Accattone (1961): l’altra faccia del boom economico

di Emanuele Fornito
5 Min.

Trama

Vittorio “Accattone” Cataldi (Franco Citti) è un uomo che, per sopravvivere nelle povere borgate romane, sfrutta delle donne costringendole alla prostituzione. Quando una di loro viene arrestata dopo essere stata assalita da un gruppo di uomini, “Accattone” è costretto a vagare per le povere periferie in cerca di cibo e soldi.

Recensione

Accattone, esordio alla regia di uno tra i più importanti registi, poeti ed intellettuali italiani, Pier Paolo Pasolini, segna l’inizio di un nuovo capitolo nel neorealismo italiano: il punto di vista viene incentrato non più sulle note positive del boom economico, ma su quelli che sono i disagi di quella parte di società (volutamente) dimenticata, lasciata in balìa di sé stessa: il proletariato e il sottoproletariato.

Pier Paolo Pasolini sul set del film

Pasolini, in realtà, già da scrittore aveva affrontato i disagi di quel sottoproletariato conosciuto grazie al suo trasferimento nella capitale, partendo dal 1955 con la pubblicazione del romanzo Ragazzi di vita, dimostrando già da esso quanto questo tema e questa gente gli fosse a cuore. Come spiegato in diverse interviste, infatti, Pasolini reputava i sottoproletari come le uniche persone ad aver mantenuto, in una società sempre più conformata all’ideologia borghese, una purezza culturale e, mettendone in risalto il malessere, egli riuscì a mettere a nudo le ipocrisie e le meschinità dei ceti più alti. Alla luce di ciò, sembra scontato che la scelta di esordire alla regia con questo tema non fu casuale.

L’intera storia, che ruota attorno al personaggio di Accattone, è basata su un costante senso di impotenza e impossibilità di scelta. Accattone basa la propria sopravvivenza sull’immoralità, sfruttando giovani donne, ma la domanda che sorge spontanea è: quale alternativa ha, se non la morte? Sono numerose infatti le sequenze in cui la cinepresa crea una panoramica delle borgate romane (le quali, rispetto al centro città appaiono come appartenenti ad un altro mondo), molto conosciute dallo stesso Pasolini, nelle quali la lotta sferzante per la sopravvivenza estrema è la vera, unica e quotidiana protagonista. Lo stesso Accattone, così come i suoi amici, è l’emblema di quelle persone abituate a non mangiare per giorni e passare le giornate per le strade in cerca di qualche tozzo di pane o di qualche lira per sfamare sé stessi o i propri figli, dimenticando, troppo spesso di essere uomini. Nonostante una mancata esperienza di tecnica cinematografica (mancanza che tuttavia non pesa per nulla all’interno del film), infatti, Pasolini riesce a creare scene che sono ormai icone del cinema italiano, cariche di poetica e significanza: ne è un esempio la struggente scena in cui il protagonista finisce per scatenare una rissa con il nuovo marito della sua ex-moglie, il tutto causato dalla richiesta di Accattone di un aiuto economico per mangiare.

Franco Citti in una scena del film

Da ciò è possibile comprendere fino a dove il sottoproletariato è spinto: in esso vi è una completa disumanizzazione, gli uomini perdono la propria lucidità morale poiché accecati dal bisogno istintivo e fisiologico di cercare a sopravvivere, giorno per giorno. Ogni scena, ogni inquadratura e ogni sequenza trasmette un’angoscia declinata proprio in questi termini, una Roma periferica che, che sia di giorno o di notte, è teatro di atti sempre più cruenti, messi in atto da persone vittime di un sistema perverso che le ha costrette a vagare in questa arena infernale, come dei gladiatori costretti ad uccidere per preservare la propria vita. E’ proprio questo ciò che rende Accattone un film dall’importanza storica inestimabile, un’opera che permette la comprensione della vera società di allora, e che permette di conoscere tutte quelle conseguenze negative che ci sono dietro eventi storici importanti ma che, purtroppo, vengono spesso intenzionalmente ignorate.

Per questo motivo Accattone si configura come un ritratto struggente e poetico, alla cui fine Accattone (simbolo del proletariato) muore in un incidente in moto intento alla fuga dalla polizia dopo un furto minore, affermando in punto di morte:

Ora sto bene

Vittorio “Accattone” Cataldi (Franco Citti)

Il regista crea così un’impattante metafora: il proletariato è oppresso e non ha altra via che la morte.

Scritto da Emanuele Fornito


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