SaturDie Ep.13 – Omicidio Versace: la fine di un’era

di Gaia Vetrano
48 Min.

Il mondo della moda non sarebbe stato lo stesso senza la Medusa di Versace.

Per comprendere meglio questa storia, dobbiamo prendere un volo aereo e spiccare verso la calda e soleggiata Miami. Il simbolo della Medusa troneggia sopra la Villa Casa Casuarina, nell’Art Déco Historic District.

Di questa sappiamo che la bellezza e l’ambiguità sono i caratteri principali. Per il mito, giace fissando il cielo notturno supina su un monte. Sotto di lei vi è la vita, e la sua beltà è divina per chi osa scrutarla accidentalmente. Sulle sue labbra posa la quinta essenza della femminilità, che aleggia attorno a lei come dispersa nell’etere.

Eppure, al suo cospetto, non è tanto l’orrore, ma la inquieta grazia a impietrire chi la osserva. Al suo cospetto, la vita e la morte ballano un tango senza lieto fine.

Sovrapposta alle tenebre, il terrore si fa tempesta nei cuori di coloro che sanno di essersi imbattuti contro la miserabile Medusa. Un volto di donna dai capelli viperei che nella morte contempla il cielo.

Spaventosa e seducente, è l’unica mortale tra le tre Gorgoni. Una musa mutevole che, nel corso dei secoli, assume significati diversi. Capace, come le sue sorelle, di pietrificare chiunque abbia la malaugurata idea di incrociare il suo sguardo.

Ovidio, nelle sue Metamorfosi, la descrive come talmente bella da attirare le voglie del dio del mare Poseidone, che ci portano così a un – quasi prevedibile – stupro, in uno dei templi dedicati ad Atena. Sarà proprio quest’ultima a vendicarsi sulla mortale, trasformandole i capelli in serpenti.

Una donna tanto attraente non solo da subire le controverse azioni del dio, che rimangono impunite, ma da venire condannata e per questo sfigurata. Perseo infine la raggiungerà, per decapitarla. La sua testa mozzata verrà usata come arma.

Riconosciuta dal termine mostro, dal latino “monstrum”, che significa anche “cosa meravigliosa”. Che genera stupore. Perché opera del creato umano intrisa di erotismo, di mistero, di potere. Così, come gli abiti di Versace.

Stando infatti alla storia del marchio, Gianni ne scelse il volto come simbolo perché in grado di ricordare le sue origini calabresi e il suo passato nella sartoria della madre. La Medusa, con la sua chioma di serpenti, è in grado di guardare in tutte le direzioni. Può illuminare il sentiero di Versace verso la fama. Peccato che non riesca a prevedere il suo mortale destino.

Medusa non è mai stata solo rappresentata come una creatura aberrante, ma anzi spesso come una giovane piacente, lontana dall’immagine furiosa con cui passa alla storia. Così come la donna dei sogni di Gianni, i cui abiti le calzano perfettamente, come un guanto.

Sarà in particolare Euripide a dare a Medusa la sua caratteristica dualità. Nella sua “Ione”, la regina ateniese Creusa vuole uccidere suo figlio, da cui prende il nome la tragedia, nato da un rapporto con il dio Apollo. Per farlo ha bisogno del sangue di Medusa, ottenuto in eredità dal padre Eretteo.

Una goccia è in grado di curare dalle malattie e di infondere vita, l’altra è invece un potente veleno. Si svela così la sua vera natura, in grado di donare ma allo stesso tempo di sottrarre il soffio vitale. Insieme è sacro e profano. Mostruosa e allo stesso tempo miracolosa. Una potente arma salvifica.

Versace ne fa il suo simbolo, intreccia ad essa la sua storia. Eppure sotto il volto di Medusa, questa non fu in grado di proteggere il suo pupillo dalla morte.

L’intrinseca ambivalenza di Medusa troneggia quando, nel 92’, Gianni approda nella terra dove tutti i sogni dovrebbero diventare realtà. Già all’apice del suo successo, portavoce di una definizione di lusso e di moda che sdogana i tabù, a partire da quelli sessuali.

Maestro del colore e della sensualità, i suoi capi ridefiniscono il concetto di donna, quando ancora non era chiara la posizione sociale che questa avesse. Quando ancora non era accettato che potesse essere impegnata negli affari e allo stesso tempo una dominatrice tra le pareti del talamo.

Il serpente si fa portatore della circolarità della vita. Un ciclo infinito di nascita, morte e rigenerazione. Ognuna parte naturale delle cose. Contiene in sé l’equilibrio. Quando a Parigi sfila l’ultima grande collezione dello stilista calabrese, è la chiusura di un cerchio.

Una sfilata di Haute Couture, che include abiti impreziositi da croci con drappeggi o inserti in maglia metallica. Ottantatré look, conclusi dalla splendida Naomi Campbell, la prima a sfilare, che per l’occasione personifica una sposa moderna, con tanto di velo bianco.

Dietro uno sfondo dorato, che recita la scritta “Versace Atelier”. Poi, una scalinata in marmo nero, come il tappeto su cui le modelle sfilano. Tra lacci, spille da balia, e lustrini, Gianni coniuga la sua definizione di vita e amore estremo.

