SaturDie Ep.30 – La scomparsa del piccolo Tommaso Onofri

di Gaia Vetrano
15 Min.

La storia di Tommy Onofri racchiude in sé tutti i sospetti, le paure e lo sconforto di un intero paese.

Tutti coloro che hanno la memoria per farlo, ricordano cosa accadde alla famiglia Onofri, il 2 marzo del 2006. Ma nessuno sa cosa successe nel dietro le quinte. I dubbi di chi indagava, quali strategie e quali decisioni vennero messe in atto per questa vicenda.

Da bambini si ha paura del buio. Al di sotto del nostro letto si nascondono sempre dei mostri, figli dell’oscurità nella quale si rifugiano. Le coperte sono sempre il nostro unico scudo. Il calore di casa, e della nostra famiglia. Soprattutto per un bambino di appena un paio di mesi.

Crescendo impariamo a convivere con le nostre paure. Il “mostro” sotto il letto ritorna ad essere semplicemente un batuffolo di polvere, mentre le coperte ci proteggono, sì, ma dal freddo. Per molti, il buio diventa un manto, che assorbe e accoglie nella sua stretta.

Poco fuori la provincia di Parma, a Castelbaroncolo, i campi si distendono a dismisura districandosi nel buio. Chi ci si addentra, vaga per la nebbia.

Castelbaroncolo, paese dove abitava Tommaso Onofri

Qui si mangia presto, già alle 19:30 si cena. Anche a casa Onofri, dove seduti al tavolo troviamo la signora Paola e il signor Paolo Onofri. Assieme a loro Sebastiano, di sette anni, e il piccolo Tommaso, di appena 18 mesi. Entrambi hanno indosso il pigiamino, e sono pronti per andare a dormire.

È il 2 marzo del 2006, il giorno dopo il bambino più grande della casa deve andare a scuola. Un giorno come gli altri.

Se non fosse per i problemi che, al casale Onofri, provocano una continua interruzione della corrente elettrica. All’ennesimo blackout, accese le candele, Paolo si alza da tavola per andare fuori dal tinello a ripristinare la luce. Spalancata la porta fa un passo indietro. Due uomini con il volto coperto, uno da una calzamaglia e l’altro a un casco, entrano prepotentemente in casa.

Uno dei due è agitato. Urla e intima all’altro, più calmo, di fare di fretta. Paola non capisce, sente il frastuono ma non comprende cosa stia succedendo, non riuscendo a vedere. Fino a quando, Sebastiano non grida. Uno punta il coltello alla gola di Paolo, l’altro una pistola dietro il seggiolone di Tommy.

Paola tiene stretta a sé Sebastiano, non riuscendo ad avvicinarsi al più piccolo. I due ladri dichiarano che è una rapina, così la donna si affretta e recupera gli ultimi risparmi messi da parte, 150 euro. Ma non serve a niente.

In un lampo la madre scatta in piedi, ma i due la bloccano e le legano le gambe e le braccia, così come a suo marito e al piccolo Sebastiano.

In poco tempo smette di sentire pianto di Tommaso. Lentamente si gira, dato l’impedimento, e nota con orrore un posto vacante nel seggiolone del bambino. Tommy non c’è, i due rapitori lo hanno strappato via da casa sua e dalla sua famiglia.

Presa dal panico e dall’adrenalina si strappa il nastro adesivo di dosso. Comincia a correre nella gelida campagna padana, sperando di trovare suo figlio, disperso tra le tenebre. Urla il suo nome, ma è tutto inutile. I due rapitori sono già stati inghiottiti dalle tenebre.

La sensazione che suo figlio non tornerà più stritola già il cuore di Paola.

Tommaso Onofri ha solo diciotto mesi. È ancora troppo piccolo per conoscere la differenza tra il mostro sotto il letto e il batuffolo di cotone. Ma soprattutto, è ancora troppo piccolo per sapere che, a volte, i mostri hanno sembianze umane.

Tommaso Onofri

Tutti vogliono aiutare Tommy

Non appena il 113 viene avvertito, l’intero paese ci mette poco tempo per venire a conoscenza della vicenda.

Si viene presto a sapere che Tommy soffre di epilessia, e che ha bisogno di un farmaco specifico, il Tegretol, per non soffrire durante gli attacchi. In poco tempo i telegiornali cominciano a diffondere la storia su tutte le reti. I genitori registrano un videomessaggio nella quale chiedono l’aiuto di tutti.

