Le vacanze estive degli studenti italiani sono le più lunghe d’Europa

Vacanze, compiti a casa e ore trascorse in classe: le scuole europee sono così differenti dalla nostra?

di Giuseppe Di Sorbo
7 Min.

Ogni anno, al termine dell’anno scolastico, si accende il dibattito sulla durata delle vacanze estive per gli studenti italiani, che per molti è esageratamente lunga. Tuttavia, l’Italia è uno dei Paesi europei in cui gli adolescenti trascorrono più tempo tra i banchi di scuola. 

Secondo un report pubblicato da Eurydice, la rete istituzionale che raccoglie, elabora e analizza i dati sui sistemi scolastici dei Paesi europei, la durata dell’anno scolastico in Europa varia dai 170 ai 200 giorni. Il dossier, che fa riferimento alle scuole primarie e secondarie, contiene i dati dei 37 paesi aderenti al programma Erasmus+ promosso dall’UE. 

L’Italia, in questa speciale classifica, condivide gli stessi dati di alcuni Paesi scandinavi, come Danimarca e Norvegia, posizionandosi al primo posto con 200 giorni di scuola. Le ultime posizioni sono occupate da Grecia (152), Francia (162), Lettonia (165), Montenegro (168) e Romania (169).

Le vacanze estive nei Paesi europei: ecco quanto durano

L’organizzazione delle vacanze estive in ciascuno di questi Paesi è particolarmente differenziata. In diverse Nazioni, infatti, sono le autorità regionali a deliberare il calendario scolastico, mentre in altre la decisione spetta direttamente ai comuni. 

Di conseguenza, la durata delle vacanze per gli alunni può variare in base alla zona geografica in cui si trovano, al clima e a seconda del livello di istruzione. 

Anche in questa classifica l’Italia, assieme a Lettonia e Lituania, è prima, con ben 13 settimane di vacanze estive. La Germania, invece, sospende le lezioni per sole 5 settimane.

La durata delle vacanze estive nei Paesi europei (in settimane)

Anche i giorni di vacanza durante l’anno scolastico sono distruibiti diversamente nei diversi Paesi europei. In linea generale, le attività si sospendono in quattro momenti dell’anno differenti:

  • Tra ottobre e novembre, quando ricorre la festa di Ognissanti;
  • A dicembre, in occasione delle festività natalizie; 
  • Tra febbraio e marzo, quando in molti Paesi si celebra il carnevale;
  • Ad aprile, in occasione della Pasqua. 

La durata di tali sospensioni in Italia è significativamente ridotta, specialmente se comparata con altre Nazioni in cui durante il periodo del Carnevale le lezioni vengono sospese per due settimane. 

In paesi come Regno Unito, in Portogallo, Scozia, Belgio, Grecia e Francia, le vacanze pasquali possono invece durare anche 14 giorni, contro i 7 dell’Italia.  

Dunque, abbiamo visto come gli studenti italiani trascorrano molte più ore in classe rispetto ai loro coetanei. Le ore annuali obbligatorie per la scuola primaria sono 891, 990 per le medie e circa 924 per le scuole superiori. Tre dati che superano di gran lunga gli indicatori degli altri sistemi scolastici. 

“Più compiti non significa migliore preparazione”

I bambini e gli adolescenti del Belpaese, però, sono anche gli studenti più oberati dai compiti a casa, per i quali trascorrono mediamente 8.7 ore a settimana. A dirlo sono due indagini condotte dal Business Insider prima (2016) e dal Timms poi (2018), da cui è emerso come non esista alcuna una correlazione tra un maggior numero di compiti assegnati e migliori risultati scolastici, anzi.

Gli studenti della Finlandia e della Corea del Sud, che dedicano rispettivamente 2.8 e 2.9 ore a settimana ai compiti a casa, riescono a ottenere competenze più avanzate in determinate materie e un inserimento più agevole nel mondo del lavoro.

Più tempo in classe, quindi, non si traduce necessariamente in una migliore preparazione degli studenti. Ne è l’esempio, purtroppo, il nostro Paese. Secondo i dati raccolti durante le prove OCSE-PISA del 2018, gli studenti italiani non raggiungono la media europea nelle competenze di lettura, matematica e scienze. 

Nonostante questi dati siano stati oggetto di un ostinato dibattito tra esponenti del mondo accademico e culturale di tutta Europa, oggi rappresentano ancora una valida verifica delle competenze degli alunni europei.

Vi abbiamo dunque proposto statistiche relative a compiti, ore annuali, vacanze estive. Tutti indicatori che, in realtà, rappresentano solamente la punta dell’iceberg. L’Italia, secondo dati raccolti dall’Istat nel 2021, è uno dei Paesi europei che investe di meno nella pubblica istruzione (4.1% del Pil), 0.6 punti percentuali al di sotto della media europea. 

Ma non solo. In Italia il tasso di abbandono scolastico, seppur in calo, rimane ancora alto, ben dell’11.5%. Un dato ancora troppo lontano dall’obiettivo europeo da raggiungere entro il 2030, pari al 9%. 

Il BelPaese è anche una delle nazioni con la più bassa percentuale di laureati: solo il 29.2% dei giovani con un’età compresa tra i 25 e i 34 anni possiede una laurea. L’obiettivo europeo, che per questo indicatore si attesta al 45%, è ancora lontanissimo. 

Tuttavia, non ci sono solo cattive notizie.  

Con i 17.59 miliardi di euro del PNRR destinati al reparto della pubblica istruzione, la scuola italiana avrà, nel prossimo futuro, la possibilità di tornare a svolgere un ruolo educativo per la crescita del Paese. Attraverso i fondi del PNRR si agirà su diverse linee d’intervento: 

  • digitalizzazione nelle scuole;
  • potenziamento della formazione degli insegnanti;
  • inclusione e supporto gli studenti con bisogni educativi speciali;
  • potenziamento dell’edilizia scolastica;
  • potenziamento dell’istruzione professionale e tecnica.

Per una scuola sicura, sostenibile, inclusiva e innovativa. 

Scritto da Giuseppe Di Sorbo


Le foto presenti in questo articolo provengono da Internet e si dichiarano di libero utilizzo. Se un’immagine pubblicata risulta essere protetta da copyright, il legittimo proprietario può contattare lo staff scrivendo all’indirizzo e-mail riportato nella sezione Contatti del sito: l’immagine sarà rimossa o accompagnata dalla firma dell’autore”

Articoli Correlati