La scuola italiana e il (non) studio della geografia

di Alessia Giurintano
4 Min.

Lo scarso insegnamento della geografia nelle scuole italiane di ogni ordine e grado è un elemento di dibattito pubbico e ancora aperto.

In Italia gli studenti presentano gravi lacune, a causa dei programmi ministeriali che la confinano unitamente alleore di storia (la cosiddetta geo-storia del bienno superiore).

C’è ragione di pensare che in Italia sia presente un grave analfabetismo geografico, che porta con sé altrettanto gravi conseguenze.

 geografia nelle scuole

La riforma Gelmini e la geografia nelle scuole

I dati che emergono dal rapporto della Commissione per la conoscenza e lo studio della geografia, devono destare un certo grado di preoccupazione.

In Italia tale materia occupa uno spazio troppo marginale nelle scuole, ed è maggiormente affossata dalla legge Gelmini (2010).

Questa riforma ha aggravato la situazione già precaria delle scuole italiane di ogni ordine e grado.

Nelle scuole primarie e in quelle secondarie di primo grado, le ore settimanali sono state ridotte da tre a due.

Nella scuola secondaria di secondo grado, specificatamente nei Licei, ha preso piede “geo-storia“, che però penalizza nella maggioranza dei casi lo studio della prima per la seconda.

«I più penalizzati sono gli istituti Tecnici e Professionali: qui, la materia viene insegnata dai docenti non abilitati all’insegnamento della geografia (classe di concorso A-21)», denuncia Riccardo Morri, presidente dell’Associazione Nazionale Italiana Insegnanti di Geografia.

L’analfabetismo geografico è anche mancanza di sguardo critico

Tale studio così approssimativo della materia, porta con sé delle conseguenze per gli studenti italiani fino all’Università.

Qui, ed è di nuovo il professor Riccardo Morri ad avanzare la denuncia, ragazzi e ragazze arrivano con la quasi totale assenza di nozioni geografiche.

Essi mancano del linguaggio specifico, che non è prettamente accademico, e che gli impedisce di guardare ai fenomeni sociali con occhio critico, consapevole.

Lo studio della geografia, infatti, va ben oltre l’orientamento nel tempo e nello spazio di cui si parla alle elementari, e ancora più oltre rispetto all‘apprendimento mnemonico di capoluoghi e province del territorio italiano.

Bisogna pensare la geografia come una scienza, inserita nelle dinamiche sociali che vanno dall’ecologia all’immigrazione, fino alla demografia.

lo studio della geografia

Valorizzare la geografia si può, ma allora di chi è la colpa?

«È necessario ripetere che la geografia come oggi è intesa, non è più quella filastrocca di nomi che si insegnava nelle scuole di un mezzo secolo addietro; ma è una delle scienze più complesse e più utili.» affermava Luigi Berlinguer.

L’approccio nozionistico presente sui libri di testo, porta gli alunni ad uno stato- legittimo- di noia. L’idea che si ha della geografia è distorta, non coincide con la realtà circostante e questo si traduce in una ingiusta mortificazione della materia.

La geografia può occupare uno spazio, può affrontare discorsi sociali, economici, culturali. Può e deve farlo, ma è assolutamente necessario che il Ministero le riconosca questa capacità.

Di Alessia Giurintano

Fonti: Orizzontescuola, La Tecnica della Scuola, Qds, AIIG


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