Sentimento al quale lo stesso Versace non rinunciò mai. Verso il suo lavoro, la sua passione. Ma anche verso di sé. Eppure, fin troppe volte l’energia primordiale dell’Eros si destreggia insieme alla distruzione di Thanatos. Una dicotomia rappresentata alla perfezione dalla Medusa stessa.

La mattina del 15 luglio del 1997, l’Amore e la Discordia si coniugano tra loro. Dall’ultima sfilata di Versace sono passati esattamente tre giorni, ed è stato un grande successo. La sua è, come spesso la definisce, una moda liberatoria, che pone delle scelte.

Dopo delle giornate stressanti, com’è tipico durante la fashion week, Gianni è da qualche giorno tornato nella sua villa insieme al suo compagno Antonio D’Amico. Prima aveva fatto una sosta a New York, dove si era incontrato con la Morgan Stanley, per quotare l’azienda in borsa.

Adesso può finalmente riposare nella sua amata Casa Casuarina, che sotto il suo volere è stata trasformata nel suo mausoleo, e decorata da marmi e mosaici, splendenti come l’oro e blu come l’acquamarina.

Come da routine sale la sua scalinata in marmo bianco che lo porta dritto verso la camera da letto e la sua cabina armadio, dove tiene, insieme alle sue creazioni, la sua vestaglia in seta e le sue ciabatte in velluto nero, rigorosamente con il volto della Medusa.

Tutte le mattine saluta i dipendenti della villa novecentesca per poi sdraiarsi sulle sdraio bordo piscina. Del meritato relax sotto l’ombra di qualche palma. Magari mentre degusta della frutta, o sorseggia un po’ di caffè. Si sa, Gianni è comunque un maniaco del lavoro. Anche a casa, pensa sempre ai suoi abiti perché la sua mente non riposa mai.

Il suo tempo lo impiega a disegnare bozzetti da mandare poi a Milano, dove sua sorella Donatella è sempre impegnata con i preparativi delle sfilate. Anche quando esce la mattina, come quel famoso 15 luglio, lo fa per andare ad acquistare le ultime riviste di moda: Vogue o Vanity Fair. Così da poter vedere come sono andati gli ultimi set fotografici delle sue amate modelle.

Le strade di Miami lo omaggiano, e gli abitanti della soleggiata città lo salutano, quando hanno l’onore di incontrarlo. Qualcuno, mentre cammina verso il cancello, lo ferma per chiedergli un autografo.

Quando gira per la sua città ha la pelle ambrata dal sole e la barba bianca. Non perde mai l’occasione per passeggiare e per assaporare l’odore della salsedine, che gli ricorda i profumi della sua terra, la Calabria. Mentre sale la scalinata davanti casa sua, dà le spalle a un parchetto pieno di palme. Lì qualcuno fa jogging, altri vanno in bicicletta, o fanno passeggiare il cane.

Versace ha il tempo di uscire dalla tasca dei bermuda le sue chiavi. Una a una prova a inserirle nella serratura, mentre tramite le grate nere osserva i dettagli dorati delle fioriere o incastonati sui parapetti delle finestre.

La Medusa, scolpita sulla cima ornamentale dei quadrelli, osserva inerme l’arrivo di una seconda figura da dietro una palma. Un giovane alto, con dei bermuda, una canottiera estremamente sgualcita e un berretto con la visiera calata. Questo è affannato, come se avesse appena finito di inseguire Gianni per tutto il parco.

Ha il braccio puntato in avanti: tra le dita stringe una pistola, che colpita dalla luce brilla come un diamante. Sono le 8:45 del mattino e, nonostante ci sia qualcuno nelle vicinanze, passa comunque inosservato.

Al cospetto della Medusa, i secondi collimano tra loro, da sembrare interminabili. In essi la pulsione della vita combacia con quella della morte, che prevale sulla prima e guida la languida follia. In un attimo, l’uomo spara un colpo verso la schiena di Gianni.

Versace ha il tempo di girarsi verso il suo aggressore, e rimane pietrificato. Il re della moda, davanti a colui che sta per porre fine alla sua vita, è come una comune vittima della Medusa.

Il killer spara un ultimo colpo, alla testa. Gianni Versace, davanti al suo personale castello, che lo rendeva il sovrano di Miami Beach, cade di colpo a terra. Mentre l’assassino corre via, il corpo dello stilista esala il suo ultimo respiro.

Versace rappresenta dominio e sottomissione. Lo sbalzo verso la fama di chi vuole sempre restare legato alle proprie origini. Il fascino di chi incomincia dal basso. La sontuosità della bellezza, nata da un estro figlio di una società fin troppo bacchettona. Il connubio perfetto tra la pulsione vitale e l’ultimo respiro. Sintesi perfetta della sua epoca.

La Medusa, davanti al suo corpo esanime, sembra quasi sorridere. Mentre immortala tramite l’arte la vita dello stilista in uno sfuggente attimo. Versace, disteso sulle scalinate della sua villa, è solo l’ennesima vittima di uno sfortunato valzer con la Morte.

L’impero della Medusa

In quello che viene definito il più bel giardino d’Italia nasce Gianni Versace, nel 46’.

Parliamo di Reggio Calabria, un paesaggio ricco di distese, dove la luce gioca tra la pianura e rilievi, creando successioni di Sole e di ombra, mentre all’Orizzonte continua il mare. Una terra dove, ovunque ti giri, scopri nuovi colori.

