Meta, la rivolta dei moderatori porta in tribunale l’azienda: “Costretti a guardare stupri e p*rn*grafia minorile”

di Daniele Schiappa
4 Min.

Ne sta parlando tutto il mondo, anche quotidiani internazionali come il Time, il The Guardian e anche la BBC gli hanno dedicato un inchiesta. Si tratta di numerose denunce effettuate da alcuni ex dipendenti di Meta (o di aziende terza che lavoro per essa) contro l’azienda stessa. Più precisamente stiamo parlando dei cosiddetti “moderatori di contenuti” cioè delle figure che si occupano di controllare le segnalazioni che noi utenti inviamo ogni giorno quando utilizziamo le diverse piattaforme social di Meta, come Instagram, Facebook o Whatsapp. Ma perché questi ex-dipendenti stanno facendo causa e come mai questo caso è diventato di interesse mondiale? Ecco qui tutte le informazioni al riguardo.

Daniel Motaung, ex-dipendente di ordine sudafricana è stato il primo a fare causa alla multi-nazionale. Daniel sostiene che l’hanno licenziato dopo aver provato a creare una sorta di sindacato per far si di chiedere alle aziende (Meta e terze parti che ne fanno parte) condizioni di lavoro migliori e una retribuzione più alta. Inoltre l’ex lavoratore contesta alla società affiliata a Meta che lo ha assunto che nel momento di assunzione non gli erano stati spiegati tutti gli aspetti del lavoro che sarebbe poi andato a svolgere. Secondo la società affiliata a Meta lui è stato licenziato per aver semplicemente violato alcune policy aziendali.

Meta, centinaia le cause dei guardiani dei social

Daniel ha fatto causa non solo per contestare i motivi del suo licenziamento ma anche perché ad oggi si ritrova con un disturbo da stress post traumatico. Un caso isolato? Purtroppo ragazzi sembrerebbe proprio di noi. Si tratta di centinaia di persone che ad oggi hanno rivelato di aver avuto dei traumi a causa dei contenuti a cui erano esposti quotidianamente. Stupri, decapitazioni, uccisioni di minori, pornografia minorile, suicidi, scene terrificanti solo da raccontare che ogni giorno questi dipendenti dovevano vedere e bannare dai social. Il supporto di Meta per aiutare questi dipendenti a non avere traumi causati da questo lavoro? Zero. Esatto, avete capito bene, nulla di nulla, nessun supporto psicologico e in generale nessun supporto di alcun tipo.

Sono 184 ad oggi gli ex dipendenti che hanno deciso di portare avanti una causa contro Meta e contro la società terza che li ha assunti per violazione dei diritti umani e risoluzione illegale del contratto di lavoro. Nel 2020 Facebook aveva pagato 52 milioni di dollari per risolvere una causa e fornire cure per la salute mentale ai moderatori di contenuti americani. I casi che kenioti che vi abbiamo raccontato in questo articolo però, sono i primi depositati fuori dagli USA e che se avranno successo nei tribunali africani e quindi vinceranno le cause contro Meta potrebbero portare migliorie per tutti coloro che lavorano nel settore della moderazione di contenuti social a livello mondiale. E voi che ne pensate? Come andra a finire questa mega causa? I giganti delle big-tech riusciranno a scamparla?

[Fonti: Il Messaggero, The Guardian, Time, BBC]

Scritto da Daniele Schiappa


Le foto presenti in questo articolo provengono da internet e si ritengono di libero utilizzo. Se un’immagine pubblicata risulta essere protetta da copyright, il legittimo proprietario può contattare lo staff scrivendo all’indirizzo email riportato nella sezione “Contatti” del sito l’immagine sarà rimossa o accompagnata dalla firma dell’autore.

Articoli Correlati