Un viaggio nell’Italia degli infiniti fenomeni linguistici

Intervista a Veronica Repetti alias Linguisticattiva

di Costanza Maugeri
10 Min.

Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani

Questa affermazione attribuita, tradizionalmente, al politico e scrittore Massimo D’Azeglio fu pronunciata qualche anno dopo l’Unità d’Italia per sottolineare che aver unito la Nazione, non significò, di conseguenza, aver creato una cultura e una lingua unica.

Il popolo, italiano, forse, in misura maggiore di altre nazioni è ancora oggi caratterizzato da una forte diversità culturale, spesso, anche socioeconomica e linguistica. Di quest’ultimo fattore ne ho parlato con Veronica Repetti alias Linguisticattiva e membro di unfluencer. Sui social, ella porta avanti una divulgazione di tematiche inerenti alla linguistica e alla storia della lingua.

Veronica Repetti alias Linguisticattiva

La lingua non è un’entità astratta

Linguistica italiana
Schema di Berruto

Spesso, nella vita di tutti i giorni, ci riferiamo alla lingua italiana come un’entità astratta.

Ancora più forte è l’idea che gli italiani parlino un unico italiano. Ma non è proprio così. Ne abbiamo parlato con Veronica- Linguisticattiva.

Quando normalmente si parla o si pensa all’italiano, si pensa a una lingua unitaria che, storicamente, ha unito la nostra Nazione.

Non ci rendiamo conto, spesso, che esistono differenti varietà di italiano. Da un punto di vista diatopico cioè a livello di differenziazione spaziale, abbiamo quelli che si chiamano italiani regionali. Essi sono, in realtà, le vere realizzazioni dell’italiano, in quanto sono l’italiano parlato tutti i giorni.

Bisognerebbe, inoltre, fare delle distinzioni rispetto al registro linguistico in cui ci si esprime, dal momento che esistono, effettivamente, anche diverse situazioni conversazionali che richiedono diversi livelli di realizzazione dell’italiano.

La lingua è, quindi, stratificata. Possiamo immaginarla rappresentata da degli assi. E’ molto famosa la rappresentazione di Berruto. Oltre l’asse diatopico ci troviamo di fronte, anche, l’asse diafasico, esso prende in considerazione la situazione in cui effettivamente ci si esprime e l’asse diamesico che prende in considerazione il mezzo attraverso cui ci esprimiamo: scritto, parlato, con tutti gli intermezzi possibili.

In generale, possiamo affermare che non è la stessa cosa parlare col proprio amico e parlare in un tribunale e non è la stessa cosa scrivere una lettera e scrivere un commento su TikTok, ad esempio.

Cos’è, quindi, quell’entità astratta a cui ci riferiamo?

L’italiano utopico che viene chiamato italiano standard. Esso è una produzione artificiale, è un italiano che si trova sulle grammatiche da quelle per le scuole a quelle universitarie. Esso, quindi, si trova in alcuni testi, però, non viene effettivamente parlato. Non è, quindi, una lingua viva.

Ad oggi, però, è essenziale delineare la differenza tra italiano standard e neostandard. Essa è stata sottolineata dal linguista Gaetano Berruto nel 1987, dopo aver notate come noi contemporanei abbiamo delle abitudini linguistiche nuove.

 Il neostandard non aderisce ai dettami dell’italiano standard, ma ne è in qualche modo erede.

Differenza banale? Io, ad esempio, non conosco alcuna persona che nella quotidianità utilizzi il pronome personale egli in funzione soggetto, come sarebbe giusto dal punto di vista grammaticale. Si sentirà “lui è andato a prendere il pane”, lui. in realtà, dovrebbe essere usato in funzione di complemento oggetto.

Le isoglosse: linee che dividono l’Italia linguisticamente

Italia Linguistica
Cartina linguistica dell’Italia

Ancora prima di raccontarvi l’Italia attraverso alcune sue abitudini linguistiche, a Veronica ho chiesto di parlarci delle isoglosse.

Le isoglosse sono delle linee immaginarie che i linguisti tracciano sulle cartine in base al cambiamento di alcuni termini linguistici che vengono presi in considerazione.

