SaturDie Ep.18 – La tragica storia di Chiara Poggi

Il delitto di Garlasco

di Gaia Vetrano
23 Min.

In amore vince chi fugge. Chiara Poggi sarebbe dovuta scappare molto prima.

Per molte persone basta poco per essere felici. O raggiungere quel sentimento di spensieratezza che ognuno agogna. La sensazione di essere libero da ogni responsabilità o impegno. Di avere il tempo di uscire all’aria aperta e poter prendere anche una sola boccata d’aria. Di godersi il sole bagnare la propria pelle. Il vento frusciare.

O anche la possibilità di sognare di partire. Andare via dal proprio paesino d’origine, per quanto pieno di opportunità, dove però il ruolo che ti è stato affibbiato ti sta stretto. Per Chiara Poggi, Garlasco era questo. Un punto di partenza da cui immaginare una vita nuova altrove. Eppure, non riuscirà mai ad andarsene.

Molti definiranno Garlasco come la “Las Vegas della Lomellina”. Fino al 2007, infatti, era conosciuta come una banale cittadina del profondo nord, composta da villette perlopiù unifamiliari. Un posto tranquillo, non particolarmente caratterizzato, un posto umido d’inverno e ancor più nelle altre stagioni. Dove d’estate si combatte contro le zanzare killer. Durante le belle stagioni, raramente si gode di un bel sole, e quando ci sono delle belle giornate, non coperte dalla nebbia, è un evento più che apprezzato.

Qui il riso e l’allevamento sono i principali interessi economici, essendo epicentro di zone umide e languide, adatte alla fioritura del settore primario.

Nonostante le innumerevoli attività ricreative messe a disposizione dei propri cittadini, qui le giornate scorrono lentamente. Come il miele, viscose. Eppure, le puoi perfettamente distinguere tra di loro. Come una fetta di pane dall’altra.

Giornate passate tra i bar del luogo, a bere caffè con gli amici, e ad ammirare i turisti in pellegrinaggio al Santuario della Madonna della Bozzola, attrattiva principale della città. Ore davanti a una tazza di tè a parlare dei pettegolezzi sulla vicina di casa e sulle corna che aveva messo al marito. Fino al 2007, molti ignoravano l’esistenza di Garlasco.

Santuario della Madonna della Bozzola

È un paese di cittadini, non di anime. Ciò che non cambia mai è il desiderio di protagonismo delle persone. Anche solo per una giornata, insieme alla voglia di slegarsi dagli stereotipi comunicativi del posto. Per poi tornare a parlare dell’amico finito per puro caso in diretta su Canale Cinque perché un “raccomandato” oppure a lamentarsi della giunta comunale che non fa nulla per fermare lo spaccio di eroina.

I punti di riferimento sono per tutti l’osteria dell’”Avanti!”, la cooperativa Stella Rossa, due cinema, la corsa dei ciclisti in primavera, la parata dei bersaglieri a giugno, la Fgci e l’oratorio.

Ma ci sono eventi particolari che saldano il tempo al luogo in cui si sono verificati: la saponificatrice di Correggio, la strage del Circeo, il mostro di Firenze e il giallo di Garlasco.

Se Garlasco per molti è una cittadina protetta dalle silenziose pianure lombarde, per Chiara Poggi in una notte può trasformarsi in un girone dell’Inferno dal quale cadere sempre più in basso, sempre più nel buio e nell’umiliazione.

La storia che vi raccontiamo oggi è quella di un delitto senza apparente movente. Fatta di immensi errori giudiziari. Una storia d’amore – se si può definire come tale – interrotta a metà. Uno di quei racconti mandato in onda una sera qualsiasi di maggio dalle Iene.

La storia di un uomo arrogante, dagli occhi di ghiaccio, antipatico a un’intera nazione, che non può però fare a meno che stare ad ascoltare le sue parole. È il 24 maggio del 2022, e in diretta da Bollate, parla Alberto Stasi. Ma per sapere che cosa ha da dire, dobbiamo forse tornare indietro al 2007.

