La crisi strangola i cervelli: meno matricole e studenti disperati

di Francesco Alessandro Balducci
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 7 Min.

Quella che vi andiamo a raccontare oggi è una storia che probabilmente qualcuno reputerebbe troppo lontana dalla realtà. Magari stentando a credere che sia davvero tutto così. E cercando, come un ago in un pagliaio, il fattore che giustifichi tutto.

Di giustificazioni, invece, ce ne sono ben poche. E mai davvero convincenti.

La storia di oggi parla di come la crisi economica, in uno stato che non ha mai puntato con fermezza e decisione sull’istruzione e sui giovani, stia strangolando intere famiglie. Non parliamo di famiglie a basso reddito, con un solo stipendio e senza la possibilità di immaginare un futuro più roseo di quello che hanno dinnanzi al loro naso. Spesso i figli provenienti da queste famiglie, non arrivano neanche ad iniziare un percorso universitario. Eppure, ironia della sorte, tra agevolazioni e alloggi messi a disposizione dalle università pubbliche, vivrebbero problemi minori, in questo ambito.

Università, Crisi

Ciò di cui vi parliamo, invece, sono famiglie del ceto medio, che sopravvivono anche con due stipendi. E permettono ai figli di sognare qualcosa di più grande. E invece si trovano a sbattere il muso contro la cruda realtà.

La realtà in cui un fuorisede fatica più a trovare un alloggio che sia almeno decente, che a superare un test di ingresso. Una realtà in cui i ragazzi sono chiamati inevitabilmente a diventare adulti, senza preparazione e senza preannuncio di ciò che li attende. In cui le università italiane perdono sia in quantità che in qualità. Ed in cui, chi ha più disponibilità economica, la aumenta sempre di più. Ma dietro lo strato superificiale di una realtà che vuole apparire idiliacca, ci sono i sopravvissuti. Coloro che arrancano faticosamente, caricandosi sulle spalle problemi ed errori che, a volte, neanche gli appartengono.

700 euro al mese, escluse le bollette, per un posto in una doppia non è un’esagerazione: è ciò che avviene tutti i giorni. Così come sono innumerevoli e in costante aumento i casi in cui, per dormire, ci si deve adeguare a materassi a terra in una stanza condivisa da tre o più persone, divani-letto che diventano alloggio pluriennale, cucine che si trasformano in camere da letto, bagni condivisi in 4. O, nel migliore dei casi, a zii e parenti alla lontana che aprono le loro case ai rispettivi nipoti. Tutto ciò non è il ritratto di un film di Hitchcock, non siamo nelle favelas di Salvador de Bahia. Siamo in Italia.

I problemi della crisi, però, è bene dirlo, non riguardano solo gli studenti. Sono in netto e dichirato aumento i casi di genitori ultrasessantenni costretti a lavorare 10 o 12 ore al giorno. Così come i casi di parenti che arrivano a rinunciare a frazioni ingenti di stipendio per garantire una sopravvivenza dignitosa ai loro figli. E, dulcis in fundo, anche a nonni che devolvono interamente la loro pensione ai nipoti, in un insperato istinto che conduce al ricambio generazionale.

Gli studenti che uniscono studio e lavoro, spesso sottopagato, sono ormai all’ordine del giorno. Così tanto, che ormai è considerata la normalità. Ma lo è? Uno studente che persegue il suo sogno in un’università che gli garantisca un futuro più roseo, deve davvero sacrificare i suoi week-end per meno di 5 euro all’ora? Uno studente di architettura può davvero finire in un pub a servire birre per 5 anni?

Senza contare, poi, tutta una serie di problmatiche secondarie a queste. Sradicare un ragazzo di casa significa, spesso, costringerlo a viaggi dalla Sicilia, verso la Lombardia o l’Emilia-Romagna. L’aspetto psicologico è lasciato in secondo piano, come se fosse scontato che una persona debba trovarsi bene a 800 km da casa. Ulteriori spese per lo psicologo non sono contemplate dalle famiglie, in un periodo di piena crisi. E gli sportelli gratuiti all’università sono merce rara. A questo proposito, anche le spese per tornare dai propri genitori sono esorbitanti. Ci siamo forse scordati tutto quanto è successo in occasione delle votazioni del 25 settembre? E stiamo comunque parlando di un diritto, per il quale, qualche sconto c’è stato.

Crisi

Poi va anche considerato l’aspetto dei coinquilini e degli affittuari. Ricerche di mesi e mesi, con costanti e frequentissimi “No” per quanto riguarda la presenza di animali in casa. Oppure compagni di casa spesso lontanissimi dalle tue esigenze e passioni, con cui diventa difficile anche creare un rapporto perchè non c’è comunanza di interessi.

Situazioni di emergenza che diventano non solo situazioni normali, ma, addirittura, spesso anche straordinarie. Il tutto, aspetto più importante, per un futuro che non ha nulla di certo e concreto. Quante sono le università che realmente garantiscono un lavoro adegato a fine ciclo di studi? Poche. Quasi tutte private. E con costi fuori budget per la stragrande maggioranza della popolazione. E quanti sono, invece, i casi di studenti provenienti da famiglie facoltose che riescono a trovare impiego subito, solo grazie all’influenza parentale? Tanti. Se ne perde il conto.

In questo modo, i fuorisede calano vertiginosamente. Ma la crisi sta avendo influenza anche sui pendolari o su chi studia “sul posto“. In questo nuovo anno accademico, il numero di matricole si è abbassato del 3%. Un dato che può aprire, indubbiamente, un baratro profondissimo in cui crollano le certezze di un paese che fatica a garantire un futuro radioso.

In un percorso che non ha un inizio stabile e non ha fine certe, resta solo un cumulo di giovani appena ventenni spaesati. Un groviglio di anime slegate dai corpi, che cercano una strada da seguire. Le indicazioni da seguire non ci sono. E se ci sono, spesso sono anche sbagliate.

In questo modo, l’Italia in crisi sta favorendo una penuria di cervelli. Le eccellenze vanno all’estero, perchè qui c’è poco da offrire. E il Belpaese si lecca le ferite di una fuga di cervelli che spesso è anche l’origine, non solo la conseguenza, del problema.

Scritto da Francesco Alessandro Balducci


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