Chi è Julian Assange, rischia fino a 175 anni di prigione negli Stati Uniti

Nella giornata internazionale della libertà di stampa ripercorriamo la storia di Julian Assange e Wikileaks

di Carola Speranza
16 Min.

Eroe per alcuni, truffatore per altri. Qualcuno lo definisce un cospiratore, qualcuno lo presenta così: «Ma lui non è un criminale. È un uomo innocente e non ha mai commesso un atto di violenza. Il suo unico crimine è aver rivelato la verità.»[1] Ma chi è davvero Julian Assange, arrestato nel 2010 a Londra, esiliato nell’ambasciata dell’Ecuador che gli ha concesso asilo politico dal 2012 al 2019, incarcerato nell’aprile di quello stesso anno nella prigione più dura del Regno Unito e che, se estradato negli USA, rischia fino a 175 anni di carcere?

Julian Paul Assange è nato nel 1971 a Townsville, in Australia. È tra i fondatori di Wikileaks, un’organizzazione internazionale in grado di ricevere, in forma anonima, documenti coperti da segreto e di pubblicarli sul proprio sito o in collaborazione con testate giornalistiche.

Australia

Ha studiato per alcuni anni fisica e matematica all’università di Melbourne. A diciotto anni è diventato padre per la prima volta. A venticinque anni è stato condannato per aver hackerato le reti di Nortel, una compagnia telefonica canadese. Nonostante vi fossero ben 24 capi di imputazione contro il Crimes Act del Commonwealth, la sentenza fu solamente di una multa di 2100 dollari. Così aveva affermato la giudice Leslie Ross che seguiva il processo: “Le informazioni che lei ha acquisito e le intrusioni che ha fatto nelle reti informatiche a cui ha avuto accesso non hanno prodotto alcun guadagno personale. Non c’è alcuna prova che lei abbia agito per altra motivazione che il suo interesse per i computer, il suo desiderio di accedere a queste informazioni particolari per potenziare le sue conoscenze.” [2]

Prima di Wikileaks

A soli 22 anni, aveva già collaborato con la polizia australiana nella lotta alla pedopornografia online, come poi rivelato dalla giornalista Stefania Maurizi, nel suo libro. Non solo, negli anni ’90 aveva fatto parte dei Cypherpunk: qui si può leggere per intero il loro manifesto.

Nel 1997 Julian Assange aveva iniziato a sviluppare un programma di crittografia, Rubberhose, “pensato per proteggere attivisti dei diritti umani e giornalisti che lavoravano in società autoritarie, o comunque in contesti difficili, e venivano fermati e perquisiti per verificare se avessero con sé informazioni compromettenti”[3]. Il seguente programma non fu mai concluso ma la volontà di proteggere le fonti in possesso di documenti importanti era già una priorità nel suo lavoro.

La prima volta

Nel 2006 ha fondato Wikileaks, nato con lo scopo di rendere pubblici documenti coperti da segreto, garantendo l’anonimato delle fonti. Questi, dopo una loro attenta disamina, in futuro anche con la collaborazione di giornalisti delle maggiori testate internazionali, venivano poi pubblicati sul sito e tramite articoli con i giornali con cui collaborava. Per anni, the Guardian, NYT e Der Spiegel hanno pubblicato veri e propri scoop internazionali di prima mano.

Nel 2006 non esisteva un giornale al mondo che offrisse questo tipo di protezione basata sulla crittografia alle proprie fonti. L’obiettivo era quindi quello di ricevere documenti scottanti, in forma anonima, a livello elettronico: esattamente come poteva ancora avvenire nelle redazioni, quando qualcuno inviava lettere o documenti in forma anonima. To leak, in inglese, significa far filtrare: l’obiettivo era quello di filtrare documenti, presentati tendenzialmente da whistleblower, e renderli accessibili e fruibili a tutti.