Dopo il 13 agosto 2007 a Garlasco non ci sono più né santuari né discoteche, ma solo il sorriso di Chiara Poggi.

La maggior parte degli abitanti in quel periodo è in vacanza. Ovunque, pur di scappare dalle zanzare. Chi in spiaggia in Liguria, chi in montagna. Il civico 8 di via Pascoli è vuoto, così come tutte le altre case della strada. Lì alloggiano i coniugi Poggi, adesso fuori città. Così, la giovane Chiara, ha una settimana libera da trascorrere con il suo fidanzato, Alberto.

Quasi una luna di miele. Mentre i due stanno assieme, lei è serena. Cerca di non disturbare il povero Stasi mentre scrive la tesi, e nel frattempo pensa a ordinare la cena dalla solita pizzeria di paese. Quando la mamma la chiama al cellulare per chiederle come va, Chiara risponde che è tutto ok.

Per le 22 di quella sera, Alberto torna a casa dei suoi dopo aver cenato dalla sua fidanzata per accudire il cane. Tra casa sua ci sono 20 minuti di camminata a piedi, 3 in macchina, 6 in bicicletta. Passato il tempo necessario dal suo animale ritorna a casa di lei, per restarci fino all’1.

Vi starete chiedendo per quale motivo vi stia fornendo questi dettagli specifici, ma ci torneremo più in là. Vi basti sapere che Alberto Stasi all’1 ritorna a casa sua in via Carducci 29 per dormire.

Così Chiara resta a dormire da sola. All’1:52 inserisce l’antifurto. Non sa che sarà la sua ultima notte.

Il lunedì 13 agosto, la Poggi fa colazione davanti al televisore con latte e biscotti. La casa è disordinata, il letto è sfatto. Sicuramente non è nelle condizioni migliori per l’arrivo di una visita inaspettata. Qualcuno alle 9 del mattino suona al citofono. Sembrerebbe essere una sua conoscenza, quindi toglie l’antifurto senza fare problemi.

Di quella persona lei si fida a tal punto da non cambiarsi, restando in camicia da notte, e la fa entrare ancor prima di aprire le finestre, che rimangono chiuse come se fosse ancora buio.

Il visitatore arriva alla porta, aspetta che Chiara si giri e la colpisce. Un colpo alla testa e uno sul volto con un martello. Gli schizzi di sangue arrivano fino alla scala.

All’ennesima mazzata che le viene sferzata contro il viso, Chiara cade a terra. L’aggressore la prende per i piedi e la trascina in corridoio. Sul pavimento lascia tracce di sangue fino alla scala. La Poggi cerca di resistere: si aggrappa al muro, ma per questo le viene data un’altra martellata. Macchia le pareti, il telefono, lo stipite.

La giovane viene trascinata fino alla scala che conduce alla cantina, dove l’aggressore la spinge giù.

Prima di andare via, l’assassino si sposta in bagno, incurante delle impronte di sangue che sta lasciando. Rimane fermo ad ammirare il suo riflesso allo specchio. Si lava le mani, rimane un po’ a guardare la tv e poi esce di casa.

Chiara è a terra, il pigiama è drammaticamente sporco di sangue. Lentamente si espande sui gradini, le impiastra i capelli, il volto. Mentre scivola per le scale, sente la vita che le sfugge tra le dita. L’immagine del suo corpo riverso sui gradini rimarrà impresso nelle menti degli italiani.

È il 13 agosto 2007. Da oggi, la Las Vegas di Lomellina ha anche un delitto in perfetto stile CSI da risolvere.

L’apparenza inganna

Garlasco non è diversa dai tanti comuni della Lombardia. Chiara Poggi vive lì con i suoi genitori. Su di lei ripongono molte aspettative. È l’orgoglio della famiglia. Prima figlia femmina a laurearsi con 110 e lode in Economia Aziendale.

Chi la guarda non può che restare incantato dai suoi grandi occhi azzurri. Raramente sorride, ma quando lo fa, quei denti piccoli e bianchi illuminano il suo volto. Molto riservata, coltiva poche amicizie e non esce molto spesso dalla villetta di via Pascoli acquistata con tanti sacrifici dai suoi genitori.

