Tár (2022): delusione da Oscar

di Emanuele Fornito
4 Min.

Trama

Il film segue la storia di Lydia Tár, una direttrice d’orchestra di successo che deve fare i conti con il peso del ruolo da lei ricoperta e dalla competizione e malvagità che le aleggiano attorno: una situazione che la porterà faccia con le proprie meschinità.

Recensione

Candidato a sei Oscar, Tár si pone l’obiettivo di esprimere la tortuosa, quasi nevrotica, vita di una celebre direttrice d’orchestra, attraverso uno stile che è ormai proprio dell’audiovisivo contemporaneo. Il risultato raggiunto dal regista e sceneggiatore Todd Field (che ritorna alla regia di un lungometraggio dopo 12 anni) è tuttavia abbastanza deludente. Nonostante siano diversi gli spunti di regia interessanti offerti, ciò che può essere definita la nota stonata del film è proprio la sceneggiatura, che viene retta soltanto dalla notevole interpretazione di Cate Blanchett, per la quale ha ricevuto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile al Festival di Venezia 2022.

Frame tratto da una scena di Tár
Frame tratto da una scena del film

Difatti, a fine visione ci si rende conto di una superficialità che tocca molti ambiti della narrazione: all’inizio del film vengono proposti degli spunti degni di un thriller che, alla fine, finiscono per non essere sviluppati affatto (o, volendo darne un’interpretazione, vengono sviluppati francamente male). Ne risulta quindi un film che fatica ad avere una vera identità: all’inizio sembra che si stia per formare un tipo di film, poi tutto si arresta per riprendersi a tratti verso la fine. Nel mezzo, vuoto: vengono proposte molte sequenze che alla fine risultano fini a se stesse, senza una vera valenza sul piano narrativo.

Cate Blanchett in una scena di Tár
Frame tratto da una scena del film

Lentamente si arriva poi ad una crisi totale della vita di Lydia, vittima di un montaggio sul web che la fa apparire come fautrice di violenza psicologica, il tutto inserito nell’ambito del suicidio di una giovane compositrice che, ancora una volta, viene trattato con superficialità, accennato all’inizio per poi essere ripreso soltanto alla fine.

E a poco servono degli spunti semi-onirici per raffigurare il turbamento psicologico della protagonista: anche in questo caso questi elementi vengono proposti un paio di volte e poi tralasciati.

Cate Blanchett in una scena di Tár
Cate Blanchett in una scena del film

Alla fine, dopo essere stata ripudiata da tutti (inserendosi come l’ennesima narrazione di questo tipo, ormai proposto e riproposto in questi anni), Lydia Tár decide di partire per l’Asia, dove riprende la sua attività di direttrice d’orchestra. Il film si conclude con un finale alquanto singolare, che va a ribaltare, quasi stridendo, quello stile minimale, contenuto, con colori sempre freddi, proposto per l’intera durata del film.

Al di là delle diverse interpretazioni avanzate da critici ed appassionati, a nostro avviso Tár risulta, alla fine, insufficiente, inserendosi come l’ennesimo “film da Oscar”, ovvero come un film nato con l’intenzione di appagare i gusti dell’Academy, la quale sta dimostrando da anni un allontanamento sempre più netto rispetto all’arte libera e critica.

Scritto da Emanuele Fornito


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