Il laureato (1967): amore e ribellione negli Stati Uniti degli anni ’60

di Emanuele Fornito
11 Min.

Trama

Benjamin Braddock (Hoffman), appena terminati gli studi al college, torna a casa portando con sé una completa incertezza riguardo il futuro. Costretto a sopportare il confronto con la vecchia generazione borghese, che non fa altro che scoraggiarlo, intraprende una relazione amorosa con la sposata Mrs. Robinson (Bancroft), relazione che degenererà in scontri e fughe a causa dell’amore provato per Elaine Robinson (Ross).

Recensione

Tra i film più iconici della cultura figlia della beat generation, Il laureato ha ormai preso un suo posto nella storia del cinema statunitense, divenendone una pietra miliare. Grazie alle numerose innovazioni presenti nella brillante sceneggiatura e all’importante influenza che queste hanno avuto sui registi negli anni a seguire, infatti, il film è considerato quasi all’unanimità il primo lungometraggio della New Hollywood, corrente cinematografica indipendente che, in concomitanza con una nuova cultura sociale, dominerà le scene tra la fine degli anni ’60 e i primi ’80. Ricordiamo che gli anni ’60 furono anni di profonda voglia di cambiamento e di “rivoluzione” e, un’opera del genere, non poteva che divenire parte della storia culturale di quegli anni.

La famosissima scena di copertina

Quello di Mike Nichols può essere considerato un vero e proprio manifesto generazionale, che racchiude in sé tutti i temi che i giovani dell’epoca cercavano di esprimere, conservando al tempo stesso una sorprendente modernità tematica. È importante dunque definire un primo grande pregio al film: la capacità di permettere allo spettatore di immedesimarsi perfettamente nella storia e, più in particolare, nel personaggio di Benjamin, venendone dunque rappresentato

L’opening scene, una delle più memorabili (tanto da essere stata ripresa da Tarantino in Jackie Brown), indica allo spettatore fin da subito l’impronta stravolgente del film: con una carrellata con soggetto fermo su una pedana in movimento sincronizzato a quello della cinepresa, Nichols dà l’illusione che il soggetto sia fermo su uno sfondo in movimento, il tutto sulle note di The Sound of Silence di Simon & Garfunkel. Oltre all’innovazione strettamente cinematografica, ci troviamo dinanzi ad un nuovo ruolo della musica: essa non accompagna più gli eventi della storia, quasi a rafforzarli, come succede, per esempio, nella sequenza iniziale di Quarto Potere (1941) (ereditando questo uso dal cinema muto), ma diviene una seconda protagonista che va a ritagliarsi un proprio spazio. Non a caso, la canzone è divenuta anch’essa un’icona dell’epoca e, esattamente come il film stesso, ancora oggi riesce a smuovere i sentimenti dei fruitori. 

Un frame dalla sequenza iniziale del film

Si passa quindi alla festa, incipit dell’intera storia, in cui risulta subito esserci una forte caratterizzazione del personaggio principale. La cinepresa non lascia mai Benjamin e, grazie anche ad una notevole capacità interpretativa di Hoffman, lo spettatore viene messo in condizione di empatizzare fin da subito con il protagonista. Il personaggio di Benjamin non è infatti il tipico ragazzo borghese americano sicuro di sé grazie alla sua potenza economica, ed è ancora più lontano dal tipo di ragazzo ribelle interpretato dodici anni prima da James Dean in Gioventù Bruciata. Egli è, al contrario, un ragazzo sì borghese, ma insicuro innanzitutto riguardo il proprio Io e, conseguenzialmente, riguardo al futuro che lo aspetta dopo il college (un archetipo insomma molto vicino ad una larga fetta di giovani). Affetto anche da un’avversione al confronto sociale, è possibile rendersi rapidamente conto che Benjamin non ha in realtà vissuto la sua vita giovanile, probabilmente rinchiudendosi negli studi. Il ritorno a casa rappresenta dunque una spaccatura, una crisi, che lo porterà, con non poca titubanza, a compiere scelte ben al di là di quanto prefissato dai suoi genitori. Anzi, è possibile affermare che l’insicurezza sarà sempre presente nel corso della storia, ma è la stessa insicurezza che metterà Benjamin nella condizione di cambiare, protagonista dunque di una graduale evoluzione del personaggio.

Eppure, ciò che smuove un Benjamin inizialmente perso nel suo smarrimento è Mrs. Robinson, una donna di mezza età (nella realtà la Bancroft era soltanto sei anni più grande di Hoffman), ed amica della famiglia Braddock. Inizialmente viene presentata in maniera quasi “ambigua”: ci troviamo dinanzi ad una donna forte del suo ceto sociale borghese ma che, allo stesso tempo, assume un atteggiamento di tensione erotica con il protagonista. Ciò è avvertito soprattutto grazie all’espressività di Ben, al suo imbarazzo in presenza di essa. Ed è, dopo averla accompagnata a casa, che troviamo conferma di tutto ciò. 

Mrs. Robinson vuole infatti approfittare dell’assenza di suo marito per intrattenere un rapporto intimo con Benjamin il quale è, tuttavia, profondamente agitato dalla situazione, tanto da rifiutare e scappare in salotto. Soffermandosi sulle dinamiche notiamo diversi aspetti. Innanzitutto, c’è la prima grande critica alla società borghese e moralista del tempo: un rapporto amoroso tra un giovane ed una donna matura veniva visto al tempo (e probabilmente ancora oggi) come scandaloso e immorale, immoralità avvertita in primo luogo dallo stesso Benjamin. Egli, come accennato, è pur sempre figlio della classe borghese che lo ha educato a valori ben radicati. 

