorio contribuisce però a peggiorare la situazione nella quale si trova. Le sue dichiarazioni sono fortemente contraddittorie a partire dal motivo per cui si sarebbe visto con Elisa.

Non nomina infatti il regalo, ma dichiara di averle chiesto dei consigli per conquistare un’amica in comune. Poco dopo afferma, però di essere innamorato di Elisa. Per quale motivo chiedere alla donna di cui sei infatuato come sedurne un’altra?

I sospetti si intensificano però quando gli inquirenti notano sulla mano di Restivo un cerotto. Lui racconta che quella ferita se la sarebbe fatta tornando dalla messa mentre guardava il cantiere delle scale mobili che nel 93’ stavano costruendo per Potenza. Sostiene che, cadendo giù dalle scale, un pezzo di lamiera lo avrebbe tagliato.

Eppure la dinamica della caduta non è possibile, perché la rampa è troppo ripida. Fosse realmente inciampato, un taglietto non sarebbe stato nulla in confronto alle ferite che avrebbe dovuto riportare. Così cambia versione, e dichiara di essersi fatto male anche ai fianchi.

Elisa

E il pezzo di lamiera? Non esiste, come non vi è alcuna goccia di sangue. Inoltre, nessuno lo ha mai visto, né al cantiere né entrare in chiesa con Elisa. Non esiste alcun testimone delle azioni di Danilo Restivo. È la sua parola contro l’abisso.

La ferita presentata da Restivo era da taglio. Fosse caduto dalle scale avrebbe avuto un’escoriazione. E ciò lo conferma anche il medico dal quale sarebbe andato Restivo per farsi mettere i punti. Infine, stando ai suoi racconti e a quelli del fratello e della fidanzata del fratello, tornato a casa i vestiti di Danilo erano pieni macchie ampie e umide, da sembrare fango.

Eppure, attorno al cantiere delle scale mobili, non vi è sporcizia. Quello non fango, ma sangue. Troppo sangue per essere sgorgato da una sola ferita. Alla richiesta da parte delle Forze dell’Ordine e dell’ispettore Eufenia di avere i vestiti, la famiglia di Restivo si rifiuta. Il mandato di richiesta avanzato al magistrato Felicia Genovese viene rifiutato.

Il “Parrucchiere” di Potenza

Danilo Restivo nasce nel 1952 ad Erice, in Sicilia. Un paesino in cima ad un monte dove qui trascorre i primi mesi della sua vita prima di trasferirsi a Cagliari.

A metà degli anni 80’, il padre Maurizio ottiene il posto di gestione della biblioteca nazionale a Potenza. Ruolo prestigioso, data l’importanza di quel luogo. Una famiglia di persone colte. Il signor Restivo è un avvocato accigliato, di grande cultura, la moglie Marisa è invece una maestra. I due sono amanti dell’arte, della pittura. Leggono e parlano di brigantaggio. Maurizio, uomo discreto ma potente.

Già alle elementari Danilo assumeva comportamenti strani. I bagni per ragazzi e ragazze erano comunicanti, ma separati solo da dei muretti.

Così, tutti i giorni, si arrampicava sopra uno dei gabinetti e aspettava di poter spiare dall’alto le sue compagne. In un quaderno annotava addirittura i nomi di quelle che riusciva a beccare, apportando pure dei commenti.

È Danilo tra i due figli a covare bollenti spiriti, a differenza di sua sorella Anna. Ma i genitori, forse per ingenuità, hanno sempre fatto finta di niente.

A quattordici anni, Danilo ferisce al collo un altro bambino. Questo è il cugino della giovane Sonia, ai tempi solo dodicenne. I due abitano nello stesso quartiere, quello del Seminario. Un giorno il piccolo Restivo propose alla bambina di venire a vedere un posto segreto con lui, una sorta di magazzino vicino la Biblioteca.

Danilo glielo propose ben tre volte, prima di ottenere un sì. Sonia, però, volle portare con sé suo cugino. Il piccolo Restivo aveva già tutto pronto: fece bendare e legare i due bambini, portandoli fino a un tendone pieno di mobili e telecamere.