Ha 26 anni e lavora come stagista in un’azienda milanese di informatica. Svolge bene il suo incarico e impara in fretta, probabilmente la assumeranno. Eppure, la velocità con cui questi eventi si susseguono l’uno dopo l’altro la spaventa.

È una giovane inquieta, per quanto cerchi di non darlo a vedere. In quella dinamica di eventi, che la avvicinano sempre più a un futuro lontano da casa, non vive serena. Forse, preferirebbe un anno di pausa, lontano da tutto. O anche solo una mattinata passata all’aria aperta.

La vita a casa dei suoi è proprio per questo sempre più difficile. Ogni momento di convivialità è pieno di silenzi intrisi di risentimento. Sente il peso delle aspettative che su lei ripongono, nonostante ami mamma Rita e papà Giuseppe. Questi vorrebbero che lei restasse a Garlasco. Ma Chiara è ambiziosa, e le sue mire vanno ben oltre il lavoro di segretaria del comune, a differenza della mamma, dipendente a Groppello Cairoli. Si vede manager.

Menomale che c’è Alberto, il suo fidanzato da tre anni. Il giovane è più piccolo di lei di due, e infatti frequenta ancora l’università. Sta per laurearsi alla Bocconi.

Insieme sono la coppia perfetta. Lui l’aveva introdotta nel suo gruppo di amici, con cui passava ogni sabato sera. Abituati a passare tempo assieme, molti dicono di loro che siano pronti a sposarsi. Nonostante questo, Alberto non ha mai incontrato i genitori di lei. Certo, a Garlasco si conoscono tutti. I Poggi sanno chi sono gli Stasi, e viceversa.

Ma non c’era mai stata l’occasione per un incontro formale. In ogni caso non c’è fretta. Eppure, l’apparenza inganna. Con lui, la Poggi programma un futuro. una famiglia, dei figli, una casa a Milano. Un sogno di cui Alberto non era a conoscenza, un sogno rimasto tale.

A luglio del 2007, Alberto è in vacanza a Londra. Chiara non vuole comportarsi da fidanzata ossessiva, ma è difficile restare tranquilla quando l’altro parte per molto tempo. Così lo riempie ogni giorno di raccomandazioni su quanto la capitale inglese sia pericolosa, e gli chiede di stare attento.

Chiara lo conosce Alberto: è un bravo ragazzo, ma se trascinato dalle persone giuste è un adolescente come gli altri, capace di agire con incoscienza. Da Garlasco continua a consigliargli locali dove andare e i ristoranti migliori. Finché un finesettimana riesce anche a raggiungerlo.

Per un weekend si fa accompagnare dai genitori Stasi a Malpensa con un valigione enorme. Per lei rivedere Alberto è un’emozione grandissima. Ha già preparato l’itinerario del loro finesettimana inglese. Il 20 luglio 2007 parte, per poi tornare il 22.

Adesso dovrà solo aspettare che i genitori di entrambi partano in vacanza, così da recuperare il tempo assieme.

 Chiara è felice ed innamorata. Ma tutto questo sta per finire.

Stasi, l’unico nella lista

È Alberto Stasi a trovare il corpo di Chiara quella mattina.

Aveva provato a chiamarla più volte: alle 9:44, poi alle 10:47, 11:37, 12:46, 13:26. Mai una volta che gli avesse risposto. Squilli e telefonate rimangono senza risposte e ciò preoccupa Alberto, che si precipita in auto a casa della giovane. Scavalca il cancello e trova la porta aperta. Poi le tracce di sangue, infine il suo corpo sulle scale della cantina.

Stasi perlustra tutta la casa, poi esce fuori e chiama la centrale della Polizia, che arriva sul luogo. Ma troppe cose non tornano. Alberto è freddo, distaccato. Non sembra stupito dall’accaduto, neanche scosso. E ai piedi indossa un paio di scarpe da ginnastica estremamente pulite, come se fossero appena uscite da negozio.