Dinanzi al distacco che Mrs. Robinson ha nei riguardi dei suddetti valori, egli viene posto dunque in una situazione ancor più complicata: non è più insicuro del solo futuro, ma mette in discussione anche i princìpi etici e morali che gli sono sempre stati insegnati “verticalmente”. È la costante paura di compiere scelte sbagliate che accomuna l’insicurezza di tutti i giovani (oggi più che mai) e che colpisce, per la prima volta, anche un personaggio sul grande schermo

Dustin Hoffman e Anne Bancroft ne “Il laureato”

Qual è la risposta che dà, dunque, Benjamin? Ebbene, con un atteggiamento di chi sta compiendo un atto profondamente peccaminoso, egli decide di assecondare le lusinghe della Robinson, la quale sempre più viene posta come antitetica a Ben stesso: se da una parte la donna è rilassata riguardo gli incontri in hotel (è probabile che avesse già avuto esperienze simili prima dei fatti), il giovane studente è preoccupato che la cosa possa uscire allo scoperto, tanto da mentire al receptionist (interpretato dallo sceneggiatore stesso Buck Henry) il quale risulta chiaramente sorpreso dall’atteggiamento impacciato del ragazzo.

Il rapporto adulterino tuttavia deve scontrarsi con un grosso ostacolo: l’amore. Se Benjamin era infatti convinto di essere innamorato di Mrs. Robinson (probabilmente accecato dal fascino del proibito), quando per insistenza dei genitori è costretto ad uscire con Elaine Robinson, figlia di Mrs. Robinson, si rende conto che in realtà è lei la ragazza di cui è davvero innamorato. A questo punto la narrazione assume del fiabesco: l’amore, motore di tutto, spinge prima Benjamin a rivelare la verità ad Elaine (la quale sentitasi tradita si trasferisce a Berkeley), poi a raggiungere quest’ultima rinunciando al futuro, ai suoi genitori e alla signora Robinson, che nel frattempo matura un profondo odio nei suoi confronti. È importante notare di come la rinuncia al proprio avvenire per inseguire un amore sia un sentimento ancora vivo nelle ultime generazioni: come Ben, ancora oggi i giovani non vedono chiaro il futuro che li aspetta, decidendo dunque di inseguire quei valori che li fanno sentire vivi, li rendono liberi (e cosa fa sentire viva una persona, se non l’amore). 

Con un proprio carico di ingenuità giovanile dunque Ben si mette alla ricerca di Elaine la quale, riluttante a vederlo, alla fine cede e va a chiedere spiegazioni: si scopre che Mrs. Robinson ha accusato falsamente Benjamin di averla stuprata, ma la bugia non si rivela efficace a nascondere la verità, tanto che Elaine, ancora innamorata del ragazzo, decide di riconciliarsi con lui. Arriva tuttavia il secondo antagonista, Mr. Robinson, furioso per il rapporto della moglie con Ben, che decide di portare via Elaine da Berkeley e intimida Ben di star lontano da lei. L’amore viene nuovamente opposto dalla vecchia generazione parentale moralista e borghese. Parte così una nuova ricerca disperata della ragazza, nel frattempo promessa sposa a Carl Smith (Brian Avery), compagno di università. Elaine cade vittima quindi di quelle tradizioni che ancora nel ’67 erano ben vive: l’impossibilità di scegliere il proprio partner, la continua ingerenza della obsoleta morale genitoriale negli affari sentimentali. Ella, tuttavia, non riesce ad opporsi, proprio a causa di uno smarrimento morale che sembra aver colpito ormai anche lei.

La celebre Alfa Romeo Spider Duetto in una scena del film

Le sequenze finali risultano tanto memorabili quanto quelle iniziali. La corsa contro il tempo di Benjamin regala scene ricche di suspense e dinamismo cinematografico, senza mettere in secondo piano una qualità visiva e tecnica che resta stabile su un buon livello qualitativo nel corso dell’intero film. 

Alla fine, proprio come gli eroi delle fiabe, Benjamin arriva alla chiesa dove sono in corso le celebrazioni del matrimonio di Elaine e, dopo aver afferrato la quasi-sposa (che finalmente riesce a staccarsi dalle influenze opprimenti della cultura medio-borghese) e allontanati i parenti furiosi con una croce, scappa con il suo vero amore in una corsa struggente e, nuovamente sulle note di The Sound of Silence, i due fuggono su un autobus, sorridendo alla loro libertà.

Frame dalla scena finale

Come riferito in apertura, Il laureato viene inserito nel contesto reazionario sessantottino proprio perché racchiude al suo interno la profonda necessità di opposizione ai vecchi valori superati ed opprimenti, toccando anche aspetti meta-cinematografici: è il film stesso, infatti, a staccarsi dalle grosse case di produzione che avevano reso grande il cinema statunitense negli anni d’oro di Hollywood ma che, nel dopoguerra, avevano subìto una grossa crisi. Il film fu difatti finanziato da produzioni indipendenti. Insomma, tutto quello che viene trasmesso dal film sa di rinnovamento, ribellione e libertà.

Scritto da Emanuele Fornito con la collaborazione di Michele Ponticelli


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