Prima del 2010

Queste le parole di Julian Assange, presenti in un suo documentario:

Se censuri materiale importante, noi non solo ti criticheremo, prenderemo quello che stai cercando di nascondere, e lo diffonderemo in tutto il mondo. Lo terremo nei nostri archivi in modo tale che non vada mai perso, incoraggiando chiunque a farne delle copie.

Dopo solo due anni in attivo, Wikileaks aveva pubblicato oltre un milione di documenti. Vengono qui elencati solo alcuni degli scoop più importanti dei primi anni di lavoro: come i documenti segreti che rivelavano uno scorretto uso di centinaia di migliaia di soldi pubblici da parte del Presidente del Kenya Daniel Toroitich arap che infatti non fu più rieletto. Nel 2007 fece conoscere l’inferno di Guantanamo, pubblicando materiale confidenziale intitolato “Camp Delta Standard Procedures”.  Nel periodo della grande crisi economica del 2008, in Islanda, pubblicò il portafoglio crediti della fallita banca Kaupthing, dimostrando evidenti negligenze da parte di diversi organi e banchieri.  Infine, resero noti i documenti relativi a diversi presunti evasori, clienti di diverse banche svizzere.

Un caso emblematico: Trafigura

Si tratta di un fatto avvenuto il 19 agosto 2006 e ritornato alle cronache grazie a nuove prove trovate dal quotidiano “The Guardian” e la BBC, circa tre anni dopo. Essi avevano rivelato che una nave cargo “Probo Koala” aveva scaricato ad Abidhan, in Costa d’Avorio, 500 tonnellate di rifiuti tossici. Quest’ultime appartenevano alla società anglo-olandese Trafigura, multinazionale del trading petrolifero. Secondo il rapporto dell’Onu, scaricarono sostanze pericolose in diciotto siti diversi intorno alla città. Provocarono la morte di 15 persone, il ricovero di altre 69 e ne obbligarono oltre 108.000 alla richiesta di cure mediche.

Cosa c’entra tutto questo con il lavoro di Wikileaks?

La storia era già conosciuta al tempo. Qualcosa cambiò quando nel maggio del 2009: il Guardian aveva affermato di avere la prova definitiva dello scarico dei rifiuti. Il documento in questione si chiama Minton Report. Si trattava di un report commissionato dagli stessi consulenti scientifici della multinazionale Trafigura. Il suo autore John Minton affermava che lo scarico di quei rifiuti era illegale in Europa: al posto dello smaltimento costoso, i rifiuti furono trasportati fuori dal continente, violando il Trattato di Basilea. Nel report emerge chiaramente che si conoscessero i rischi: erano potenzialmente tossici e in grado di causare gravi danni alla salute umana.  Qualcuno lo aveva passato alla stampa. Il legale della multinazionale, Carter-Ruck,  aveva presentato allora un’ingiunzione d’emergenza in tribunale, che vietava al Guardian sia la  sua pubblicazione e sia di rivelare di essere sotto censura per ordine del giudice. Era un perfetto caso di documenti segreti passati tramite whistleblower, lavoro ordinario per Wikileaks che, il 14 settembre 2009 pubblicò il Minton Report. Dove i giornali potevano ricevere minacce, censure e pressioni legali, Wikileaks, proprio per la sua essenza, non poteva ricevere lo stesso tipo di trattamento. E questo, a molti, iniziava a fare paura.

Collateral Murder

Il 5 aprile 2010 cambia tutto. È il giorno in cui Wikileaks pubblica “Collateral Murder” un video di 18 minuti che mostra un nuovo lato della guerra. Per la prima volta, tutti possono vedere un’operazione militare, direttamente ripresa dai due elicotteri Apache, statunitensi. I militari chiedono di aprire il fuoco, mentre stanno sorvolando un quartiere residenziale di Baghdad, su un gruppo di individui sospettati di avere degli AK47. Se il primo attacco può sembrare colposo, quello che avviene subito dopo è da considerarsi criminoso: i soldati non solo hanno sparato su due giornalisti Reuters (altro che ribelli) ma hanno anche ucciso i soccorritori di una delle persone colpite. Tra questi, un padre sceso dall’automobile per prestare soccorso, mentre aveva lasciato in auto i suoi due bambini, che rimangono comunque feriti.

