È morto Jean-Luc Godard

di Michele Ponticelli
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 10 Min.

All’età di 91 anni ci ha lasciato uno dei padri fondatori di una delle, se non la più influente corrente cinematografica contemporanea, La Nouvelle Vague, corrente nata in Francia nel 1959 con lo scopo di catturare lo “splendore del vero“.

Ricordiamo che i film manifesto di questo periodo sono: “Le Beau Serge” (1958) di Claude Chabrol, “Les Quatre Cents Coups” (1959) di  François Truffaut, sempre di ChabrolLes Cousins” (1959), il capolavoro di Alan ResnaisHiroshima Mon Amour” (1959), per poi arrivare infine ad “À bout de souffle” (1960) il film più conosciuto e forse il più influente, del purtroppo oggi compianto Jean-Luc Godard.

Scena realizzata da Jean-Luc Godard in “Vivre sa Vie” (1962)

Una personalità quella del maestro Godard molto particolare e controversa, la quale ha ispirato ogni genere di artista, un’influenza che non si limita solo alla città natale e neanche a zone ad essa limitrofe, ma di caratura mondiale. Jean-Luc Godard è un regista che non ha bisogno della prova del tempo: le sue opere vivranno in eterno; e soprattutto, le sue pellicole sono moderne come le tematiche trattate. I modi in cui lui le ha trattate, così come il suo linguaggio cinematografico sono unici, emblematici e senza peli sulla lingua. (Che forse è la ragione) per cui non era tollerato dai critici d’arte.

La cultura è la regola; l’arte è l’eccezione.

Jean-Luc Godard

Questa citazione dello stesso Godard pensiamo sia una solida risposta a tutte le critiche ricevute sul suo conto.

Scena del film “Pierrot le fou” (1965) diretto da Jean-Luc Godard

Biografia

Nasce a Parigi il 3 dicembre 1930 in una ricca famiglia borghese protestante di origine svizzera. Il padre era medico e la madre discendente da una famiglia di banchieri. Godard compie i suoi studi presso un collegio svizzero e nella sua città natale dove, dopo il liceo, frequenta la Sorbona ottenendo, nel 1949, un diploma in etnologia.
I primi passi nel mondo del cinema non li fa da regista ma da critico, anche lì riconosciuto in maniera unica a causa delle sue radicali critiche scritte su riviste come “Arts” oppure sull’importantissimo “Cahiers du cinéma“.
Il suo primo articolo risale al 1950 pubblicato sulla “Gazette du Cinéma“, intitolato “Joseph Mankiewicz” (regista americano tra i più importanti deglli ’50-’60) e nel 1952 arriva sul “Cahier du cinéma” con un nome fittizio: Hans Lucas, dove pubblica tre articoli: una breve recensione su Rudolph Maté (regista polacco), una più impegnata recensione su L’altro uomo di Alfred Hitchcock e un saggio dal titolo Difesa e illustrazione del découpage classico che dimostra la sua visione totalizzante delle arti come la letteratura, il cinema e la pittura. Tra il 1953 e il 1955 Godard ha abbandonato l’attività di critico cinematografico, viaggia nelle Americhe per poi assumere un impiego nella costruzione della diga della Grande Dixence in Svizzera. Da questa esperienza nascerà l’idea per un primo cortometraggio, “Opération béton”, che verrà realizzato nel 1955 con il finanziamento della ditta appaltatrice.
Ritornato a Parigi inizia a cimentarsi nei cortometraggi a soggetto. Nel suo terzo cortometraggio, Charlotte et son Jules (1958), doppia la voce di Jean-Paul Belmondo e nel quarto, Une histoire d’eau (sempre del 1958), collabora con il regista François Truffaut che l’anno seguente gli fornirà il soggetto per il suo primo lungometraggio.