È stato notato che. sistematicamente, ci sono dei termini che possono variare completamente oppure avere una variazione di tipo fonetico tra una città e l’altra, tra una regione o macroregione e l’altra. I linguisti cosa fanno? Tracciano delle linee vedendo dove vive questo cambiamento.

Se in un paese è usata una determinata forma e nel paese appena sotto un’altra verrà tracciato una linea in mezzo. Queste linee poi convergono creando delle linee più spesse dando vita, quindi, a dei fasci di isoglosse.

Esse ci danno l’idea di diverse influenze linguistiche che attraversano l’Italia.

Il nord Italia e l’articolo davanti ai nomi propri

L’abitudine di postporre l’articolo determinativo davanti al nome proprio è tipica delle regioni settentrionali ed è presente nell‘usus scribendi di autori come Machiavelli e Dante Alighieri. Vediamo cosa ha da dirci Veronica su quest’uso linguistico.

 In realtà, nel settentrione è più comune anteporre l’articolo determinativo davanti al nome proprio femminile, essa è una tendenza più estesa: la Maria, la Paola, la Vero, L’abitudine di anteporlo ai nomi maschili è, invece, appartenente ad alcune zone della Lombardia.

Ad ogni modo questa abitudine si evidenzia in contesti amicali e intimi.

Il centro Italia e l’apocope degli infiniti

In questo caso in realtà sono fenomeni ascrivibili al sostrato linguistico ossia l’influsso di lingue non più parlate nel territorio, ma che hanno influenzato la lingua ancora presente . Quindi sì, è vero, è un’abitudine, se vogliamo, più centrale, sicuramente, del Lazio, Abruzzo, Molise.

Mangiare > magnà, vedere > véde o vedé, leggere > lègge, dormire > dormì. Il troncamento della sillaba finale nei verbi, è sicuramente tipica di quella zona. Questa abitudine ha avuto particolare successo da un punto di vista anche cinematografico, Essa, infatti, si è estesa, negli ultimi anni, anche in altre zone della Penisola a causa dei numerosi attori romani che popolano i film italiani, pensiamo ad Alberto Sordi o Proietti

Un caso di polisemia estremo meridionale: “tovaglia”

Linguistica Italia

Si, cari lettori e lettrici, sono siciliana ciò vuol dire che nei contesti informali utilizzo “tovaglia” per indicare, anche, l’asciugamano o il telo mare e vi dirò di più, per non cadere in errore, usiamo espressioni come “tovaglia da mare” o “tovaglia del bagno”. Ho chiesto a Veronica a quale tipologia di fenomeno linguistico ci trovassimo di fronte.

In tutte le lingue abbiamo una serie di termini che possono significare cose diverse. pur avendo la medesima forma grafica, ci troviamo di fronte alla polisemia. Ad esempio, nell’italiano standard il riso è sia il cereale che la risata. Nel caso di “tovaglia” il fenomeno è lo stesso, ma è tipicamente siciliano. Perchè succede? La causa è da attribuire all’abitudine del parlante di condensare il proprio sistema linguistico per renderlo più funzionale, la cosiddetta economia linguistica.

Sardegna: l’uso particolare del “già”

E’ un calco della lingua sarda. Loro utilizzano “lo faccio già”, come dire, “lo faccio subito”, ad esempio. Chiaramente si discosta dal significato tradizionale dell’italiano standard. Il nostro “già” non vuol dire subito. Viene preso come calco, viene copiato.

Il calco è un processo, appunto, linguistico assolutamente comune nelle lingue, per cui un parlante di una lingua X prende in prestito la forma grafica o fonetica di un altro idioma. Una parola di un’altra lingua la utilizza nella propria, però con un altro significato.

Esempio banale: in inglese si dice “confident” per indicare l’essere sicuri di sé. Attualmente entra in italiano come calco la parola “confidente”, che, però, indica una persona di cui ti fidi.

E come disse il sommo Poeta:

«del bel paese là Dove ‘l sì suona,»

(Dante Alighieri, Inferno, canto XXXIII, verso 80)

Ringrazio ufficialmente Veronica Repetti per aver messo a disposizione di Nxwss la sua conoscenza in materia


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