Questo insospettisce gli inquirenti. Per aver camminato dentro la villa, sopra le innumerevoli scie di sangue, è strano che non abbiano nemmeno una macchia. Come se le avesse pulite dopo essere uscito.

A partire dalle sue scarpe fino alle circostanze con cui si verifica l’omicidio, qualcosa non torna. Manca l’arma del delitto, che si suppone soltanto essere un martello. Manca l’orario certo di morte della Poggi. Mancano le altre piste. Manca il movente.

Gli ufficiali si concentrano così su Alberto, e lo interrogano. Gli chiedono come sia possibile che le sue scarpe siano così pulite, così come i vestiti. Stasi non riesce a difendersi, così diventa l’indiziato numero uno. L’unico nella lista.

Viene arrestato il 24 settembre 2007 ma scarcerato quattro giorni dopo dal giudice per le indagini preliminari Giulia Pravon per insufficienza di prove.

Le indagini contro Stasi non furono così semplici. A sostegno della sua colpevolezza pochi indizi.

Cominciamo dall’alibi che lui stesso riporta. Il computer con cui, a detta sua, quella mattina stava lavorando alla tesi viene consegnato alle Forze dell’Ordine durante le indagini. Eppure, come la difesa sottolineerà durante i processi, questo verrà usato dagli inquirenti, che ne altereranno i file contenuti all’interno, compromettendo eventuali prove.

Difatti, l’unico elemento a sostegno – o eventualmente utile per la smentita dell’alibi – di Stasi venne compromesso. Eppure, grazie ad una perizia informatica molto più profonda sul computer, si accertò che venne usato dalle 9:35 alle 12:20.

Nonostante ciò, vi sono ancora dei dubbi. Ciò che si sa con sicurezza è che alle 9:12 Chiara Poggi disattivò l’antifurto della villetta.

Cosa successe durante i successivi 23 minuti, prima che Alberto cominciò a usare il suo computer? In conclusione, non si può determinare cosa fece in quella finestra temporale.

Un altro dubbio per gli inquirenti sono le scarpe di Stasi. Queste, come vi abbiamo già detto, erano perfettamente pulite. La scientifica le analizzò nel 2007 e non risultarono contenere alcuna traccia di sangue anche minima.

Come risultò anche nel 2014, se Alberto fosse effettivamente entrato nella casa, avrebbero dovuto “captare particelle ematiche“. Risulta ovvio immaginare che non potevano essere completamente pulite.

Così, secondo l’accusa, Stasi non avrebbe mai messo piede nella villetta per scoprire il delitto, avendolo commesso lui stesso.

Per la difesa Alberto avrebbe camminato evitando le pozze di sangue. Inoltre, a causa del caldo, le scie di cui era cosparso tutto il pavimento erano ormai già secche. Quindi queste non avrebbero comunque potuto lasciare eventuali segni sulle suole di Stasi.

D’altro canto, sui tappetini dell’auto con cui Stasi era arrivato la mattina del 13 luglio a casa della Poggi, la scientifica ritrovò delle tracce ematiche di Chiara. Come potevano queste esserci finite, se non tramite trasferimento dalle scarpe?

Questo non basta a inchiodare Alberto: vi sono anche delle tracce di residui organici che contenevano marcatori maschili compatibili trovate sotto le unghie della Poggi e il capello castano chiaro, che risulterà privo di bulbo e quindi di DNA, rinvenuto sulla scena dell crimine.

Chiudiamo infine con la disputa legata alla bicicletta. Due testimoni raccontarono agli inquirenti di aver notato quella mattina, verso le 9:30, una bici nera da donna dotata di portapacchi davanti l’ingresso della villa. Questa si suppose di proprietà dell’assassino. Ma Stasi non possedeva un mezzo che corrispondesse a questa descrizione, essendo la sua una “Umberto Dei” da uomo e di colore bordeaux.

A casa di Alberto gli inquirenti trovarono un’altra bicicletta, una “Luxury” da donna. Di questa lui non fece mai parola durante gli interrogatori. Entrambe vennero sottoposte a delle perizie, e da ciò risultarono tracce in copiosa quantità del DNA della Poggi sui pedali della prima, che però non era conforme alla descrizione delle testimoni.

