Esterno notte (2022): la prospettiva di Bellocchio sul caso Moro

di Emanuele Fornito
6 Min.

Trama

Una nuova prospettiva su uno degli episodi più oscuri della Prima Repubblica: il rapimento Moro, avvenuto nella primavera del 1978.

Recensione

Il celebre regista Marco Bellocchio torna, dopo tre anni dall’ultimo film, con una seconda “interpretazione” del rapimento Moro. Già nel 2003, infatti, il regista aveva pubblicato Buongiorno, notte, incentrato in particolar modo sui momenti della prigionia dello statista democristiano. Con Esterno notte, tuttavia, la prospettiva viene cambiata completamente. Ad essere analizzati sono i fatti che riguardarono i protagonisti esterni del rapimento: politici, brigatisti, familiari.

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Candidato a ben 18 David di Donatello e presentato al cinema in due parti (ora disponibile su Netflix e Rai Play in sei episodi), Esterno notte riapre con grande maestria cinematografica un caso della storia repubblicana attorno a cui aleggiano ancora tanti, troppi misteri. Quella offerta da Bellocchio è una versione che riesce ad unire una soddisfacente fedeltà storica (attenta anche ai dettagli) alla reinterpretazione in chiave romanzata, che riguarda soprattutto il finale. La forza di Esterno notte è proprio la capacità del regista di spingersi oltre alla semplice narrazione storica: ad essere indagati sono i tormenti psicologici dei protagonisti della vicenda (il ministro dell’Interno Cossiga e la brigatista Faranda tra tutti), i loro drammi personali, attraverso sequenze (semi)oniriche e allegoriche, che riescono ad entrare in perfetta consonanza con i fatti narrati, rendendo il risultato finale di notevole portata.

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In realtà, questa è una caratteristica che Bellocchio aveva introdotto già con il precedente Buongiorno, notte e che ha deciso (e il risultato gli dà sicuramente ragione) di reintrodurre in questo film. E, come nel 2003, a ritornare è anche un finale alternativo: la liberazione di Moro. Sì perché, oltre ad immaginare quelli che possono essere stati i moti psicologici dei personaggi, gli sceneggiatori decidono di inserire anche quello che, molto probabilmente, sarebbe stato l’esito migliore per Moro, per la sua famiglia, da un lato anche per le BR (la cui scelta di uccidere il politico pugliese viene criticata anche nel film, attraverso i brigatisti Morucci e Faranda che, nella realtà, si opposero davvero all’esecuzione), ma forse non per la classe politica di allora e per chi c’era dietro di essa.

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Ed è proprio rivolta alla classe politica la critica di cui Esterno notte si fa portavoce: il film ci porta infatti a riflettere sulla completa negligenza ed intransigenza da parte della DC verso il proprio presidente, per il cui salvataggio si era mosso concretamente soltanto l’allora papa Paolo VI, nel film interpretato da Toni Servillo (e che nella realtà era amico intimo di Aldo Moro). Resta, tuttavia, impossibile ignorare una tendenza, per l’appunto, biasimante proprio nei confronti di coloro che avevano il potere di cambiare le carte in tavola: oltre a fare luce sulle scelte che, alla fine, finirono per isolare completamente Moro (come la scelta, secondo consiglio americano, di farlo dipingere come pazzo), il film “umorizza” velatamente sulle meccaniche formalità della politica, oltre a comportamenti completamente disumani e di chiara indifferenza, come nel caso del presidente Leone alla richiesta d’aiuto della coniugata Moro.

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Ne emerge dunque un quadro che, al di là delle diverse opinioni, risulta quanto più veritiero sui fatti drammatici del rapimento Moro, in quanto costituito da una generale mancanza di volontà di salvare l’allora presidente della DC, intento a costituire un governo con il PCI di Berlinguer. D’altronde, lo stesso Moro, nel suo memoriale (a cui sono state sottratte numerose pagine, altre censurate), si scaglia in maniera molto critica verso i suoi alleati di partito, denunciando la strategia di definirlo pazzo, oltre a fare chiari riferimenti ad operazioni segrete, come quella di Gladio, che allora erano comprensibili solo a chi ne era a conoscenza. Naturalmente, il film lascia allo spettatore la libera interpretazione su quanto raccontato, così come la si lascia al lettore di questo articolo.

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Esterno notte riconferma dunque la maestria registica di Marco Bellocchio, il quale dimostra ancora una volta di essere ancora tra i migliori registi italiani. L’intera composizione, il posizionamento della cinepresa e la bellezza estetica e cinematografica delle diverse sequenze, come quelle oniriche, compongono una narrazione sui fatti riguardanti il sequestro Moro davvero notevole, interessante ed appassionante, mantenendo al tempo stesso, come già spiegato in precedenza, fedeltà storica. Ancora una volta Bellocchio si affida ad una grande interpretazione del suo attore protagonista (dopo Pierfrancesco Favino ne Il Traditore), con Fabrizio Gifuni che, nei panni di Aldo Moro, compie un’impressionante esecuzione.

Scritto da Emanuele Fornito


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