I compagni (1963) di Mario Monicelli | recensione

di Emanuele Fornito
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 5 Min.

Film storico ed ideologico, I compagni si distingue, nella filmografia del celebre regista de I soliti Ignoti (tra gli altri), per aver portato sul grande schermo tutti quei moti che sono stati alla base della costituzione, con la conquista dei propri diritti, di una delle classi sociali che, nel corso del ‘900, ha caratterizzato un fondamentale strato della società: la classe operaia.

Torino, fine ‘800…

Monicelli, in collaborazione con la coppia Age&Scarpelli, decide di ambientare la storia in un periodo storico ed in una città particolarmente significativi per esplicare ciò che egli voleva trasmettere. Come ben noto, l’Europa, alla fine del XIX secolo fu investita da una rivoluzione industriale che cambiò radicalmente non solo i processi e i rapporti di produzione, ma anche le abitudini di vita e consumo delle persone, consolidando sempre di più il sistema che prenderà il nome di capitalismo. Storicamente, le industrie di quel periodo erano, in tutto il mondo, luoghi di particolare disagio lavorativo, in cui le persone di bassissima estrazione sociale subivano un vero e proprio sfruttamento, costretti ad orari lavorativi disumani e a paghe misere.

Una storia di resistenza alle ingustizie

Ne I compagni, però, a prendere la scena è ben presto il sentimento di riscatto e rivalsa che si estende nella classe operaia. Difatti, l’arrivo di un professore socialista, il professor Sinigaglia, smuove gli animi di un collettivo disorganizzato, in cui ogni membro entra in conflitto con l’altro. Grazie alla sua cultura, il professore riesce ad organizzare la massa di lavoratori e a guidarli, con non pochi problemi e resistenze, verso la richiesta di condizioni più umane.

Un’analisi sul pensiero di massa

Il film, nel suo complesso, riesce ad elevare una rappresentazione drammatica delle lotte e degli scioperi per la conquista di quelli che sono oggi i diritti dei lavoratori ad un’analisi ben più ampia sulle dinamiche che interessano le masse. Il professor Sinigaglia, interpretato magnificamente da Marcello Mastroianni, si scontra infatti con un pensiero individualista, che porta il singolo a cercare di imporre i propri interessi a scapito del collettivo. D’altronde, la povertà e la fame erano strumenti nelle mani dei grossi industriali, i quali riuscivano a tenere in pugno i lavoratori, costringendoli a tutto pur di guadagnare qualcosa. Il sacrificio per qualcosa di più grande o l’impegno per ottenere una giustizia comune sono solo alcuni degli insegnamenti ideologici che il professore cerca di diffondere tra l’irrazionalità della massa, facilmente influenzabile ma al tempo stesso estremamente alienante.

Un film crudo e drammatico

Monicelli riesce a manipolare perfettamente il mezzo cinematografico, rappresentando la drammaticità con la quale vivevano le persone del tempo, presente anche nei piccoli dettagli, come i poveri che aspettavano il cibo dalle caserme o un giovanissimo operaio che picchia il fratello più piccolo per convincerlo a studiare, pur di non portarlo a seguire la sua strada. Ma I compagni è anche un film che dimostra quanto le idee possano avere forza nella realtà, contrastando una situazione apparentemente insormontabile. La lotta per i diritti dei lavoratori fu, come raffigurato nel film, un processo lungo e tortuoso, fatto di scontri (anche e soprattutto fisici) e di sacrifici, anzitutto umani.


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