Cessate il fuoco o pause umanitarie, una differenza non da poco

di Mirko Aufiero
4 Min.

Nonostante i due termini possano apparire interscambiabili, presentano profonde differenze tali da influire sulle sorti dei conflitti armati

Nell’ormai quasi mese di guerra tra Israele e Hamas, siamo stati abituati a sentire appelli al cessate il fuoco o a pause umanitarie. Alcuni Paesi, in particolare quelli occidentali, supportano l’opzione delle pause umanitarie. Altri, come la Spagna e soprattutto i Paesi arabi, chiedono invece il cessate il fuoco.

Le pause umanitarie

Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), le pause umanitarie sono una «cessazione temporanea di ostilità puramente per scopi umanitari».

Esse prevedono un accordo di tutte le parti interessate e si svolgono per un periodo definito – anche per poche ore – e in una precisa area geografica al fine di favorire lo svolgimento delle attività umanitarie. Tipicamente, queste attività prevedono il passaggio di feriti o di persone in condizioni di fragilità, e il transito di beni di prima necessità.

Tale soluzione viene sostenuta da Paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito. Il Segretario di Stato statunitense Antony Blinken ha dichiarato che le pause umanitarie sono necessarie al fine di garantire la sicurezza dei civili e l’afflusso di aiuti a Gaza e facilitare i negoziati per il rilascio degli ostaggi.

Secondo diversi Paesi arabi, invece, le pause umanitarie non sarebbero sufficienti a dare respiro alla popolazione palestinese, motivo per cui invocano un cessate il fuoco.

Il cessate il fuoco

Per l’OCHA, il cessate il fuoco è una «sospensione dei combattimenti concordata dalle parti in conflitto, tipicamente come parte di un processo politico».

Esso ha in genere una durata a lungo termine e spesso copre l’intera area del conflitto. Lo scopo è quello di favore un dialogo tra le due parti, con la speranza di raggiungere un accordo politico permanente.

A richiederlo per il conflitto in Palestina sono l’Onu e specialmente i Paesi arabi, tra cui Arabia, Giordania, Egitto, Emirati, Libano e Qatar. Tale posizioni è stata ribadita dai ministri degli Esteri di questi Paesi a Blinken durante un incontro tenutosi il 4 novembre ad Amman.

Tuttavia, secondo Blinken questa richiesta non sarebbe accettabile, in quanto ciò «permetterebbe ad Hamas di riorganizzarsi e portare avanti nuovi attacchi».

Contrario a questa ipotesi anche il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu: «Non ci sarà cessate il fuoco senza la restituzione degli ostaggi. Questo dovrebbe essere completamente rimosso dal lessico».

di Mirko Aufiero


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