Il delitto d’onore: espressione di un’epoca ancora troppo vicina

di Costanza Maugeri
11 Min.

Oggi 8 Marzo, giornata internazionale della donna, abbiamo deciso di parlarvi di un tema poco discusso, ma che ha rappresentato fino a pochissimi decenni fa l’espressione di un’epoca profondamente patriarcale, che sotto numerosissimi aspetti ancora ci appartiene.

Cosa si intende con l’espressione “delitto d’onore”?

Ancor prima di delineare il concetto di delitto d’onore, è essenziale comprendere il significato di onore ad esso strettamente legato.

L’onore è la condizione per cui un individuo gode di dignità e valore morale riconosciuto unanimemente dalla società.

Ad essi consegue una reputazione positiva che si crea attraverso una condotta di vita socialmente accettabile.

In particolar modo in Italia, in tempi non molto lontani, la donna conservava il suo onore restando vergine fino al matrimonio e, dopo quest’ultimo, prestando incondizionata fedeltà al marito.

Il delitto d’onore si compiva in caso di adulterio. Se i componenti maschi di una famiglia, scoperta in flagranza la relazione extraconiugale della moglie, della sorella o della figlia, avessero ucciso il suo amante o entrambi, avrebbero avuto il diritto ad un’attenuante della pena.

Essa si basava sull’idea che uccidere l’amante della moglie, della sorella, della figlia o ella stessa fosse una reazione naturale, seppur violenta, per difendere il proprio onore e l’onore della propria famiglia.

Cosa recitava il Codice penale italiano?

Il delitto d’onore, abrogato dall’art. 1, della Legge del 5 agosto 1981, n. 442 era punito secondo l’articolo 587 del Codice Penale intitolato “Omicidio e lesione personale a causa di onore” e recitava:

Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in delitto d’onore ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona, che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.

Leggendo attentamente l’articolo è basilare focalizzarci su due fattori: la donna percepita come proprietà dell’uomo e il concetto di stato d’ira.

Delitto d’onore: “Lo stato d’ira determinato dall’offesa”

Una delle condizioni che avrebbe potuto far scattare il delitto d’onore era lo stato d’ira determinato dall’offesa.

La domanda sorge spontanea: ” Come si dimostrava che il delitto fosse avvenuto in seguito ad un scatto d’ira?”

Lo stato d’ira o meglio le condizioni che lo validano, come è logicamente immaginabile, sono talmente difficili da dimostrare che l’aggiunta di queste ultime appare come un mero modo per legittimare l’attenuante della pena.

La donna come proprietà dell’uomo

L’idea che sta alla base del delitto d’onore è il percepire la donna come proprietà dei componenti maschi della famiglia.

Questa visione è l’espressione ultima e nello stesso tempo principio della società patriarcale dell’epoca: la donna come oggetto e come tale priva di volontà e libertà. Una donna che deve essere protetta, difesa dall’uomo, allontanata dall’espressione del suo libero arbitrio e punita in caso esprima quest’ultimo come rivendicazione della sua individualità.

Il matrimonio ripatore: tacere una violenza sessuale

I delitti d’onore in Italia furono numerosi, ma ancora più diffuso fu il cosiddetto matrimonio riparatore.

L’articolo, il 544 recitava: “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio che l’autore del reato contragga con la persona offesa estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.

L’articolo del codice penale sopra citato pone un velo di silenzio sulla violenza sessuale. Uno stupratore, sposando la sua vittima, avrebbe ottenuto l’estinzione del reato. L’articolo penale “metteva in regola ” la violenza sessuale.

Una doppia violenza per la vittima: dopo essere stata violentata avrebbe dovuto sposare il suo carnefice per “mantenere intatto il suo onore”.

Franca Viola: colei che rifiutò il matrimonio ripatore

Franca Viola

Il 26 Dicembre 1965 Franca Viola, una ragazza siciliana 17enne, venne rapita ad Alcamo e violentata da Filippo Melodia.

Quest’ultimo, imparentato con la famiglia mafiosa dei Rimi, la tenne segregata fino al 2 Gennaio 1966, giorno in cui venne liberata dai Carabinieri.

Come sopra affermato, l’unica possibilità per una ragazza violentata che volesse proteggere la sua reputazione era quella di sposare il suo violentatore.

Franca si ribellò, rifiutando il matrimonio.

Il padre, rispettando la decisione della figlia, in accordo con i carabinieri, tese una trappola a Melodia: finse di acconsentire alle nozze, diede un appuntamento ai rapitori, compreso lo stesso Melodia e li fece arrestare.

La famiglia ricevette numerose minacce e in Italia l’opinione pubblica si divise.

La difesa di Melodia tentò di minimizzare l’accaduto, sostenendo che si trattasse della cosiddetta “fuitina”, fuga amorosa consensuale di cui i genitori della coppia non erano a conoscenza, diffusa in Sicilia fino a pochi decenni fa.

Ma non si trattava di una fuga amorosa consensuale, bensì di una violenza sessuale.

E forse con la storia di Franca Viola, in Italia si parlò per la prima volta dello stupro come reato da punire.

Franca Viola svegliò le coscienze.

Filippo Melodia venne condannato a 11 anni di carcere per violenza carnale, violazione di domicilio, lesioni e danneggiamenti.

Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce.

Franca viola

Il delitto d’onore nel mondo: i casi eclatanti del Pakistan e dell’India

Il delitto d’onore è ancora diffusissimo in alcuni Paesi del mondo.

Primo fra tutti il Pakistan.

La legge pakistana condanna il delitto d’onore detto karo-kari, ma il reato è una consuetudine così antica da sfuggire al controllo giudiziario.

Secondo le stime dell’Onu ogni anno il Paese conta almeno mille vittime a causa del delitto d’onore.

Le donne pakistane vengono considerate proprietà della famiglia o meglio dei componenti maschi di quest’ultima.

Essi commettono il delitto d’onore quando la donna:

  • non giunge vergine al matrimonio
  • rifiuta un matrimonio forzato
  • tradisce il marito
  • chiede il divorzio
  • viene accusata di essere stata violentata

Come è possibile immaginare moltissimi omicidi non vengono registrati e muoiono nel silenzio così come le vittime, ciò significa che il numero delle donne uccise è molto più alto di quello documentato.

Non c’è onore nell’uccidere

Anche in India il delitto d’onore fonda le sue radici in tempi molto lontani.

La Costituzione indiana garantisce la libertà di ogni individuo in base al concetto di laicità dello Stato, ma nella realtà dei fatti non è affatto così.

Quando una persona, con particolare riferimento alle donne, si sposa con un’altra di religione o di casta diversa da quella della famiglia d’origine, cosa succede?

Il matrimonio rappresenta un disonore e per tale motivo spessissimo si giunge al delitto.

Ma l’elenco dei Paesi in cui esiste ancore il delitto d’onore purtroppo non è completo. E’ ancora documentato in:

  • Giordania
  • Turchia
  • Cisgiordania
  • Egitto
  • Anatolia

Un elenco che si potrebbe aggiornare all’infinito, che testimonia che non è corretto parlare di Paesi patriarcali, ma di un mondo che fonda le sue radici in un sistema patriarcale.

Per tale ragione oggi 8 Marzo a noi non piace assolutamente chiamarla “La festa della donna”, bensì La Giornata internazionale dei diritti della donna.

Che ci serva come un monito perchè:

Finché ci sarà una sola donna minacciata in quanto donna, noi non avremo pace.

(Lidia Ravera)

Scritto da Costanza Maugeri


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