La lotta alla mafia di Piersanti Mattarella

di Alessia Giurintano
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44 anni fa, il 6 gennaio 1980, moriva Piersanti Mattarella simbolo della lotta alla mafia e presidente della Regione Sicilia.

I proiettili di una calibro 38 raggiunsero e spaccarono il finestrino della sua auto, colpendolo a freddo.

Era diretto alla messa dell’Epifania, assieme alla moglie e alla suocera.

Moriva a Palermo, a 54 anni, sotto gli occhi dei familiari, figli inclusi. Su di lui, in occasione dell’anniversario, si esprimono le personalità politiche attuali, come Carolina Varchi, membro di FDI e vicesindaco di Palermo:

Piersanti Mattarella fu il presidente del rinnovamento siciliano. Ebbe la forza di bloccare i grandi interessi economici che si annidavano nella speculazione edilizia, mise ordini nei conti economici e finanziari della Regione, attuò lungimiranti politiche a sostegno della famiglia.

Piersanti Mattarella, chi era l’uomo che avviò la lotta alla mafia

Nato a Castellammare del Golfo nel 1935, cresce in una famiglia già inserita nel contesto politico, tra Democrazia Popolare prima, e Democrazia Cristiana poi.

Convinto di una possibile alleanza con i socialisti, in virtù di un interesse collettivo, si circonda da subito di nemici, tanto esterni quanto interni.

Nel suo stesso partito, infatti, sono presenti figure quali Vito Ciancimino, il quale non ha mai troppo nascosto il suo legame con Cosa Nostra.

Ne 1978, raggiunge la presidenza della regione, affiancato da socialisti, liberali e socialdemocratici. A suo vantaggio, o anche la sua condanna, fu l’appoggio del Partito Comunista.

Il piano d’azione di Piersanti mirava all’uscita dal sottosviluppo e la lotta alla mafia. Per questo, muove gli assi politici interni, l’economia e soprattutto l’urbanistica.

Questi provvedimenti accrescono la sua fama ma aumentano il numero di suoi nemici, che risultano essere sempre più temibili.

Piersanti Mattarella era un personaggio scomodo, ritenuto il successore di Aldo Moro, e per questo era necessario eliminarlo dalla scena politica e non solo.

Nella sua ultima intervista, rilasciata un giorno prima della sua uccisione, egli dichiara che l’origine della mafia risiede nella inefficienza dell’amministrazione pubblica, creando rapporti di collusione e corruzione.

Il segno del cambiamento nel ricordo di suo fratello Sergio, attuale Capo di Stato

L’elezione di Sergio Mattarella, fratello di Piersanti, a Capo di Stato nel 2015, è un fatto storico.

Lo Stato Italiano espone un posizionamento antimafioso, che arriva alla massima rappresentanza istituzionale.

La scelta è tutt’altro che casuale: Sergio rappresenta un simbolo, quello della lotta alla mafia.

Ha sempre colpito la sua compostezza, la lontananza dagli scandali, l’eleganza e il suo rigore formale.

Sergio ha raccolto l’eredità di suo fratello, e da quel maglione macchiato del suo sangue ha creato una carriera politica che è ancora attuale, e che lo ha premiato con il massimo della carica.

Sergio Mattarella e la lotta alla mafia
-Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Brescia – È iniziata, con l’omaggio alla stele dei caduti in Piazza Loggia, la visita istituzionale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Brescia. A seguire la visita al Palazzo di Giustizia, dove verrà scoperto un busto in memoria di Martinazzoli e l’incontro al Teatro Grande con i sindaci, i politici bresciani e i rappresentanti delle associazioni, delle istituzioni e del mondo imprenditoriale. Infine nel pomeriggio sono programmate tre visite private al museo di Santa Giulia, al centro di ricerca Fatebenefratelli.

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