Il vertice sull’Amazzonia è iniziato l’8 di Agosto e ha visto come protagonisti gli otto Paesi che condividono il bacino amazzonico: Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela.
Il Presidente del Brasile, Lula, era entusiasta per l’incontro tra i Presidenti dei vari Paesi e lo ha definito “un grande incontro”. Sicuro della buona riuscita del vertice, Lula ha dichiarato: “A Belém faremo il nostro primo grande incontro per discutere la questione del popolo amazzonico”.
La dichiarazione di Belém, secondo gli esperti, ha deluso le aspettative sull’adozione congiunta di misure per preservare il bioma.
Il testo della dichiarazione non ha presentato un testo comune per la deforestazione zero entro il 2030, bensì, i Paesi sottolineano “l’urgenza di concordare obiettivi comuni, per combattere la deforestazione e sradicare e fermare l’avanzata dell’estrazione illegale di risorse naturali, per il 2030”.
Non sono mancate divergenze: infatti, il Presidente della Colombia, Gustavo Petro, ha criticato l’esplorazione del petrolio. Al contrario, il suo omologo brasiliano, non si oppone ai blocchi offshore che la compagnia Petrobras vorrebbe avviare alla foce del Rio delle Amazzoni.
Il vertice sull’Amazzonia è stato un banco di prova in vista dei colloqui sul clima delle Nazioni Unite (Cop30), che Belém ospiterà nel 2025.
Gli 8 Paesi hanno aspramente criticato anche i Paesi più ricchi: “La povertà frena la sostenibilità, servono 100 miliardi di dollari“, hanno dichiarato.
di Christian Sangaletti
Fonti: ANSA, RaiNews, Internazionale, Repubblica
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