Le prime ore dopo un rapimento sono sempre le più cruciali, e tutto il Paese viene investito da un senso di urgenza. Tutti vogliono aiutare Tommy. Il piccolo è molto fragile, e Paola teme la noncuranza da parte dei rapitori nei confronti del bambino.

Paola Pellinghelli, la mamma di Tommaso Onofri
Paola Pellinghelli, la mamma di Tommaso Onofri

Una voce continua a ripeterle che non tornerà mai più.

Nel frattempo, gli inquirenti cominciano a chiedersi perché proprio il casale degli Onofri. Il rapimento era premeditato? Oppure un piano di riserva dato il bottino poco fruttuoso? Infatti i due, fatta eccezione dei 150 euro, non hanno rubato nient’altro. Legata la famiglia avrebbero potuto perlustrare la casa e andare in cerca di gioielli, o denaro nascosto.

L’obiettivo sembrava quasi voler recare un danno agli Onofri. La loro non è una famiglia facoltosa. Paolo ha quarantasei anni ed è il direttore di un ufficio postale. Con fatica porta a casa trecento euro al mese. Paola ne ha quarantatré e lavora come impiegata alle poste, ora in aspettativa. I due sono sposati dal 2003. In eredità donano ai figli un mutuo, servito per ristrutturare il casale dove abitano.

I due sono molto diversi. Paola è affettuosa e desiderosa di ricevere attenzioni. Paolo è burbero, enigmatico, forse un po’ anaffettivo. Sul suo diario, Paola scrive di non sentirsi felice e di non essere soddisfatta del suo matrimonio. Si sfoga, affermando di essere stata manipolata dal marito, e che i loro non erano banali problemi coniugali. Da fuori sembrano la famiglia del Mulino Bianco.  

Perché il rapimento? Avrebbe senso farlo per scopo di estorsione?

Gli scheletri nell’armadio di Paolo Onofri

A quattro giorni dal rapimento arriva una telefonata alla Questura di Bologna.

In una pista di motocross, nei pressi del fiume Taro, vengono trovati degli indumenti accartocciati, il flacone di un farmaco, un antimicotico e un pannolino.

Le forze dell’Ordine si recano sul luogo. Gli oggetti vengono portati in Questura, ma la tutina ritrovata non è quella di Tommy.

Le indagini cominciano così dal casale, e dal cane degli Onofri, scomparso anche lui due giorni prima di Tommy. Il sospetto è che Paolo Onofri sia immischiato in qualche giro poco raccomandabile.

Paolo Onofri
Paolo Onofri

Nel linguaggio mafioso, il rapimento del cane ha un significato ben preciso: “Stai attento ai tuoi figli”.

Ecco che le indagini prendono una piega differente. Forse l’animale non è stato allontanato solo per evitare che desse l’allarme, ma anche per dare un messaggio al padrone di casa. Ecco che entra in scena anche un’altra figura, quella di Pasquale Gagliostro, di Ndrangheta.

Questo dichiara di avere delle informazioni su Tommy. Due mesi prima era infatti venuto a conoscenza del piano di alcuni uomini di rapire la moglie e il figlio di un direttore delle poste per chiedere il riscatto. L’uomo non fa nomi perché non sarebbe entrato in contatto con i rapitori.

La cattura di Tommy era premeditata.

Paolo Onofri decide quindi di rompere il silenzio. È stanco, insonne. Alle telecamere si rivolge con la barba incolta e lo sguardo vuoto. Non ha più niente da perdere e si rivolge ai rapitori. Afferma che i colpevoli non hanno scampo, e li interpella come se li conoscesse.

Gli inquirenti cominciano a indagare nella vita dell’uomo. Una figura autorevole e imponente, che si fa valere anche in casa, al fianco di Paola, dolce e introversa.

In un mese vengono intercettate 250 conversazioni telefoniche, mentre si aspettano le chiamate da parte dei rapitori, nella speranza che chiedano il riscatto.

A colpire gli inquirenti è una telefonata tra Paolo e Pasquale Barbera, ovvero colui che aveva diretto i lavori di ristrutturazione della casa. Quest’ultimo chiede a Paolo se avesse fatto i nomi e Paolo risponde di sì, ma non tutti. Barbera si mostra contento, perché così non avrebbe avuto problemi.