Una città metropolitana locata proprio sulla punta dello stivale. Una piccola striscia d’acqua la separa dalla Trinacria e in particolare da Messina. Ad est rimane nascosta dall’Aspromonte.

Le inebrianti note profumate del bergamotto, dell’alloro, della borragine, della liquirizia e del finocchietto rendono la Calabria una terra ricca di meraviglie. In grado di stupire, come la Medusa. Parlando proprio di antichi greci, si tratta della colonia più antica in Italia, addirittura nel 730 a.C.

La Medusa è seduzione, e io voglio sedurre. Amo sedurre sia gli uomini che le donne

Le più diverse espressioni del folklore calabrese sono intrise dalla cultura ellenica. La Calabria è un quadro di tinte forti e audaci, che si mescolano tra loro a contatto con il mare. Dove i paesaggi già descritti, ricchi di vegetazione, celano busti marmorei, rovine di tempi calcarei e ceramiche dipinte.

Quando Gianni viene al mondo, la sua Reggio si sta ancora risollevando dallo scisma del 1908 che, in soli trentasette secondi, rase al suolo un quarto della città. Le operazioni di soccorso vennero gestite male, ma vi era ancora la speranza che la città potesse risorgere come una Fenice. A colpi di stucco, la città ritrova un nuovo fascino, nato dalla fusione del nuovo con l’antico.

Gianni e Donatella

L’uomo che inventa il concetto di top model nasce dal basso. Uno spregiudicato inventore, che comincia a disegnare per la sorella Donatella. La madre, Francesca Versace, è una sarta di professione.

Dentro la boutique della madre, ogni giorno, donne facoltose fanno il loro ingresso. Per le strade principali della città, ticchettano i loro tacchi stiletto. Camminano altezzosamente, con la schiena dritta, il capo coperto da un foulard, un tailleur blu e una borsa in pelle di coccodrillo infilata nell’avanbraccio. Clienti di un certo spessore, che si dirigono come in pellegrinaggio verso il numero civico 13 di via Tommaso Gulli.

Tutte le signore a bene vanno da Franca perché nessuna la eguaglia e, evidentemente, riesce a trasmettere il suo talento a suo figlio, venuto al mondo una mattina di dicembre.

Gianni è libero di acquistare dal mondo esterno l’ispirazione necessaria, come se fosse la sua personale linfa vitale. È avido di conoscenza e, come un esploratore, si aggira per le campagne della città, ammirando i resti delle popolazioni elleniche. Tra questi anche un busto della Medusa, nascosto tra le fronde del bergamotto. Da questo ne rimane molto colpito.

Il padre, a causa della sua curiosità, a volte per lui fuori luogo, lo fa sentire inadatto. Per questo, fuori dalle mura di casa, se in presenza dei propri genitori, sembra quasi inibito.

Gianni e la madre Franca

Quando però ne ha la possibilità, è sempre al fianco della madre Franca. Nascosto dietro la sua macchina da cucire, la ammira immersa nel suo lavoro, che tutti pensino debba dare spazio solo al femmineo. Gianni è il pupillo della boutique della madre: l’angioletto di un luogo tutto al femminile che lo adotta.

Dai compagni di classe e dalla maestra delle elementari viene continuamente bacchettato per come si veste, ma a lui non importa. In aula passa il tempo a disegnare vestiti, dimostrando sin dalla tenera età il suo genio intriso di creatività sfrontata e la grande capacità di lasciarsi ispirare dal mondo esterno.

A 11 anni, Gianni si ritaglia il suo posto come apprendista nella sartoria della madre. A fianco delle altre sarte è come una spugna: avido di imparare e conoscere nuove tecniche. In breve tempo diventa più esperto, arrivando a marinare la scuola per portare avanti la sua passione.

Assimila i colori della sua terra e del tramonto sul mare, ciò che lo colpisce per le vie più trafficante, e lo trasmette nei suoi abiti. Non si diplomerà, ma non è un problema. La clientela borghese è il suo regno: per questa può essere ciò che vuole.

Fuori dalla sartoria è schivo, rimane per le sue. Si mostra timido e diffidente. Quando non è nella sua confort zone, resta cauto e silenzioso. In grado di mostrare due nature, come la Medusa.

Gli echi di Cardin e Saint Laurent arrivano fino alle sue orecchie e lo spingono ad aprire la prima boutique. Da qui comincia la sua ascesa. Quando il vestire era controllato da regole che sancivano come accostare i colori o le lunghezze tra loro, riesce a cambiare gli equilibri, conferendo alla moda una nuova natura, ricca di audacia.

Davanti al suo cospetto, le clienti pendono dalle sue labbra, come un oracolo. Ma l’unica donna ad avere importanza è Donatella. È il carburante dell’estro creativo di Gianni, la sua complice.

Il complesso dell’Aspromonte è troppo difficile da scalare. Se Gianni vuole arrivare dove le creazioni della madre non sono giunte, deve lasciare la sua terra. Dieci anni dopo, nel 72‘, parte per Milano. Lì affina le sue competenze riguardo il regno della maglieria, a lui estraneo. Brucia le tappe velocemente, disegnando per Callaghan, Genny e Complice.