“Collateral Murder ha sconvolto l’opinione pubblica mondiale. Quel video fa appena intravedere la carneficina in corso ogni giorno nella guerra in Iraq, ma è così reale che la visione diventa quasi insopportabile.”

Nils Melzer, Il processo a Julian Assange, p.37

2010: l’anno di svolta

Il 27 maggio del 2010 viene arrestata Channing Manning. Il 6 giugno 2010 Wired pubblica una notizia che fa il giro del mondo: in Iraq hanno arrestato un soldato statunitense dopo aver raccontato, in chat, di essere stato lui a passare a Wikileaks il video di Collateral Murder e altre centinaia di migliaia di documenti segreti a cui aveva accesso.

Il 2010 è l’anno delle pubblicazioni per eccellenza: Jualian Assange, per divulgarle, collabora con quotidiani e settimanali tra i più famosi e prestigiosi al mondo: The New York Times; The Guardian; Der Spiegel; Le Monde; El Paìs. Si tratta di oltre 90.000 documenti con resoconti fatti direttamente sul campo della guerra in Afghanistan, Afghan War Diary, altre centinaia di migliaia dalla guerra in Iraq. Gli aggiornamenti che i militari devono sottoscrivere sui documenti, nei minimi dettagli, ridanno un’immagine della guerra totalmente differente rispetto a quella descritta da politici e media fino a quel momento. Una fuga di dati considerata tra le più grandi della storia militare degli USA. A novembre, Wikileaks pubblica la mole di circa 250.000 cablogrammi diplomatici inviati da impiegati di ambasciate statunitensi i quasi tutto il mondo. Le varie pubblicazioni avvenivano sotto una rigorosa procedura di analisi ed esame, per oscurare e cassare i nomi delle persone la cui vita poteva essere messa in pericolo, rendendo noto il materiale segreto.

Svezia

Nell’agosto dello stesso anno, al momento della sua massima popolarità, Assange si reca a Stoccolma, invitato ad una conferenza organizzata da socialdemocratici. Al tempo, in Svezia, era tema di dibattito l’interesse del fondatore di Wikileaks di aprire lì una sua sede come editore svedese, in modo da poter essere tutelata dalla Costituzione svedese, particolarmente attenta alla libertà di stampa e di pubblicazione rispetto ad altri Paesi. Il 20 agosto le autorità svedesi rivelano l’emissione di un mandato di arresto per Julian Assange con due capi di accusa sulla base di due differenti denunce, da parte di due donne: una per molestie sessuali e una per stupro. Il primo mandato d’arresto per quest’ultimo reato viene fatto cadere quasi subito. Mentre proseguono le indagini per molestie sessuali. Marianne Ny, membro di più alto grado dell’organo di pubblica accusa in Svezia e capa del dipartimento sui crimini sessuali, decide di riaprire le indagini anche sull’ipotesi di reato di stupro. Non chiede immediatamente l’arresto, poi formalizzato più avanti.

Ecuador

Nel novembre del 2010, viene emesso un mandato di arresto internazionale. Sarà lo stesso Assange a consegnarsi agli agenti di Scotland Yard, in attesa della sua estradizione. L’alta corte concede la libertà su cauzione. Nel febbraio del 2011 un tribunale distrettuale britannico stabilisce la sua estradizione in Svezia. A questo punto, Julian Assange chiede e ottiene asilo politico nell’ambasciata ecuadoriana a Londra, consapevole di essere sotto arresto in caso di una sua uscita dalla stessa. Nel 2014 gli confermano il mandato di arresto per reati sessuali da Stoccolma. Nel 2015, i procuratori svedesi richiedono di interrogare Assange all’interno dell’ambasciata. Pochi mesi dopo, gli stessi abbandonano le indagini: alcune accuse sono andate in prescrizione, rimane attiva solo quella dell’accusa di stupro. La polizia londinese cessa la sorveglianza 24 ore su 24 presso l’ambasciata, dopo che la seguente operazione si stima sia costata diversi milioni di sterline. Rimane il mandato d’arresto in caso di sua uscita dalla stessa. Julian Assange, nonostante evidenti problemi di salute, non avrà mai modo di recarsi in ospedale.

