Cos’è la missione Aspides nel Mar Rosso

di Mirko Aufiero
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 7 Min.

Coinvolgerà diversi Paesi europei, e servirà a proteggere le imbarcazioni commerciali che transitano per il Mar Rosso, vittime da ottobre degli attacchi degli Houthi

Il 5 marzo il Parlamento ha approvato a larga maggioranza la missione Aspides, già approvata lo scorso 19 febbraio dal Consiglio Affari Esteri per far fronte alla minaccia degli Houthi nel Mar Rosso.

La missione ha ricevuto l’ok da quasi tutto l’arco parlamentare – esclusa Avs – dopo una mediazione tra maggioranza e opposizione. Il M5s aveva insistito sulla natura esclusivamente difensiva di Aspides, presentando una propria risoluzione. Il testo dei pentastellati è passato sia alla Camera che al Senato, e fa riferimento anche alle missioni Levante per il Medioriente e Euam Ukraine per il supporto a Kyiv.

Di cosa si occuperà la missione Aspides

https://www.flickr.com/photos/24354425@N03/ https://www.flickr.com/photos/24354425@N03/38325002546 missione Aspides

La missione EUNAVFOR “Aspides” (dal greco “scudo”) avrà il compito di difendere le imbarcazioni che transitano lungo il Mar Rosso, minacciate da ottobre 2023 dagli attacchi degli Houthi. La missione sarà esclusivamente di carattere difensivo – non prevede infatti attacchi sulla terraferma – e avrà durata di un anno (rinnovabile dal Consiglio europeo).

Ad Aspides parteciperanno Italia, Francia e Germania, a cui potrebbero aggiungersi Grecia, Portogallo, Danimarca e Paesi Bassi. Tra i Paesi Ue, Spagna e Irlanda non invieranno navi o uomini.

Il comando strategico della missione spetterà alla Grecia, mentre all’Italia quello tattico. Proprio su una nave italiana – il cacciatorpediniere Caio Dullio – avrà sede il comando operativo di Aspides.

La missione si basa su quanto affermato dall’Onu nella risoluzione 2624 (2022) e nella risoluzione 2722 (2024), che «prende atto del diritto degli Stati membri, conformemente al diritto internazionale, di difendere le proprie navi dagli attacchi, compresi quelli che minano i diritti di navigazione e libertà».

Non solo Aspides

Aspides si aggiunge ad altre due missioni presenti nella regione. La prima è la missione dell’Ue Atalanta – di cui l’Italia detiene il comanda da febbraio – lanciata nel 2008 per proteggere le imbarcazioni commerciali dalle incursioni dei pirati somali. La seconda è invece la missione Emasoh/Agenor, che opera nello stretto di Hormutz. Proprio da questa missione sono attesi rinforzi per Aspides.

A queste si aggiunge l’Operazione Prosperity Guardian, lanciata dagli Usa lo scorso dicembre per proteggere il transito dei mercantili dallo stretto di Bab el-Mandeb a Suez.

All’operazione partecipano anche diversi Paesi europei e non – tra cui Francia, Regno Unito, Danimarca, Paesi Bassi, Spagna, Norvegia, Grecia, Canada, Bahrein e Seychelles – che hanno messo a disposizione navi.

Opg – a differenza delle missioni citate sopra – può colpire depositi di armi, droni, radar, elicotteri e missili nel territorio controllato dagli Houthi in Yemen. È quanto messo in pratica da Usa e Uk, che da gennaio hanno condotto quattro serie di attacchi in Yemen.

Gli attacchi Houthi

https://www.flickr.com/photos/lrosa/42998384231 https://www.flickr.com/photos/lrosa/ missione Aspides

A partire da ottobre, il gruppo di ribelli yemeniti degli Houthi ha condotto 45 attacchi alle navi legate ai Paesi occidentali per mostrare la loro solidarietà verso la causa palestinese.

Gli Houthi infatti tentano di colpire solo quelle navi che ritengono essere di proprietà o collegate ai Paesi Ue o agli Usa – ritenuti complici di Israele – mentre lasciano passare le altre navi. Gli strumenti utilizzati per gli attacchi sono missili e droni, che dall’inizio degli attacchi hanno colpito una dozzina di navi commerciali.

Nessuna nave militare è stata colpita, nonostante i diversi tentativi. Gli Houthi, che controllano la parte settentrionale del Paese, compresa la città portuale di Hudayda, sostengono che i loro attacchi continueranno fino a quando «l’aggressione israeliana non si fermerà e l’assedio al popolo palestinese nella Striscia di Gaza non sarà terminato».

Come dichiarato da diversi funzionari dell’amministrazione Usa, questi attacchi sono resi possibili dai rifornimenti di armi provenienti dall’Iran e non è possibile fare una stima esaustiva del loro arsenale.

Gli effetti degli attacchi

Le conseguenze delle azioni degli Houthi sta avendo importanti ripercussioni sui traffici commerciali globali a causa dell’importanza del Mar Rosso. Si stima che attraverso il canale di Suez passi tra il 10 e il 15 per cento del commercio globale e il 30 per cento dei container.

Bloccarne l’attraversamento significa costringere le navi mercantili a dover scegliere una rotta alternativa, ossia quella che circumnaviga l’Africa. Circa il 90% dei container che normalmente attraversavano il Canale di Suez ora segue la rotta che passa per Capo di Buona Speranza.

Scegliere questa rotta determina un significativo aumento dei tempi di navigazione. Si tratta infatti di circa 9mila chilometri in più, ossia fino a 14 giorni aggiuntivi.

Ciò comporta significativi ritardi e un aumento dei costi, dovuti specialmente alla maggior quantità di carburante necessario e al picco nei prezzi delle assicurazioni.

A mettere in guardia dagli effetti di questi attacchi è intervenuta la presidente della BCE, Christine Lagarde:

«I rischi al rialzo per l’inflazione includono l’intensificarsi delle tensioni geopolitiche, soprattutto in Medio Oriente, che potrebbero spingere i prezzi dell’energia e i costi di trasporto verso l’alto nel breve termine e perturbare il commercio globale»


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