Solo sei anni dopo presenta la sua prima collezione. Con l’aiuto del fratello Sandro, apre bottega Gianni Versace.

Silhouette fluide ma al tempo stesso scolpite, contrasti ricchi di colore, sono la firma di Versace. Alle modelle viene chiesto di trasmettere il desiderio di voler prendere un posto nel mondo. Dei veri e propri manifesti femministi.

La morte di Franca sconvolge però il precario equilibrio. Quando sembrava che tutto stesse cominciando ad andare per il verso giusto, il porto sicuro di Gianni crolla in frantumi. Il lutto gli dà la possibilità di legare con la sorella Donatella, che rappresenta l’archetipo della donna Versace. Forte, determinata, appassionata e sensuale.

Gianni, Naomi Campbell e Carla Bruni

La sua visione del mondo inaugura una nuova era: quella del Chic and Choc. Gianni rappresenta l’eleganza, Donatella la trasgressione. I due caratteri principali della maison, una mistura esplosiva. Con l’aiuto del fotografo Richard Avedon, segnano la storia.

Nasce il mito delle supermodelle: incredibili donne, scelte e viziate da Versace, che al mondo appaiono eteree, invidiabili e irraggiungibili. Christy Turlington, Linda Evangelista, Naomi Campbell, ossia la celebrity trinity, che per il marchio lavorano in maniera esclusiva. Poi Kate Moss, Cindy Crawford e Claudia Schiffer. Il gruppo delle Big Six, che sfamano la stampa.

I modelli di Versace, nei primi anni Novanta, soddisfano ciò che il mondo richiede, diventando man mano sempre più sensuali e provocanti.

Se Armani veste la moglie, Versace veste l’amante

Anna Wintour

Già dagli anni 80’ comincia una cospicua collaborazione con le compagnie teatrali milanesi, per cui realizza i costumi. Ogni spettacolo che porta il suo nome va facilmente sold – out e, in molti, acquistano il biglietto solo per guardare i costumi del calabrese. Durante la prima di Josephslegende di Richard Strauss, al teatro alla Scala, si reca Antonio D’Amico.

Gianni e Antonio

Un moderno discobolo, dal profilo greco, i capelli mori e mossi. Questo resta incantato dai vestiti, che sembrano fluttuare di vita propria. Eppure, non avrebbe mai pensato di poterne incontrare il creatore, proprio alla cena dopo lo spettacolo.

Per Gianni, appena vede Antonio, è un colpo di fulmine, e lui di bellezza se ne intende. D’Amico accetta di potersi sedere accanto a lui, anche se fin troppo a disagio quando l’altro si alza per salutare la miriade di persone che conosce. Non è di certo abituato alla fama, ma non si tira indietro quando lo stilista gli chiede il suo numero. Dopo diverse cene, gite al lago, e incontri, i due si legano indissolubilmente.  

All’asfissiante vita pubblica, Gianni preferisce quella privata, fatta di istanti, seppur a volte fugaci, passati con i propri cari e familiari. Con Antonio viaggia e, per puro caso, fanno scalo a Miami. Di questa perla, punta delle coste americane, se ne innamora follemente.

Gianni e Donatella

La città ai suoi occhi è un’esplosione di vita e colori. L‘odore della salsedine e il sole sulla pelle gli ricorda la Calabria. Quel mix di culture che in quel luogo convogliano lo colpiscono sin da subito, e Gianni rimane inebriato. Nonostante i pareri contrari, è deciso. Acquista immediatamente una casa e la ristruttura. Il quartiere viene riqualificato e diventa una calamita per modelle e aspiranti designer.

Da quel momento in poi, Gianni veste le stelle, come il safety pin dress indossato da Elizabeth Hurley. Quando gli viene diagnosticato un cancro all’orecchio, dal quale guarisce, cambia la sua poetica. Ogni giorno deve essere vissuto come se fosse l’ultimo, e merita di avere dei vestiti adatti.

Già dal 1993, la Medusa è il simbolo di Versace. L’angelo custode del marchio. Quando le ambulanze arrivano per cercare di rianimarlo, lei è sempre al suo fianco. Al suo cospetto, la vita ha già smesso di lottare.

La colomba annegata nel sangue

Per l’autopsia, l’ora del decesso stabilita è le 9:21. Gli aiuti dei medici sono inutili. Gianni muore sotto gli occhi del suo compagno. Il corpo verrà portato in ospedale, inutilmente.

Se quello che vi abbiamo fornito nell’introduzione è il primo quadro dell’omicidio, l’autopsia andrà a modificare la prima ricostruzione degli inquirenti. Ciò che appare è che, almeno uno dei proiettili non è stato esploso alle spalle, ma ha penetrato la guancia destra, con l’arma a contatto del volto.

Sicuramente un dettaglio importante. Rappresenta l’intento del killer di voler sfigurare la vittima, decisione mossa da una rabbia repressa particolarmente intensa.

I moventi potevano essere molteplici: primi tra tutti la rapina. Quest’ultimo venne escluso subito. Gianni quel giorno girava con il suo portafoglio, dove dentro teneva sei carte di credito e più di mille e cento dollari in contatti. In più, al collo, aveva una collana d’oro.