Alla fine, nel 2014, venne posta una nuova ipotesi. Come evidenzia la parte civile, entrambe le bici avrebbero montati di serie dei pedali di marca “Union”.  Eppure, la “Umberto Dei” ne aveva, quando vennero effettuate le perizie, della “Wellgo“.

Si suppose pertanto che Stasi avesse cambiato i pedali delle due bici. In particolare, avrebbe smontato quelli contenenti il DNA di Chiara dalla “Luxury”, fedele alla descrizione delle testimoni, e li avrebbe montati alla seconda. In sintesi, si sarebbe recato a casa della Poggi con la prima bicicletta e, tornato a casa, avrebbe smontato i pedali e li avrebbe montati all’altra bici.

Questa ipotesi venne però scartata.

In ogni caso, Alberto Stasi venne comunque condannato, facendo affidamento sulle circostanze con cui avvenne l’omicidio.

Infatti, per aver Chiara aperto al suo assassino, doveva essere una persona che conosceva, e di cui si fidava. Questo soggetto doveva anche conoscere bene la casa.

Stasi non riuscì mai a fornire un alibi che riuscisse a provare defintivamente la sua innocenza. Quella finestra di 23 minuti rimane infatti un punto interrogativo. In quel lasso temporale avrebbe benissimo potuto recarsi a casa della Poggi e commettere l’omicidio.

Molti ritengono inoltre che Stasi volesse nascondere agli inquirenti di essere in possesso della “Luxury” perchè consapevole che potesse essere collegata al caso, e per questo non ne parlò mai durante gli interrogatori.

Infine, gli inquirenti trovarono tracce dell’anulare destro di Alberto sul portasapone del bagno, presumibilmente utilizzato dall’aggressore per lavarsi le mani dopo il delitto. Mentre le impronte trovate ne corridoio coincidono con un 42, taglia del piede dell’uomo.

Oltre ogni ragionevole dubbio, Alberto Stasi è ritenuto colpevole dell’omicidio di Chiara Poggi.

La condanna arrivò anni dopo l’omicidio. Difatti, a causa della insufficienza delle prove, la questione arrivò addirittura di fronte la Cassazione, che riguardo al caso ribadì come fosse complesso «pervenire a un risultato, di assoluzione o di condanna, contrassegnato da coerenza, credibilità e ragionevolezza» e quindi «impossibile condannare o assolvere Alberto Stasi».

Per lo stesso motivo, la Corte d’Assise d’appello nel 2011 lo assolse.

Alla fine, in seguito alle nuove perizie, che provarono le incongruenze riguardo la versione della difesa sul problema delle scarpe, Stasi venne condannato a ventiquattro anni di reclusione (pena poi ridotta a 16 anni grazie al rito abbreviato) per omicidio volontario.

Rimane un mistero il movente: Alberto venne accusato di essere in possesso di materiale pedopornografico. Secondo l’accusa Chiara lo avrebbe scoperto e per questo lui l’avrebbe uccisa. La Cassazione smentì però tale ipotesi, visto che tali file erano solo “tracce“, mai scaricate, recuperate parzialmente dalla polizia scientifica ma che non furono mai visibili all’imputato.

Nel 2022, il programma “Le Iene” manda in onda uno speciale sul caso Poggi in cui Alberto risponde, intervistato da Bollate, alle domande che gli vengono poste riguardo l’omicidio. Oggi lavora come centranilista mentre sconta la sua pena, continuando a sostenersi innocente.

Alberto Stati ha veramente ucciso Chiara Poggi?

Scritto da Gaia Vetrano


Le foto presenti in questo articolo provengono da internet e si ritengono di libero utilizzo. Se un’immagine pubblicata risulta essere protetta da copyright, il legittimo proprietario può contattare lo staff scrivendo all’indirizzo email riportato nella sezione “Contatti” del sito: l’immagine sarà rimossa o accompagnata dalla firma dell’autore.

Articoli Correlati