Improvvisamente prese un coltello nascosto in un mobile e lo puntò alla gola del bambino. Fortunatamente, Sonia riuscì a sventare la situazione, dando una spallata a Danilo. Quest’ultimo, al contrario, sembra quasi svegliarsi da una sorta di trance.

Addirittura torna a casa per prendere ovatta e acqua ossigenata. Ma la ferita non smette di sanguinare, così il bambino viene portato in ospedale. Alla fine, il bambino è sopravvissuto.

Cosa accadde dopo? Maurizio offre un milione di lire per ritirare la denuncia, che avrebbe rovinato la vita di un bambino di quattordici anni. Nel farlo, giura che avrebbe provato ad aiutare Danilo. La famiglia di Sonia gli crede, sia perché bisognosa di denaro, sia perché si fidano di una persona così autorevole.

L’incidente si chiude con una stretta di mano e un assegno. Nel frattempo, la sua adolescenza è segnata da un intervento alla tiroide, che gli viene asportata, e voti pessimi a scuola. Conseguirà il diploma nell’Istituto di Odontotecnica. A diciotto anni viene bocciato alla visita per l’arruolarsi. Il ragazzo è troppo immaturo e soffre di enuriasi, si fa la pipi a letto.

La sua goffaggine è palese a tutti, tranne che ai suoi genitori, che fanno finta di nulla. Con i genitori ha spesso delle forti litigate, soprattutto con il padre, dal quale si sente giudicato e mai compreso.

Per il centro storico Danilo Restivo scivola al suo interno. Per le sue piccole vie si sente un mito, tutte devono essere ai suoi piedi. E se lo ignorano, la colpa è loro, che sono sempre troppo cattive o poco di nuove. Sul viso ha sempre un particolare ghigno, con la quale mostra una sorta di strafottenza nei confronti di chi lo circonda.

Inoltre, sembra quasi voler sempre dimostrare di avere tutto sotto controllo. Fa tutto il possibile per risultare molto convincente e persuasivo. Riempie i suoi discorsi di dettagli, talvolta inutili.

Eppure tutto ciò è inutile, perché chiunque a Potenza è a conoscenza delle strane passioni di Danilo. Per esempio quella per i capelli delle ragazze, che taglia a incornicia nella sua camera e li appende al muro. L’ennesima stranezza che contribuì a soprannominarlo per i suoi concittadini il “Parrucchiere”.

Danilo è velocissimo nel farlo: le sue prede le sceglie sull’autobus e hanno tutte i capelli molto lunghi.

Per lui il taglio di capelli non erano solo un rituale. Ma la cosa che più lo eccitavano del corpo femminile. La principale espressione per il suo amore nei confronti dell’altro sesso. Un’espressione macabra e perversa della sua personalità ossessiva.

Infine, le telefonate. Danilo era solito chiamare le studentesse universitarie della città che corteggiava, come Giovanna, Paola, Sabrina e Chiara. Lo faceva nel cuore della notte ma non diceva nulla. Restava in silenzio, non diceva una parola. Erano superflue, perchè lasciava scorrere la musica.

A parlare al posto suo c’erano le note di “Per Elisa”.

L’omertà lucana

Ciò che stupisce di tutta questa storia, non è la vicenda in sé. Ma come da una parte si districhi la Potenza bene, che si stringe in un abbraccio con la famiglia Claps, e ne supporta la sofferenza e il dolore. E che desidera giustizia, consapevole della colpevolezza di Danilo.

Eppure, dall’altra parte, vi è l’omertà e la paura delle conseguenze che potrebbero arrivare per chi si oppone alla famiglia Restivo.

Una città consapevole della stima che lo stesso Don Mimì, parroco della chiesa della Santissima Trinità, provasse nei confronti della famiglia dei Restivo e in particolare di Maurizio, tanto da recarsi spesso ai compleanni del figlio. Al punto da dare a Danilo le chiavi della chiesa, così da consentirgli di entrare ogni quanto volesse.

