Per la prima volta il Ssn ha fornito un supporto completo al suicidio assistito

di Mirko Aufiero
4 Min.

Si tratta del caso di una 55enne triestina che ha potuto usufruire della strumentazione e del farmaco letale forniti dal Servizio sanitario nazionale per il suicidio assistito

Anna” – nome di fantasia – è morta il 28 novembre a Trieste tramite la pratica del suicidio assistito all’età di 55 anni. La donna era malata da lungo tempo di sclerosi multipla secondariamente progressiva, patologia che l’aveva resa completamente dipendente dall’assistenza.

Si tratta del primo caso in Italia in cui il Sistema sanitario nazionale ha fornito un supporto completo per la morte volontaria assistita, procurando sia il farmaco letale che la strumentazione necessaria. La somministrazione del farmaco è stata eseguita dalla donna stessa, mentre un medico di supporto individuato dall’Azienda Sanitaria ha supervisionato la procedura.

“Anna” ha spiegato la sua decisione tramite un messaggio diffuso dall’associazione Luca Coscioni:

“Anna” è il nome che avevo scelto e, per il rispetto della privacy della mia famiglia, resterò “Anna”. Ho amato con tutta me stessa la vita, i miei cari e con la stessa intensità ho resistito in un corpo non più mio. Ho però deciso di porre fine alle sofferenze che provo perché oramai sono davvero intollerabili. Voglio ringraziare chi mi ha aiutata a fare rispettare la mia volontà, la mia famiglia che mi è stata vicina fino all’ultimo. Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere.

Il percorso di Anna

una persona in un letto d'ospedale con una flebo

L’inizio del percorso intrapreso da “Anna” risale ad oltre un anno fa. Il 4 novembre 2022 ha fatto richiesta di accedere alla verifica delle sue condizioni per la morte assistita, come previsto dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale.

Secondo la Consulta, è infatti necessario rispettare 4 parametri per avere accesso al suicidio assistito: la malattia deve essere irreversibile, la patologia deve essere fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, il paziente deve essere pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e la persona in questione deve essere tenuta in vita da trattamenti vitali.

Dopo un’attesa durata 215 giorni, in cui l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI) non dava risposte, “Anna” ha provveduto a depositare un esposto presso i Carabinieri per rifiuto/omissione d’atti d’ufficio. A farsi carico della questione è stato il Tribunale di Trieste, il quale ha decretato la legittimità della richiesta di “Anna” e ha emesso un’ordinanza di condanna di ASUGI di applicare la sentenza 242/2019.

Da allora, l’Azienda Sanitaria si è fatta carico del percorso verso il suicidio assistito, fornendo il farmaco, il medico di supporto e la strumentazione. 

Il suicidio assistito tra Consulta e Parlamento

Accedere al suicidio assistito in Italia è ancora un percorso a ostacoli. La prima persona a usufruirne senza aver bisogno di un tribunale è stata Gloria, paziente oncologica morta tramite suicidio assistito a luglio 2023 in Veneto.

Oggi il suicidio assistito è regolato dalla sentenza della Corte di Cassazione 242/2019, la quale indica i casi in cui tale pratica non è punibile. Nel dettaglio, la Consulta ha stabilito i casi di non applicazione degli artt. 579 e 580 c.p. (omicidio del consenziente e istigazione al suicidio).

La sentenza tuttavia non dà indicazioni chiare sui tempi e le modalità di applicazione del suicidio assistito. Per fare ciò, sarebbe necessaria una legge; nonostante le ripetute richieste dalla Corte al parlamento di legiferare in materia, ciò non è ancora avvenuto. L’ultimo tentativo in questa direzione è la proposta di legge presentata alla Camera da Debora Serracchiani (Pd per affrontare un tema “richiesto dalle coscienze delle persone oltre che dalle sentenze costituzionali”.


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