Esclusa questa pista, la polizia comincia a esaminare la sfera privata. Forse un fan ossessionato? Un ex compagno respinto? Qualcuno invidioso del suo successo? Sicuramente, un individuo capace di compiere un atto tanto brutale da sembrare un’esecuzione.

Nel frattempo, la scientifica rivela la provenienza dei due bossoli: una calibro 40. Insieme ai proiettili ritrovati sulla scena del crimine, anche il cadavere di una colomba bianca. Un simbolo tradizionalmente usato dalla mafia. Cosa poteva farci lì?

Nonostante questo possa sembrare incredibile, viene ordinata un’autopsia del volatile. Per gli inquirenti appare necessario, perché rivela la tipologia del proiettile che aveva ucciso il piccione. Gli inquirenti scoprono così che la pallottola che aveva colpito Versace era riuscita a rimbalzare e a colpire l’animale. Una banale, seppur assurda coincidenza.

Stando ad alcuni testimoni, il killer sarebbe scappato in un parcheggio sulla tredicesima.

Ciò che lì trovano è un pick-up rosso con una targa del South Carolina. Infine, rimangono le foto della scena del crimine, dove sembra quasi brillare la colomba bianca, simbolo della purezza, annegata nel sangue di una vittima innocente.

Sotto l’ombra del pick-up: chi è Andrew Cunanan?

Ciò che il pick-up rosso sembra nascondere è una nuova pista. La targa è infatti rubata, e al suo interno contiene oggetti di uso quotidiano, come se qualcuno ci avesse vissuto al suo interno.

Il detective Navarro viene raggiunto da innumerevoli novità, che implicano l’FBI.

Il sospettato di questo crimine è infatti un pluri-omicida che i servizi segreti inseguono già da tempo. Versace sarebbe infatti  l’ultima di una serie di vittime, uccise con l’uso di una calibro 40, da un uomo che si aggirava per il paese con un furgone rosso del South Carolina.

Il numero del telaio dell’FBI è lo stesso.

Si cerca così di creare un profilo psicologico su questo soggetto.

Per capire di più su Andrew Cunanan dobbiamo partire dai suoi genitori, Mary Anne Schillaci e Modesto Cunanan, che si incontrano negli anni Sessanta in un bar. Lui è un filippino e fa parte della marina. La divisa gli conferisce un grande fascino. E si sa, quale donna è in grado di resistere davanti a tanto mistero? Il loro amore è tanto ardente: la donna resterà incinta e, solo sei mesi dopo, i due si sposeranno.

Eppure, la fiamma che alimenta il loro rapporto si consuma troppo in fretta, e la stabilità della loro relazione inizia a vacillare a partire dalla nascita di Christian, il loro primo figlio. Modesto è una persona molto gelosa, tanto da dubitare che la seconda figlia Elena sia sua. Mary non riesce comunque a lasciarlo andare e mette al mondo altri due figli: Regina e infine Andrew, nel 1969, a San Diego.

Dopo l’ultima gravidanza Mary entra in un pesante periodo di depressione post – partum, che le verrà rinfacciato più volte dal marito, che la accuserà di non essere una madre responsabile. Modesto di occupa del neonato, che si rivela essere un bimbo sensibile ai conflitti. Quando i genitori litigano, riesce a sentirsi al sicuro solamente se lontano dai due.

L’angoscia è combattuta solamente quando può rifugiarsi nel suo mondo di fantasia, dove mamma e papà sono delle persone dall’animo buono e dal portafogli profondo, sempre pronti a soddisfare ogni suo desiderio. Le menzogne diventano così il suo pane quotidiano, l’unico modo che ha per combattere gli evidenti problemi della sua famiglia.

I compagni di scuola non gli credono e lo sopportano a stento. Per loro è un bugiardo cronico, qualcuno da cui tenersi alla larga.

Modesto decide a un certo punto di prendersi una licenza dalla marina e di tentare a diventare un broker, aprendosi un suo ufficio. Per sostenere il suo lavoro e sembrare più professionale, pensa sia necessario vestire solo firmato, così, sperpera il suo denaro in completi, che acquista anche per il dodicenne Andrew. Il bambino, che ormai veste come un uomo d’affari, inizia a sviluppare così la sua spiccata vena narcisistica, che eredita dal padre.

Nuovamente è oggetto di prese in giro dei suoi coetanei, ma a lui non importa, perché almeno è al centro dell’attenzione. I suoi genitori lo cambiano comunque di scuola, e lo iscrivono alla costosa Bishop Academy. Qui è compreso dai suoi compagni, che anzi ammirano la sua parlantina. Addirittura, scopre di avere un quoziente intellettivo pari a 140: è un vero genio.

Ma ciò non basta, perché Andrew non è capace di dare un senso alle emozioni e ai pensieri che prova. Sa che è normale in quanto adolescente, eppure non riesce da solo a comprendersi, e non capisce come possano farlo gli altri. Il sesso femminile lo incuriosisce, ma nessuna assomiglia a sua madre. Sono invece i ragazzi buoni e gentili ad attirarlo.

Quando vive la sua prima esperienza omosessuale, non può fare a meno che vantarsene. Ama parlare di sé ai suoi compagni di scuola, che gli danno del pagliaccio. A quindici anni non gli importa più della sua istruzione.

