“Il Principe” scandaloso di Niccolò Machiavelli

di Costanza Maugeri
7 Min.

Ci sono state volte nella storia della letteratura italiana, nelle quali arte letteraria e politica si sono abbracciate creando i cosiddetti trattati politici.

Oggi vi parlo del più celebre: “Il Principe” di Niccolò Machiavelli. Affermo fin da subito che non è obbiettivo dell’articolo dare un giudizio morale sulle idee esposte. Come ogni settimana mi focalizzerò esclusivamente sull’indubbio valore letterario e storico del trattato. Ma andiamo con ordine.

Chi è Niccolò Machiavelli?

Niccolò Machiavelli nasce a Firenze il 3 Maggio 1469 in un ambiente borghese. Egli fu il primo letterato italiano che visse la scrittura come attività secondaria. Machiavelli fu prima di tutto un uomo politico fortemente sensibile agli eventi fiorentini, italiani e perchè no, anche europei a lui contemporanei.

La sua passione politica si vivifica incessantemente a causa dell’instabilità della stessa politica fiorentina.

Durante il corso della sua vita vide alternarsi cinque forme di governo: la monarchia dei Medici, la repubblica di Savonarola, l’instaurazione di una forma di governo più moderato, in questo periodo ricopri vari incarichi con il ruolo di Segretario della Repubblica di Firenze.

Questa esperienza gli permetterà di approcciarsi alla trattazione politica in maniera del tutto nuova e approfondita. Dopo questa parentesi moderata venne messo al margine con il ritorno dei Medici, da cui cercherà di ottenere incarichi rilevanti scrivendo, appunto “Il Principe”. Dopo il sacco di Roma(1527) i Medici fuggiranno nuovamente. Questo evento causerà la creazione di una seconda repubblica. Questa volta Machiavelli non riuscirà ad assistere al suo tramonto perchè morirà il 21 Giugno 1527.

Firma di Niccolò Machiavelli

Come affronta Machiavelli la trattazione politica?

Prima di scendere nello specifico, affrontando il “Principe”, mi piace l’idea di delineare il modo in cui Machiavelli affronta la scrittura di argomento politico.

L’approccio di Machiavelli è profondo e innovativo grazie sicuramente alla discesa sul campo del suo Tempo.

Il Segretario fiorentino cerca incessantemente di trovare motivazioni nascoste e ambiguità nella condotta politica a lui contemporanea. Una lettura che definirei psicologica del comportamento dell’uomo politico.

Aspetto interessantissimo ,inoltre, è il modo di procedere nella ricerca della soluzione ad un determinato problema.

Machiavelli, infatti, con slancio polemico mette a confronto soluzioni diverse, spesso opposte. Con questo ragionamento quasi ossessivo vorrebbe trovare la strada per assicurare il bene della sua amata Firenze al di là della forma di governo momentanea e della soluzione adottata.

“Il Principe” di Niccolò Machiavelli

Il Principe di Niccolò Machiavelli è un trattato politico che egli scrive probabilmente in pochissimo tempo nel 1513, dopo essere stato messo ai margini della vita politica con il ritorno dei Medici.

Esso è composto da 26 capitoli di lunghezza variabile. Quasi sempre sono capitoli brevi che aggrediscono il lettore con la forza della parola e delle tesi sostenute.

L’opera reca una dedica a Lorenzo, duca di Urbino. Originariamente l’opera sarebbe dovuta essere dedicata a Giuliano dei Medici, ma a causa della morte di quest’ultimo, lo scrittore cambiò idea. Egli era convinto che il trattato dovesse essere indirizzato ad un politico vivente capace di agire, per essere realmente utile.

I primi undici capitoli tessono una classificazione approfondita delle differenti tipologie di principato. Questa classificazione è utilitaristica vuole, infatti, trovare il percorso da percorrere per mantenere sicuro e stabile il Governo.

Dal capitolo 12 al 14 Machiavelli tratta questioni strettamente militari. In essi dichiara come i soldati mercenari siano la rovina di uno Stato, Quest’ultimi combattano solo per denaro e non per reale aspirazione.

Dal capitolo 15 al 25 germoglia, cresce e si ramifica il tema più interessante di tutta la trattazione: le qualità umane, politiche che deve avere un principe. Un rapporto serrato tra virtu’, fortuna, intesa in accezione neutra cioè come fattore che regola la mutevolezza del mondo.

Nell’ultimo capitolo Machiavelli ha uno slancio ideale in cui si risolve, ma nello stesso tempo muore la spinta concreta , seppur a tratti acerba del resto dell’opera: lo scrittore invita i Medici a prendere in mano le armi per proteggere e far rinascere la Patria.

Lorenzo dei Medici

Capitolo diciottesimo: il più scandaloso

Il capitolo che più aggredisce il lettore, lasciandolo meravigliato e turbato al contempo è il diciottesimo.

In questo capitolo Machiavelli si chiede se è bene per un principe usare la violenza. Egli parte dal presupposto che il Principe deve essere dotato di tutte le qualità morali positive o perlomeno averne la parvenza, che in tempi sereni deve essere mostrata. Successivamente legittima l’uso della violenza affermando che se necessario si deve saper usare la bestia ossia l’astuzia della volpe e la forza del leone.

Pertanto ad un Principe è necessario saper ben usare la bestia e l’uomo.

Gli uomini sono “semplici” cioè ingannabili e “tristi ” ossia cattivi per natura. Per poterli governare bisogna ricorrere,quindi, a qualità opposte, anche l’inganno e la forza se necessario. Fondamentale, però, che questi comportamenti non rendono il Principe odiato dal popolo.

E però bisogna che egli abbia un animo disposto a volgersi secondo che i venti e le variazioni della fortuna gli comandano; e, come di sopra dissi, non partirsi dal bene, potendo, ma sapere entrare nel male, necessitato.

Scritto da Costanza Maugeri


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