La dissoluzione dell’URSS e l’indipendenza delle repubbliche sovietiche

di Emanuele Lo Giudice
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 9 Min.

10mila km di distanza tra i due punti estremi, un regime monopartitico e una federazione di 15 Repubbliche; l’URSS ebbe una vita lunga quasi 69 anni. Cosa portò allo sfaldamento e alla morte del nemico principale degli Stati Uniti durante gli anni della guerra fredda?

Nata nel 1922 dalle ceneri di quello che era stato l’impero russo, l’Unione Sovietica si estendeva per più di 22 milioni di km², tra l’Europa orientale e l’Asia settentrionale. Superpotenza militare ed economica sin dalla fine della seconda guerra mondiale, divenne nel tempo uno dei protagonisti principali della storia del secondo ’900, scontrandosi ideologicamente con gli Stati Uniti in una guerra mai combattuta, denominata per tale ragione ”fredda”. L’URSS ebbe una vita lunga, attraversando quasi per intero il XX secolo e rendendosi protagonista di diversi eventi storici di grande importanza.

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Lontana dall’evoluzione democratica e liberale che ha connotato lo sviluppo di diverse potenze europee nel corso del 1900, l’URSS originò dalla successione di tre importanti rivoluzioni. La sconfitta zarista nella guerra russo-giapponese (1904-1905), portò grande scontento nella popolazione russa, la quale diede il via ad una rivoluzione dopo la repressione di una manifestazione pacifica degli operai di San Pietroburgo. Arrivata nelle aree rurali e nel mondo operaio, la rivoluzione portò all’istituzione di consigli rivoluzionari (Soviet), i quali divennero negli anni successivi la base costituzionale della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFS Russa) e poi dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). I soviet divennero in gran parte dei casi centri dell’insurrezione armata durante la Rivoluzione, ma con la fine di essa cessarono la loro attività, ripresa solo nel 1917, durante la Rivoluzione di Febbraio. Prima fase della Rivoluzione Russa, portò all’abdicazione dello Zar Nicola II e al recesso dell’Impero russo dalla Grande guerra (formalmente il 3 Marzo 1918 con il Trattato di Brest-Litovsk), nonché alla fine dell’autocrazia zarista e alla morte dei componenti della famiglia Romanov, deposti e fucilati ad Ekaterinburg nel Luglio del 1918. All’abdicazione di Nicola II seguì la presa del potere da parte dei bolscevichi (sostenitori delle tesi leniniste) nella seconda fase della Rivoluzione, detta ”d’Ottobre”, che vide l’instaurazione della Repubblica sovietica e l’inizio della guerra civile (novembre 1917-ottobre 1922). Al concludersi della guerra civile, la Repubblica dei Soviet divenne il primo Stato socialista del mondo; l’Unione Sovietica (30 Dicembre 1922), prima sotto la guida di Lenin e poi di Stalin, divenne attore importante e principale del ’900.

La dissoluzione, quali ragioni?

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In vita dal 1922, l’Unione Sovietica sopravvisse alla Grande guerra, uscendone vincitrice alla resa della Germania e del Giappone. Seduta al tavolo delle potenze vincitrici (e acquisito il seggio permanente al CdS ONU dopo la sua istituzione), si trovò assieme agli Alleati a dover discutere di un nuovo ordine mondiale, il quale doveva evitare il riproporsi degli eventi che avevano portato il mondo allo scontro armato nel 1939. Un’iniziale collaborazione portò ad una cooperazione con il mondo occidentale, con il quale però i primi dissidi iniziarono a cavallo tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50 (crisi di Berlino del 1948). Le crescenti tensioni tra l’Unione Sovietica e le altre potenze vincitrici potò nel corso degli anni alla formazione di due blocchi contrapposti: il blocco occidentale (nel quale capeggiavano gli Stati Uniti) si poneva in contrasto con il blocco sovietico, di cui l’URSS teneva le redini. Già con la crisi di Berlino l’Unione Sovietica aveva mostrato la propria natura autoritaria, la quale si era nel tempo consolidata attorno alla figura di Stalin, il quale governò l’URSS dal 1922 al 1953. Dopo la morte di Stalin, il quale culto venne denunciato per la prima volta da Chruščëv (suo successore), l’Unione Sovietica continuò a mantenere salda la sua posizione di contrasto con gli Stati Uniti, che la portò lentamente allo sfaldamento. I momenti i tensione e di distensione caratterizzarono la vita della comunità internazionale per tutta la seconda metà del ’900, al termine del quale l’Unione Sovietica era ormai un ricordo.