Una volta scoperto il gentil sesso, attua ormai la sua trasformazione da studente modello a camaleonte sociale, iniziando a frequentare i club gay in voga di San Diego.

Certo, siamo tutti un po’ camaleonti sociali. Dire troppo di sé agli altri, significa dare un potere a chi ci ascolta. Che a volte può metterci in pericolo. Per le persone fin troppo fragili è difficile togliersi la maschera del personaggio dopo che lo si interpreta da troppo. Per un attimo si dimentica quasi che, sotto quel grande velo di finzione, c’è ben altro.

Andrew è tra questi. Le sue origini filippine gli danno poco charm: si fa chiamare Da Silva o Morales, perché nelle sue vene scorre sangue spagnolo. Divo e sex symbol.

Abbandona presto la facoltà di Storia, perché si muove già abbastanza bene nell’ambiente nel quale è entrato. Poco gli importa della sua istruzione, quando ha un dono molto più grande tra le sue mani: il suo corpo. Ormai, sa distinguere un avvocato da un medico. Un magistrato da un libero professionista. Lo capisce da come si muovono, da come parlano e da come si vestono.

E, soprattutto, conosce le leggi dell’attrazione. È un grande seduttore, spudorato, e non si fa un problema a frequentare altri uomini che preferiscono vivere in segreto la loro omosessualità, meglio se addirittura con una copertura.

Andrew comincia a vendere le proprie prestazioni sessuali, e lo fa a caro prezzo. Non gli importa se è una storia da una notte, anzi. Decide lui termini e condizioni. E ai suoi clienti va più che bene. In cambio vuole auto di lusso, appartamenti, carte di credito. Gli chiede di girare al loro fianco, in qualità di segretario, assistente o socio d’affari.

In questo modo allarga il suo giro, tenendosi per sé le informazioni che ricava. I suoi genitori si insospettiscono, ma il fallimento dell’attività di Modesto è un problema più grande a cui pensare, al posto del lavoro del figlio. Il padre rischia il carcere per appropriazione indebita e così scappa nelle Filippine.

Mary Anne è costretta a vendere la casa e ad accettare l’aiuto dei figli, tranne quello di Andrew, che ha visto con un altro uomo per le strade di San Diego. In quanto fervente cattolica non accetta l’orientamento sessuale del figlio. Durante il litigio, il piccolo Cunanan, preso dalla rabbia, la scaraventa contro un muro, slogandole la spalla.

La madre è troppo infuriata e delusa per ascoltare le sue scuse, così Andrew scappa alla ricerca del padre. Non è abituato alla miseria e ai rifiuti delle Filippine. Il mito del padre si distrugge davanti ai suoi occhi quando la sua reale natura. Cunanan non ha i soldi per tornare in America. Ciò che gli resta è il suo corpo, che vende ai migliori offerenti per racimolare del denaro, con cui tornare a casa.

A Castro District, a San Francisco, si respira un’aria nuova. Ogni notte recita una parte diversa. Tra le tante persone che conosce, un avvocato di cognome Gold. Grazie a questo fortuito incontro, viene invitato a una festa al Colossus Disco.

Ebbene, a volte la sorte si diverte a giocare con il destino, e a creare degli intrecci particolari. Perché se Andrew non avesse conosciuto Gold, non sarebbe andato al Colossuss, e non avrebbe conosciuto Gianni Versace.

Versace e Cunanan, genesi di un omicidio

Versace è un uomo socievole. Stringe le mani di molte persone. Qualcuna la conosce davvero, di altri non si ricorda neanche. Ma per i comuni mortali, non ci si scorda di un volto come il suo. Cunanan non può fare a meno che sorridergli. Non può farselo scappare.

Immediatamente fa finta di conoscerlo, di averlo già visto. Eppure, dopo quella festa al Colossuss, non si vedranno mai più.

L’amico Anthony Dabiere ha detto che Cunanan tornò a casa quella sera “in alto come un aquilone” vantandosi del suo “fine settimana con Gianni Versace”, parlando di tutte le cose che hanno fatto insieme. Era tutta una bugia e l’inizio di un’ossessione fatale.

Nella spregiudicata San Francisco, ormai Cunanan si annoia. Ormai predilige ciò che dagli altri sono considerate perversioni. Lo chiamano per girare pellicole sadomaso dove si diverte a impersonare lo schiavo sessuale, e si fa sottoporre a torture e umiliazioni.

Eppure, nel 96’, la sua lucidità si perde. Smette di essere una persona razionale e sorridente, ma inizia a fare cose strane. Diventa irrequieto, sempre pronto a discutere e si chiude spesso nella sua camera, che trasforma in un santuario dedicato a Tom Cruise. Si sottopone ai test per l’AIDS, ma non ritira i risultati, perché pensa di essere già spacciato.

A 27 anni si lascia andare: prende 15 chili, gli cresce la barba e smette di curarsi. Di botto, si accanisce contro i suoi due unici amici, David Madson e Jeffrey Trail. Quest’ultimo è un suo amico di Minneapolis, mentre David è un giovane con cui si era frequentato. I due legano, ma Andrew si ingelosisce del loro rapporto, e li accusa di escluderlo.

Cunanan li tempesta di telefonate, in particolare a Trail, e lo minaccia di ucciderlo. Nonostante siano stati avvertiti, quando il giovane arriva a Minneapolis, sono convinti che stia attraversando un periodo difficile e che abbia solo bisogno di supporto.

