130 anni fa, Kokichi Mikimoto e la prima perla coltivata

di Alessio Pio Pierro
5 Min.

Nell’ambito della gioielleria la perla è divenuta col tempo un “must” nei colli di migliaia di persone poichè rappresenta con semplicità la raffinatezza, la purezza e volendo anche l’ingenuità, ma anche la passione e la fortuna.

Questa veniva già usata come accessorio nell’antica Roma e nell’antica Grecia come status symbol della ricchezza e del prestigio. Inoltre, anche i nativi americani la usavano per la gioielleria ed il commercio, e nonostante la scoperta di questo materiale da parte dei coloni, non divenne mai molto rinomata nell’età moderna in Occidente, anche a causa dell’inquinamento delle acque per l’industrializzazione. Poco prima del periodo Meiji però, il Giappone sviluppó fortemente il commercio internazionale e le sue perle naturali, già considerate preziosissime, diventarono ancor più richieste e costose.

Le perle naturali sono create dalla natura in modo casuale ed eventi marini come le “onde rosse” (fenomeni che provocano una eccessiva concentrazione di plancton) e variazioni nella temperatura dell’acqua sono la causa di ripetuti fallimenti da parte degli uomini nella volontà di scoprire i segreti della perla.

Da questo un uomo giapponese ebbe un’intuizione: dopo esperimenti e fallimenti, Kokichi Mikimoto l’11 luglio di 130 anni fa ottiene la prima perla coltivata di cui abbiamo conoscenza.

Kokichi Mikimoto, il signore delle perle

Mikimoto nasce nel 1858 da uno chef giapponese di udon noodle e dopo aver lavorato per l’attività di famiglia decide di lasciarla per perseguire il suo sogno di coltivare perle. Col tempo scopre una formula chimica che poteva essere iniettata direttamente in un’ostrica, per stimolare la crescita di una sacca di perle e strati di madreperla.

Nel 1888, Mikimoto Kokichi avvia il suo primo allevamento di perle di ostriche ad Ago Bay, nella città di Shima, nella prefettura di Mie. Nel 1890 realizza due impianti con i quali dà il via alla coltivazione, uno a Toba e uno nella Baia di Ago, ma nonostante la costante dedizione sia nell’anima che nel corpo, la prima generazione di molluschi non produce niente e l’intera coltivazione viene spazzata via dalla marea rossa di alghe. Successivamente a questo fallimento ne subisce uno ancora più demotivante, perde sempre a causa delle onde rosse altre 1000 ostriche.  Aiutato anche da sua moglie Ume però Mikimoto non si arrende, e nonostante sia sull’orlo della bancarotta ed abbia i creditori che stanno per abbandonare gli aiuti per la riuscita dei suoi esperimenti, ha ancora speranza.

perle

Kokichi Mikimoto mentre studia le sue ostriche.

Aveva imparato con l’esperienza a non uccidere il mollusco aprendo il guscio e ad inserire quel frammento di materia epiteliale nella posizione migliore dell’ostriche, così che per reazione la ricoprisse di strati di madreperla. E dopo la lunghissima attesa, ottiene l’11 luglio del 1893 la sua prima perla coltivata.

La ripresa economica nipponica grazie alla perla ed il marchio “Mikimoto”

Ai tempi di Mikimoto le perle venivano già vendute dall’Inghilterra che attraverso la Compagnia delle Indie, raccoglieva e vendeva le perle in Occidente, ma non erano mai sufficienti, e di conseguenza il mercato delle perle non aveva subito un’evoluzione. Per questo motivo la loro coltivazione divenne un metodo molto importante ed innovativo per il mercato, ma soprattutto per il Giappone che dopo un periodo di stallo e sfiducia potè riprendersi anche grazie al signore delle perle.

Difatti dopo la scoperta della prima perla (seppur sia semisferica) Mikimoto crea una comunità di 40 persone che lavorano stabilmente per lui, successivamente decide di usare solo ostriche Akoya, perché garantiscono la qualità migliore. Apre poi la sua prima boutique all’occidentale a Tokyo nel 1899, nel 1901 raggiunge il milione di ostriche coltivate, nel 1905 brevetta la perla sferica e nel 1907 presenta i primi gioielli finiti a firma Mikimoto. Successivamente, decide di mandare 2 dei suoi 5 figli in America per marchiare il territorio, e ci fa fortuna, puntando su un’identità molto autentica dei suoi prodotti, tanto che nel 1932 non esita a dar fuoco a una piccola montagna di perle davanti alla Camera di Commercio di Kobe per protesta contro lo svilimento della sua arte divenuta troppo superficiale a causa della volontà di raggiungimento del successo in tempi brevi.

Dopo la seconda guerra mondiale a Bombay, Shangai, Parigi e in vari stati degli States vengono aperti i negozi Mikimoto. Nell’industria della gioielleria si diffonde rapidamente la voce sulla reputazione di qualità di Mikimoto e così la domanda per le sue perle coltivate cresce rapidamente. Nel 1935, il marchio ha oltre 350 allevamenti di perle in tutto il Giappone e coltiva oltre 10 milioni di perle all’anno.

Mikimoto, il simbolo della cultura giapponese

Ad oggi, Mikimoto è fonte di orgoglio per i giapponesi che sentono la rappresentazione della loro cultura e morale attraverso la storia delle perle dell’genio Kokichi che per anni si è dedicato con pazienza alla coltivazione della perla per renderla accessibile a tutti nel rispetto degli ecosistemi e della gente, ricordando uno spirito imprenditoriale che prima dei numeri esorbitanti (oltre $ 400.000 milioni di vendite dalla sua creazione solo da perle e gioielli di perle) deve pensare al rispetto e all’etica.

Scritto da Alessio Pio Pierro

Fonti: Genisi, GemSelect, Nice Die, Business Gentleman, Perla Tv


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