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La scomparsa dell’esponete più grande del mondo socialista in guerra con quello capitalista è stata la conseguenza di diverse situazioni che si sono intrecciate negli ultimi decenni di vita dell’Unione. La Crisi missilistica di Cuba (1962), per esempio, mise a dura prova i due blocchi mondiali, che si trovarono a un passo dal conflitto armato.

Fu con Gorbaciov che si vide il tramonto dell’URSS, la cui economia era ormai al collasso e la divisione popolare aveva portato ad un’instabilità sociale alta. Le riforme avviate da Gorbaciov e la politica estera della distensione provocarono uno squilibri nella gestione politica della federazione, il quale era ormai ad un passo dalla crisi. La Perestrojka e la Glasnost, nonché un cambio ai vertici del Ministero della propaganda indussero i Mass media ad allontanarsi dal partito, che si ritrovò ben presto sotto critica.

La ”dottrina Sinatra” gorbacioviana promise agli altri Stati socialisti dell’Europa orientale l’instaurazione di una politica della ”non ingerenza”, decisione che di fatto permise l’avvio di una transizione politica ed economica verso l’economia di mercato. I primi cedimenti si videro con i paesi baltici, decenni prima invasi da Stalin, che videro crescere un profondo senso di nazionalismo, tanto da chiedere l’indipendenza ancora prima dello sfaldamento ufficiale dell’Unione. Ulteriore distaccamento fu quello della Germania Est, che nel 1990 venne inglobata dalla Repubblica Federale di Germania per la ricostituzione di un’entità tedesca unitaria. La caduta del muro di Berlino fece cadere la ”cortina di ferro” che dal 1961 era fisicamente presente in Europa, evento che mise fine alla guerra fredda e spinse il nazionalismo delle Repubbliche sovietiche a crescere rapidamente. La dissoluzione del Patto di Varsavia, inoltre, fece venire meno uno degli ultimi bricioli di solidità del blocco sovietico.

Il Putsch di Agosto e l’ufficiale fine dell’URSS.

Nel 1991 un tentato colpo di Stato tentò di rovesciare Gorbaciov, che ormai era messo in una posizione di svantaggio dai vertici militari dello Stato. La messa al bando del Partito Comunista accelerò la formalizzazione della dissoluzione dell’URSS, considerando che già l’8 Dicembre 1991 venne firmato l’Accordo di Belavezha (o di Minsk), tramite il quale i Presidenti di Russia, Ucraina e Bielorussa decretarono la fine dell’Unione Sovietica come soggetto di diritto internazionale. Boris El’cin era alla guida della Russia già al Luglio del 1991, con lui Gorbaciov mise fine al suo segretariato e diede le dimissioni dalla Presidenza dell’Unione il 25 Dicembre dello stesso anno; il giorno successivo l’Unione Sovietica decadde come entità geopolitica e venne meno, lasciando spazio ad una comunità di stati indipendenti, i quali già dal 1990 avevano rapidamente acquisito la propria indipendenza.

Ciò che l’Unione Sovietica lasciava in eredità venne acquisito dalla Russia la quale sostituì l’URSS anche al Consiglio di Sicurezza ONU.

Scritto da Emanuele Lo Giudice


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