Andrew e i due escono a cena. Madson spera di fargli capire che non hanno una relazione. Ma le cose non vanno per il verso giusto finché, improvvisamente, Cunanan non si alza e va dritto verso la cucina. Lì afferra un martello, con cui colpisce con furia il cranio di Jeffrey, fino a fracassarglielo. David è impietrito e, forse per paura, aiuta l’altro ad arrotolare il cadavere dentro un tappeto.

Per giorni faranno finta di non aver nascosto dietro il divano il corpo del loro amico, continuando a girare per la città come se niente fosse. Sta di fatto che un collega di lavoro di Trail, preoccupato per le assenze dell’uomo, chiede alla portinaia di controllare come stesse. Appena la donna, entrata nell’appartamento, vede le tracce di sangue e sente il feto che permea la casa, chiama la polizia.

David ed Andrew scappano verso il Nord del Minnesota, uscendo poi per la campagna. A bordo della Jeep di Madson percorreranno almeno cinquanta chilometri. Appena scesi per la prima sosta, Cunanan uscirà una pistola e, senza rimorsi, pianterà tre proiettili in testa all’altro.

Il giovane ha appena preso la strada del killer. Ma lui non è un omicida seriale, bensì un compulsivo, che colpisce le vittime in più luoghi diversi nello stesso periodo. Non ci sono momenti di lucidità, non maschera le proprie tracce. Al contrario, sembra quasi prendere parte a un gioco dove l’avversario è la polizia, che deve riuscire a fermarlo il prima possibile. L’obiettivo? Mietere più vittime possibile.

Alla fine, il traguardo è la morte. Il suicidio è già probabilmente contemplato nel loro piano di distruzione, che non ha criteri o moventi.

Lee Miglin e sua moglie

Forse la paura dell’AIDS lo ha fatto deragliare? Un dramma frutto della sua gelosia? Non importa, perché nel frattempo Andrew colpisce ancora. Si trova a Chicago quando incontra nuovamente il settantaduenne Lee Miglin, costruttore edile. Con lui si era frequentato anni prima, quando ancora faceva il gigolò. Mentre la moglie è in viaggio per lavoro, Cunanan lo costringe a farlo entrare nel suo garage.  

Non sappiamo per quale motivo ma, dopo avergli legato i polsi e imbavagliato, lo tortura con tutti gli attrezzi che trova nella rimessa. Gli taglierà la gola con il seghetto, per poi passare più volta sul suo corpo con la Lexus di proprietà dell’anziano.

Gli investigatori, quando arrivano di fronte al suo corpo, capiscono di avere a che fare con un folle, a cui non importa se lascia le sue impronte dappertutto. Cunanan abbandona l’auto di Madson davanti casa di Miglin, preferendo la sua Lexus. A Lee sottrae inoltre una raccolta di monete d’oro da collezione. Un sadico, il cui volto tappezza i muri delle città. È ufficialmente uno degli uomini più pericolosi degli Stati Uniti.

Arrivato in New Jersey, abbandona la macchina e ruba il famoso pick – up rosso, che fa al caso suo. Il proprietario è la sua quarta vittima, William Reese, ossia guardiano del Finn’s Point National Cemetery di Pennsville. Un quarantacinquenne che si occupa di lapidi.

William Reese

Quando Cunanan bussa alla sua porta per chiedergli le chiavi, le dà senza problemi, e questo insospettisce Andrew, che gli spara lo stesso. Il giorno dopo arriverà a Miami, il 10 maggio, dove alloggerà al Normandy Plaza, dando il nome falso di Kurt De Mars. Lì frequenta i locali gay, mentre aspetta di incontrare la sua prossima vittima.

Morto Versace, incomincia una vera caccia all’uomo. Il Procuratore di Miami sostiene che verrà trovato in poche ore, ma gli innumerevoli errori condotti durante l’indagine rendono le sue parole poco affidabili.

Innanzitutto, perché il pick – up rubato da Reese venne trovato così tanto tempo dopo? E’ rigoroso specificare infatti che William è morto il 9 maggio, mentre Versace il 15 luglio. Tre mesi di ricerche per individuarlo.

Com’è possibile che, nonostante Cunanan fosse uno dei più grandi ricercati dello stato, potesse girare a piede libero per la città di Miami? Non è forse inverosimile ritenere che qualcuno possa averlo riconosciuto, ma che non sia stato ascoltato?

Infine, Andrew, prima di uccidere Versace, aveva venduto a un banco dei pegni una delle monete d’oro di Miglin per 200 dollari. Per farlo aveva compilato un modulo, dove si era firmato con il suo vero nome e aveva inserito l’indirizzo dell’hotel al quale alloggiava. Per legge, una copia di tutti i moduli confluisce al Miami Beach Police Department, dove si verifica che gli oggetti impegnati non siano frutto di rapine. Non c’è bisogno che vi dica altro.

Mentre Elton John, Donatella Versace, Naomi Campbell, Lady D e Sting piangono il defunto ai funerali, le indagini dietro l’omicidio vengono definite la commedia degli errori.