Paolo continua a sembrare sempre più coinvolto, fino a quando non scoprono dell’esistenza di un appartamento secondario di sua proprietà. Questo si trova nella periferia di Parma, in via Iachia. All’interno ritrovano un computer.

Al suo interno vengono ritrovate immagini pedopornografiche, che lo dipingono agli occhi dell’intero paese come un mostro da cui stare alla larga.

Il ritrovamento del computer porta a un’altra pista. La scomparsa di Tommy potrebbe essere una punizione nei confronti di Paolo. Trovano 390 foto. Onofri non ha precedenti, se non un piccolo furto da giovane. Ha un temperamento burbero, ma nulla poteva far pensare a tale scandalo.

Agli inquirenti, Onofri dichiara che il materiale non era per suo personale utilizzo, ma che lo stava raccogliendo per sporgere lui stesso denuncia. L’uomo viene scagionato, grazie al suo avvocato.

La pista del Clan dei Muratori per il rapimento di Tommaso Onofri

Settimane dopo, Paolo viene richiamato dalle Forze dell’Ordine per un interrogatorio con un nuovo sospettato. La stampa freme dalla voglia di scoprire chi sia, e trapela l’informazione che potrebbe trattarsi di uno degli operai di Barbera.

Il rapporto, infatti, tra quest’ultimo e Onofri insospettiscono gli inquirenti. Quest’ultimi ritengono possibile che il rapimento sia stato compiuto da qualcuno che conosceva bene la casa, in quanto i rapitori sapevano dove fosse il quadro elettrico, ed erano riusciti a muoversi al buio all’interno del casale.

La pista più palpabile diventa quella del Clan dei Muratori.

Questo fino a quando non arriva una risposta dal RIS, che rivela su un frammento di nastro adesivo un’impronta nitida. La firma è di Salvatore Raimondi, un pregiudicato della zona che aveva lavorato per Barbera per la ristrutturazione della casa.

Gli inquirenti lo cominciano a torchiare per scoprire dove si trova Tommy e chi è l’altro rapitore. Questo è Mario Alessi, muratore siciliano. L’uomo non ha un alibi. Lavora per Barbera e il GPS del suo telefono, la sera del rapimento, ha agganciato la cella a Castelbaroncolo.

Alessi confessa l’omicidio il 1º aprile facendo i nomi dei suoi complici: Antonella Conserva, sua compagna, e Salvatore Raimondi.

La sera del 2 aprile, Mario Alessi conduce gli investigatori e i Vigili del Fuoco a San Prospero Parmense, sulle rive del torrente Enza. Lì avrebbe occultato il corpo.

Tommaso sarebbe morto il 2 marso stesso. In via del Taglione gli agenti trovano il bambino tra la spazzatura e i calcinacci.

Raimondi e Alessi sarebbero arrivati al casale degli Onofri alle 19:40. Il primo con indosso il passamontagna, l’altro con il casco integrale. Con una forcina avrebbero fatto saltare la luce. Il bambino doveva essere portato via e rimanere con loro un paio di giorni, giusto il tempo per ottenere il riscatto.

Il piano prevedeva che Raimondi lasciasse una scheda telefonica in cucina, così da stabilire una via di comunicazione con la famiglia, ma nella foga del momento se lo dimenticano.

Antonella Conserva si sarebbe occupata del bambino, ma una volta fuggiti su uno scooter, i due rapitori si sarebbero separati. Alle 20:45 il telefono di Alessi aggancia la cella di Coenzo. È solo con il bambino, che forse piange e si dimena.

Probabilmente Tommaso vuole solo la mamma.

Tommaso ha solo diciotto mesi quando viene strangolato da Alessi.

Da sinistra verso destra Mario Alessi, Salvatore Raimondi e Antonella Conserva

Al processo finisce anche Barbera, accusato di favoreggiamento, ma verrà assolto. Raimondi viene condannato a vent’anni, Antonella Conserva trenta, per Alessi l’ergastolo.

Affetto da seri problemi al cuore, dopo sei anni di ricovero in clinica in seguito a un infarto Paolo Onofri muore il 15 gennaio 2014.

Paola aveva ragione. Suo figlio non sarebbe più tornato a casa.

Scritto da Gaia Vetrano


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