Il 21 dicembre del 2018 il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria (WGAD) dichiara che la detenzione sia illegale e raccomanda il suo rilascio e un risarcimento. La Gran Bretagna definisce la sentenza come “ridicola”.

Il carcere

Manifestazione per Julian Assange a Roma davanti all'ambasciata inglese 20 febbraio 2024. Foto di Carola Speranza
Manifestazione a Roma davanti all’ambasciata inglese 20 febbraio 2024. Foto di Carola Speranza

Nel 2019, il presidente dell’Ecuador Lenin Moreno, eletto due anni prima, ritira lo status di rifugiato e la cittadinanza ad Assange. Gli agenti di Scotland Yard lo arrestano presso l’ambasciata l’11 aprile 2019. Ricordiamo tutti le immagini di lui, trascinato fuori e caricato su un’auto della polizia. Nello stesso giorno viene portato nel Westminster’ Magistrates’ Court. Dopo soli 15 minuti di udienza viene giudicato colpevole di violazione del rilascio su cauzione relativa a sette anni prima. Viene così portato nel carcere di massima di sicurezza di Belmarsh, a Londra.

Se nello stesso anno la procura svedese archivia l’indagine per stupro. Le autorità britanniche condannano Assange a cinquanta settimane di carcere per non aver rispettato la libertà vigilata. Nello stesso giorno, gli USA ne chiedono l’estradizione: su di lui pendono diciotto capi d’accusa.

Quello che pochi sanno è che ad Assange, nel 2017, era stata concessa la cittadinanza ecuadoriana. L’Ecuador vieta espressamente l’estradizione dei propri cittadini. Per questo, un’ora prima della sua “espulsione” oltre a revocargli l’asilo politico, l’Ecuador gli sospese anche la cittadinanza per presunte irregolarità nei documenti. Quello che pochi sanno è che sempre nel 2017 la richiesta di estradizione svedese era stata formalmente ritirata. Qui puoi recuperare ancora altri passaggi della vicenda.

E ora?

Nel giugno del 2022 il governo britannico ha ordinato l’estradizione di Assange nel Stati Uniti. I suoi legali sono ricorsi in appello. E così, solo quest’anno, nel 2024, gli avvocati hanno lanciato l’ultimo tentativo legale per fermare l’estradizione, presso l’Alta Corte Inglese. Quest’ultima ha dichiarato che considererà l’estradizione negli USA solo con la garanzia di questi tre requisiti: il rispetto del primo Emendamento della Costituzione americana; nessuna discriminazione in quanto non cittadino americano nel processo; l’esclusione della pena di morte. Se gli ultimi due punti sono stati accolti, dai documenti forniti dagli USA si evince che non si garantisce, a priori, il rispetto del First Amendment.  

avrà la possibilità di provare a fare affidamento su un processo che sia sotto la protezione del primo emendamento, decisione che può essere presa solo dalla Corte americana

Stella Morris, moglie di Assange, ha dichiarato: «Gli Stati Uniti hanno rilasciato una non assicurazione in relazione al Primo Emendamento e un’assicurazione standard in relazione alla pena di morte». Il 20 maggio avrà luogo un’ulteriore udienza in tribunale a Londra, quando la Corte si troverà a riesaminare nuovamente il caso.

[3] Stefania Maurizi, Il gioco sporco, Milano, Chiarelettere, 2021, p. 88

[2] Sentenza “The Queen v. Julian Paul Assange”, 5 dicembre 1996, cit. dal libro Il potere segreto, p.81.

[1] Nils Melzer, Il processo a Julian Assangfe, Roma,Fazi Editore, 2023, p.XI


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