Palazzina Laf, l’esordio di Michele Riondino in regia

di Alessia Giurintano
4 Min.

Taranto, 1997, stabilimento industriale ILVA. Caterino Lamanna è un operaio, che tra una sigaretta e uno sciopero aziendale, riesce a guadagnarsi da vivere grazie ad un lavoro onesto ma massacrante. Figlio di un’era in cui il binomio lavoro-sacrificio era realtà fattuale e legge indiscussa, guarda con sospetto tanto i sindacalisti, quanto i lavoratori più qualificati, confinati nella Palazzina Laf.

L’edificio, che incarna lo spazio del confino lavorativo, gli appare come il Paese dei Balocchi, e per questo risuona in lui come una offesa verso tutti coloro che lavorano col-per così dire- sudore della fronte.

Caterino è un uomo comune, un operaio con una vita modesta, soffocato dal grigiore della sua personalità anonima, e macchiato da una colpa consapevole, che si muove fra legale e illegale.

È un uomo senza scrupoli, che con fierezza e senza rimorso accetta un incarico illecito, a favore di pochi e a discapito di molti (lui compreso).

L’uomo è un colluso, e seppur effettivamente coinvolto in azioni illecite, è vittima di se stesso, risucchiato da quella che è, e non può essere altrimenti, la banalità del male.

Caterino sembra essere la pedina nelle mani di una gerarchia contro cui nulla si può, ma non mostrando segni di pentimento, procede nell’illecito come solo un uomo vuoto e scialbo può fare.

Palazzina Laf, il film denuncia volutamente orientato

Michele Riondino porta sullo schermo una storia che non è solo reale, ma anche realmente accaduta.

Proprio nella sua terra natale, infatti, nel tempo in cui egli aveva appena vent’anni,si registrava il primo caso di mobbing, la cui inchiesta giudiziaria venne chiusa soltanto nel 2006.

Riondino, che di questa pellicola è regista, sceneggiatore e attore protagonista, si è servito delle testimonianze di ex lavoratori realmente coinvolti in questo caso i risonanza nazionale:

«Tutti i fatti narrati nel film sono frutto di interviste fatte a ex lavoratori ILVA ed ex confinati, e i passaggi finali sono dettagliatamente presi dalle carte processuali che hanno determinato la condanna degli imputati e il risarcimento delle vittime.»

Attraverso gli occhi di Caterino, e i comportamenti sui generis degli altri lavoratori confinati alla Laf, il regista mostra sapientemente l’assoggettamento psicologico messo in atto dai dirigenti, tra cui Elio Germano, verso i lavoratori più qualificati. 

L’obiettivo finale era, infatti, spingerli a consegnare le dimissioni, oppure accettare il demansionamento

Riondino ha saputo colpire, e ha saputo sorprendere

Michele Riondino dona se stesso in questo prodotto che lui stesso ha definito ideologico, politico e volutamente orientato

Fa un dono allo spettatore, mostrando sé nella sua terra, impiegando il linguaggio quotidiano che è quello delle sue radici. 

Ha reso visibile l’illecito di un colosso che ha costituito l’identità regionale per tempo, e non solo a livello economico-produttivo. 

Palazzina Laf è un prodotto di una raffinatezza teatrale, curato nel dettaglio della banale quotidianità. 

È un film per tutti, perché appartiene alla collettività: vero, onesto e disonesto, crudo, lento ma anche rapido, immobile ma dinamico. 


Articoli Correlati