Lady D ed Elton John ai funerali

Del funzionario che doveva verificare quei moduli non vi è ombra fino a qualche settimana successiva al delitto Versace, perché era in vacanza. Così si organizza un commando SWAT, che irrompe al Plaza, ma di Cunanan non vi è traccia.

La colpa è però del proprietario dell’hotel, che aveva indicato alla polizia il numero della stanza sbagliato. Per la seconda volta, due giorni dopo si organizza un nuovo blitz, ma nella 322 non si trova Andrew.

Sarà Fernando Carreira a ritrovarlo. Il 23 luglio sta perlustrando la sua rimessa di barche galleggianti e, mentre passa di fronte quella di Torsten Reineck, un tedesco in vacanza a Las Vegas, sente dei rumori provenire dal suo interno. L’uomo chiama immediatamente la Polizia. Sul posto arrivano anche l’FBI e la guardia nazionale.

Sfugge alla nostra comprensione per quale motivo decidano di aspettare tre ore prima di fare irruzione, dopo averne perse due per circondare la casa. Forse perché non vogliono lasciare niente a caso. Eppure, quando entrano è troppo tardi.

Cunanan è coricato sul letto. Ha la barba incolta. Gli abiti sgualciti e sudati. E’ sdraiato sul letto e, per terra, ci sono i resti del cibo che ha consumato. Sotto di lui ci sono dei cuscini e, stretta nella sua mano, la sua calibro 40. Andrew si è suicidato, sparandosi in bocca. Nulla che non ci aspettassimo.

Il perché delle sue imprese rimane un mistero. Per l’FBI, la gelosia di Cunanan è stata determinante. Jeff e David erano una coppia felice. Due professionisti affermati nei loro ambiti i cui parenti avevano accettato il loro orientamento sessuale, cosa che non aveva fatto Mary Anne.

Probabile che Cunanan percepisse Versace come tutto ciò che avrebbe voluto essere. Un’icona di successo per il mondo intero. Una personalità affermata di cui poco importava del suo orientamento sessuale, cosa che gli permetteva di vivere apertamente il suo amore con Antonio D’Amico. Andrew voleva per sé le attenzioni che aveva Versace. Voleva essere come Gianni.

Nella sua psiche si annidava un vero mostro. Un individuo loquace, con un grande ego, superficiale e capace di mascherarsi e nascondersi tra la folla. In ogni suo omicidio ha sempre mostrato mancanza di rimorso perché ognuno sacrificabile. Un soggetto senza responsabilità, incapace di avere dei piani a lungo termine.

Infine, la paura dell’AIDS, di cui non era malato, come dimostrerà l’autopsia.

Antonio D’Amico ripeterà più volte di non aver mai creduto alla versione della Polizia. Cunanan, il cui profilo è quello di uno psicopatico, è il perfetto capro espiatorio. E non è l’unico a pensarla così.

Il 25 settembre 1997 va in onda su Rai 3Il sorriso della Medusa”, documentario diretto da Chico Forti – di cui vi lasciamo il link – prima di essere arrestato a Miami per truffa. Sarà poi condannato all’ergastolo per la morte di Dale Pike.

Per Forti Andrew Cunanan non si sarebbe suicidato. Quello che emerge dalle indagini dell’investigatore privato Gary Schiaffo è che sarebbe stato ucciso e poi sarebbe stato inscenato il suicidio. Sia Versace che il giovane per metà filippino sarebbero vittime della criminalità organizzata perché degli individui fin troppo scomodi. Lo stesso Antonio aveva detto

È stato chiuso troppo velocemente. Non credo a niente di quello che hanno detto i giornali. Sono convinto che ci sia dietro altro

Proprio per questo motivo la Polizia statunitense di sarebbe accanita contro Forti. Quest’ultimo sapeva che avrebbe rischiato. Il suo rompere le scatole, il suo voler ricercare la verità, lo ha reso vittima di un clamoroso errore giudiziario.

Di Modesto sappiamo che, nel 1999, dopo essere tornato negli Stati Uniti, affermerà che il figlio è solo una vittima innocente della mafia. Ovviamente senza accennare delle altre vittime. Poi se ne perdono le tracce, tanto da non sapere se sia vivo o morto. Chi ci ha invece lasciato è Mary Anne, scomparsa nel 2012. Anche lei ne sosterrà sempre l’innocenza.

Antonio D’Amico ci lascia il 6 dicembre dello scorso anno a causa di un tumore alla gola. Non smetterà mai di amare Gianni.

Versace andrà in eredità alla giovane Allegra, figlia di Donatella e nipote di Gianni. La conduzione del marchio andrà alla sorella. Affrontare un lutto mentre si deve pensare al lavoro non è un compito facile, nonostante Donatella abbia sempre dato priorità al marchio.

L’imitazione del genio o il drastico cambio rotta sono strade difficili da prendere. Alla fine del 2004, con l’aiuto di Giancarlo Derisio, il marchio ha l’illuminazione vincente. Venendo a mancare Gianni, si punta su Versace e sui concetti veicolati dal brand. Nel 2022 il brand chiude l’anno con un fatturato di 308 milioni di dollari, in aumento del 9,2% rispetto all’anno precedente.

Villa Casa Casuarina è oggi un hotel di lusso. A chi passa davanti al cancello, la Medusa sembra ancora sorridere.

Scritto da Gaia Vetrano


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