Iconica scena del film “Bande à part” diretto da Godard, poi omaggiato dal grandissimo Benardo Bertolucci nel suo controverso film “The dreamers”

Il primo lungometraggio che dirige sarà poi quello che cambierà il futuro del cinema mondiale, risalente al 1959 e pellicola che diventerà il vessillo della Nouvelle Vague: “Fino all’ultimo respiro” (À bout de souffle), girato in sole 4 settimane con budget limitatissimo e il solo uso di una cinepresa a mano, ottiene il premio Jean Vigo e l’Orso d’argento a Berlino. Sguardo in macchina, montaggio frenetico, movimenti sconnessi, trama frammentata e quindi senza ordine, questi sono solo alcuni elementi del film, che poi verranno ritrovati in tutta la filmografia Godardiana. Tutte queste trasgressioni saranno utilizzata non solo da Godard ma da tutti i membri della Nouvelle Vague per distanziarsi dal cosiddetto “cinema de papà”. Sono inoltre presenti anche molti tributi al cinema americano degli anni ’50 da cui straripa tutta la cinefilia di Godard

“Un Film che ha cambiato irreversibilmente non solo il modo di fare cinema ma anche il sentimento, l’idea del cinema”

Gianni Canova (critico cinematografico)
Frame del manifesto della Nouvelle Vague: À bout de souffle diretto da Godard

La filmografia di Godard viene sempre influenzata dal periodo che l’artista stesso vive dal 1960 al 1967, periodo di florida creatività dove realizza 22 pellicole tra lungometraggi e cortometraggi.
In questi anni di forte creatività viene affascinato dai contenuti dell’immagine contemporanea: attori, riviste, pubblicità e fumetti.
Da questo periodo fuoriescono film del calibro di: Pierrot le Fou, Bande à part, Alphaville: une étrange aventure de Lemmy Caution e tanti altri.
Dal ’66 abbraccia le teorie marxiste, trasformando il suo cinema in un luogo in cui criticare la civiltà dei consumi e gli stessi rapporti umani influenzati da essa: basti pensare film come La Chinoise (1967)

Scena presa dal Film “La Chinoise” diretto da Jean-Luc Godard

Con altri Cineasti nel 1969 forma il Gruppo Dziga Vertov, provando ad approcciarsi ad un cinema collettivo abolendo il ruolo di attore dato che il suo ruolo in quanto tale è dettato da un ideologia gerarchica e autoritaria. Fino a quei momenti Godard è sempre stato molto attivo come artista in quanto tale, ma a causa di un incidente stradale rimane obbligato a stare chiuso in ospedale per mesi (anche date le prime discrepanze che stavano nascendo dentro il gruppo). Per mesi rimane chiuso in sè stesso in una sorta di ricerca del proprio “io” artistico e politico. Solo nel ’72 realizza insieme a Jean-Pierre Gorin un’indagine sullo stato degli intelletuali nella stagione del riflusso post-sessantottesco.
Inizia poi per lui un periodo di ripensamento dettato dalla fine del movimento. Tiene alcune conferenze sulla storia del cinema all’università di Montréal , per poi ritirarsi a Grenoble.

In Foto: Jean-Luc Godard

Con l’avvento delle tecnologie elettroniche nel cinema, inizia l’ultimo periodo della vita di Godard dove tende a una forte sperimentazione in cui il video viene usato per una critica fatta per immagini alle stesse immagini.
Inoltre nasce un attenzione più viva per le tematiche del privato, soprattutto quello familiare che vengono ripresi in maniera molto intima come ad esempio in “Si salvi chi può (la vita)“, il quale fa parte di un gruppo di film di grande bellezza formale: infatti “Si salvi chi può (la vita)” è solo il primo, seguito da Passion (1982), Prénom Carmen (1983) e Je vous salue, Marie (1985)
Inoltre troviamo un ritorno di un largo uso della musica classica specialmente di Mozart e Beethoven (già usata spesso nei primi anni di produzione).
Troviamo poi altre produzioni poco conosciute con cui il regista ha deciso di “divertirsi”: ne sono esempi “Éloge de l’amour” (2001), o anche il film Germania nove zero (1991) che si modella su Germania anno zero (1948) di Roberto Rossellini.
Muore il 13 settembre 2022 mediante il suicidio assistito, seppur in buona salute, in Svizzera, dove viveva dal 1970.
Il Maestro Jean-Luc Godard voleva rendere note pubblicamente le sue ragioni: “Era esausto della vita

Gli autori di questo triste articolo vogliono ringraziare personalmente, dal fondo del loro cuore e della loro anima, un Artista, un visionario, un rivoluzionario, un uomo Libero fino alla fine.

Nouvelle Vague (1990) diretto da Jean-Luc Godard

Scritto da Michele Ponticelli in collaborazione con Emanuele Fornito


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