“Il Piacere” di Gabriele D’annunzio: tra estetismo e inettitudine

di Costanza Maugeri
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 3 Min.

Dopo aver delineato la personalità armoniosamente contradditoria di Gabriele D’Annunzio (vi lasciamo qui il link dell’articolo, nel caso ve lo foste persi), oggi vi parliamo di uno dei suoi capolavori: Il Piacere.

Il Piacere: quando il nome conta….

Il Piacere di Gabriele D’Annunzio è un romanzo pubblicato nel 1889, simbolo dell’Estetismo e del Decadentismo italiano.

La trama è piuttosto scarna: il protagonista Andrea Sperelli, dietro cui si nasconde lo stesso autore, è un tipico dandy amante della bellezza e dell’arte. Egli ama due donne Elena Muti, che lo abbandona per sposare un lord inglese e Maria Ferres, donna che cede al suo corteggiamento. Andrea non dimentica, però il primo amore, Elena, tanto che durante la prima notte d’amore con Maria, invoca il nome della Muti. Maria Ferres turbata e disgustata dall’accaduto, abbandona il protagonista.

Gustav Klimt

Andrea Sperelli: l’inettitudine di un uomo che ama l’arte ma non la crea.

Andrea, come accennato in precedenza, è il tipico esteta amante dell’arte, delle belle apparenze, della raffinatezza e delle donne, con le quali non rinuncia al soddisfacimento dei desideri carnali.

In poche parole Sperelli è il bell’artista dai modi galanti ed eleganti, o almeno così sembra.

In realtà nel protagonista si manifesta la decadenza dell’Estetismo. Sperelli, nonostante abbia una naturale inclinazione verso tutto ciò che è arte, non riesce a crearla. Perchè? E’ uno schiavo dell’ozio e dell’inettitudine tipica dell’era moderna, un uomo vuoto che vive nell’inconsistenza dell’esteriorità.

Roma: specchio dell’inconsistenza di Andrea Sperelli

Palazzo Colonna, Roma

Lo sfondo urbano caratterizzante la vita di Sperelli è una Roma barocca, nella quale domina la vacuità della bellezza superficiale, una città fatta di palazzi aristocratici, feste nobiliari e salotti fintamente intellettuali, in cui le fisime del protagonista si amplificano, facendolo vivere in un mondo di illusione.

La stessa prosa è specchio del contenuto del romanzo, prevalgono descrizioni artificiose, appesantite da virtuosismi stilistici che nascondono goffamente la povertà dei fatti narrati.

La maestria di D’annunzio è rivelata proprio da questo uso barocco delle parole che se da una parte, come detto, nascondono a malapena il vuoto contenutistico dell’opera, dall’altra parte mostrano la padronanza delle parole di D’Annunzio che modula e modella a suo modo la narrazione con una forte spinta sensuale e uno stile sinuoso.

Scritto da Costanza Maugeri


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