Il caso passerà poi alla Procura di Salerno, che si troverà a gestire un caso dove le indagini erano state condotte a metà. Non solo non erano stati sottratti i vestiti di Restivo, non solo Danilo non era stato fermato. Ma addirittura nessuno aveva mai perquisito il suo domicilio tantomeno la Chiesa stessa.

Alla fine degli anni 90 Restivo sarà condannato ma per falsa testimonianza.

Le indagini proseguono, con il coinvolgimento del SISDE. Per le Forze dell’Ordine, Elisa Claps è stata uccisa e qualche membro ecclesiastico lo avrebbe coperto.

Ma gli abbi passano e Danilo si sposta in Inghilterra, a Bordermouth. Lì ci arriva per amore, perché lì ci vive la sua nuova fiamma. Una donna italiana quindici anni più grande di lui, Fiamma, con qualche problema psichico. Qui può ricominciare la sua solita vita.

Finché non vi è la svolta. La vicina di casa di questa splendida coppia, Heather Barnett, viene ritrovata senza vita dai figli. I seni, entrambi mutilati e il corpo a brandelli. Il cranio fracassato a martellate. Tra le mani stringe una ciocca dei suoi capelli. La firma del colpevole.

Le strade di Bordermouth odorano di fish and chips, salsedine e sangue.

Danilo scruta le Forze dell’Ordine che svolgono i primi rilevamenti dalla finestra con fare divertito. La sua è la prima casa ad essere perquisita: al suo interno trovano fotografie di donne, ciocche di capelli recise e incollate in un diario. Ancora una volta riesce però a scamparla perché non ci sono prove che lo possano legare al delitto.

Addirittura ha quasi un alibi: un corso per persone con precedenti giudiziari. Peccato che abbia falsificato i dati.

Questa storia finisce da dove è iniziata. Dalla chiesa della Santissima Trinità. Così come la Per Elisa inizia e finisce allo stesso modo.

L’autopsia rivela che la giovane avrebbe subito una violenza sessuale da parte di Restivo proprio all’interno del sottotetto. Il reggiseno appariva tagliato ed i jeans aperti. Poi sarebbe stata colpita da tredici colpi di arma da taglio. Forse una forbice. Mentre Elisa muore, Don Mimì canta la messa.

I resti non consentirono di definire altre dinamiche. Sotto il tacco della scarpa di Elisa vi erano dei sassolini: la giovane è arrivata camminando in quel luogo, il cui pavimento era stato forato, in modo tale da consentire un ricambio dell’aria, per far sparire le esalazioni di un corpo in putrefazione.

In parallelo vanno avanti i paradossi. Si scoprono i nomi di tutti coloro che fino a quel giorno avevano avuto l’accesso al sottotetto, a partire dalle donne delle pulizie, e che però non avevano denunciato la presenza di un cadavere.

Come finisce, già lo sapete. Dopo il ritrovamento del corpo Danilo finisce subito in manette, viste le tracce di DNA rinvenute sulla scena del crimine.

Mentre si trova in Inghilterra, le analogie con il delitto di Heather sono troppe da essere ignorate. Restivo viene così arrestato perché colpevole di due delitti. Condannato all’ergastolo per l’omicidio di Heather in Inghilterra e a trent’anni per quello di Elisa, confermato dalla Cassazione.

Gli anni in carcere avrebbero potuto essere di più, ma il reato di violenza sessuale era caduto in prescrizione. Nel 2016 venne posta la richiesta di riaprire la chiesa della Santissima Trinità, contro cui la famiglia Claps si oppose. Vi lasciamo il link di un articolo al riguardo.

Per chiudere questa storia vi lasciamo con un ultimo triste dettaglio. Dall’autopsia gli inquirenti poterono notare che ad Elisa era stata tagliata una ciocca di capelli. L’ultimo macabro trofeo da appendere al muro.

Scritto da Gaia Vetrano


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