Christiania, la comunità hippy che dice basta a “Pusher Street”

di Costanza Maugeri
4 Min.

Ieri, Sabato 6 Aprile, i residenti della comunità hippy “Christiania” e autogestita, nel cuore di Copenaghen, hanno iniziato a smantellare la “Pusher Street” celebre – in particolar modo – per la vendita di marijuana. La compravendita di essa, illegale per uso ricreativo in Danimarca, qui è tollerata – da un cinquantennio – grazie ad un particolare status giuridico riconosciuto al quartiere.

O almeno lo era – formalmente – fino a ieri. Negli ultimi anni lo stato – in buona parte anarchico – di cui gode “Pusher Street” ha inasprito gli episodi di violenza nei confronti dei residenti. Una portavoce del gruppo stampa di Christiania ai microfoni della BBC ha dichiarato:

We are very tired of people saying Pusher Street is Christiania. It is not. Though it’s illegal in Denmark, cannabis has been sold openly in Christiania for decades.
But many of the original local dealers have been pushed out, as organised gangs have wrested control. In the last three years, there has been a spate of stabbings and fatal shootings

Siamo molto stanchi delle persone che dicono che Pusher Street è Christiania. Non lo è. Sebbene sia illegale in Danimarca, la cannabis è stata venduta apertamente a Christiania per decenni.
Ma molti dei venditori locali originali sono stati spinti via, mentre bande organizzate hanno preso il controllo. Negli ultimi tre anni, ci sono stati una serie di accoltellamenti e sparatorie mortali.

L’estate scorsa, infatti, un ragazzo di 30 anni è stato ucciso durante una sparatoria. Che ha provocato – anche – quattro feriti. A quell’episodio che è apparso come la goccia che ha fatto traboccare il vaso, si lega la decisione di chiudere Pusher Street. E la conseguente richiesta di aiuto alle autorità danesi.

Mette Prag, rappresentante della Fondazione Freetown Christiania, davanti ai giornalisti della BBC, ha rivendicato lo spirito originario del quartiere, affermando:

For us hash is not the problem, it’s the money in it, But the last years with all the violence and all the fighting, we cannot have it in our society. That’s why now this chapter must come to an end.

Per noi l’hashish non è il problema, è il denaro dentro. Ma negli ultimi anni, con tutta la violenza e le lotte, non possiamo permettercelo nella nostra società. Ecco perché questo capitolo deve giungere ad una fine.

Il proposito degli abitanti sembra essere quello di ripartire. La comunità hippy Christiania – già molto apprezzata dai turisti – mira ad essere, quindi, una realtà libera, sicura ed uno dei centri creativi e culturali della Danimarca. Ma come nasce?

Christiania: la microsocietà hippy della Danimarca

Christiania comunità hippy

Nel 1971 un gruppo di hippie anarchico occupa un’ ex base militare abbandonata. E proclama una forma di autogoverno autonomo che prevede, anche, il libero commercio della cannabis. E’ cosi che nasce Christiania, situata in uno dei quindici distretti di Copenaghen: Christianshavn. Niente leader, ma decisioni prese per consenso in riunioni di comunità. Lo Stato danese ha accettato queste regole come esperimento sociale, conferendo alla comunità uno status giuridico ufficiale.

Avevo i capelli lunghi e ho trovato Christiania il sogno hippy perfetto

Si può immaginare un villaggio pieno di persone che non si inserivano nella società. C’erano motociclisti, hippy e nudisti in giro. Era una sorta di pezzo caotico di paradiso.

Oggi 1.000 residenti, tra cui 250 bambini, vivono negli edifici coperti di graffiti e nelle casette di legno lungo le mura storiche di Copenaghen. Con locali musicali, caffè vegetariani e negozi di souvenir, è anche una delle principali destinazioni turistiche del paese.

Marios Orozco, proprietario di una galleria d’arte ai microfoni della BBC.

Una micro società autogestita che, negli anni, nonostante i tentativi semi – riusciti di regolarizzazione statale; nel 2012, infatti, la Freetown Christiania Foundation ha legalmente comprato il terreno della comunità, è riuscita a mantenere – tutto sommato – lo spirito originario.

Non è mancato chi ha visto, in questo compromesso, un tradimento: essere divenuti schiavi delle dinamiche capitalistiche.


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