Guerra in Ucraina: il ruolo della comunicazione.

di Costanza Maugeri
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 3 Min.

Le notizie che giungono in Occidente sono trasparenti?

Dal 24 Febbraio scorso, le tv e i social media sono del tutto focalizzati sulla guerra tra Russia e Ucraina, che dopo decenni ha riportato il conflitto in Europa.
Appurato che quando si tratta un tema delicato come la guerra sia fondamentale certamente comprendere le cause di breve e lungo periodo che l’hanno scatenata e che sia altrettanto essenziale capire che non esistono ragioni valide o nobili che possano giustificarla, oggi vorremmo approfondire un fattore latente che sta alla base di ogni conflitto armato: la comunicazione.
La propaganda, nello specifico quella bellica, si incentra sul coinvolgimento emotivo.

Cosa vuol dire?  

Da sei mesi ormai accendendo la televisione, osserviamo le conseguenze tragiche di un conflitto: abitazioni, scuole, ospedali rasi al suolo, bombardati, esseri umani che scappano dal Paese che li ha visti nascere, crescere, diventare adulti e in molti casi mettere al mondo altri futuri uomini e altre future donne. 

Le scene che vediamo sono tragicamente vere, non censurate ma sicuramente accuratamente scelte in un processo che potremmo definire omissione selettiva che tende, quindi, a nasconderci la concretezza tipica di una guerra. 

In che senso? 

In queste mesi abbiamo mai visto sui social media o sulle reti di comunicazione tradizionale azioni di guerriglia concrete, scontri diretti e completi tra russi e ucraini, sappiamo realmente in un’ottica non filtrata cosa sta accadendo giorno per giorno, minuto per minuto? La risposta è certamente no. 

Arrivati a questo punto è fondamentale capire il perché. 

Sicuramente di base c’è l’interesse nel non far sapere cosa accade realmente, orientando così l’opinione pubblica verso un fronte o l’altro del conflitto, infatti ad esempio, la Cina e buona parte dell’Oriente filo putiniani mostrano il versante opposto, marcando così, inoltre, quasi una funzione civilizzatrice di questa cosiddetta operazione speciale, termine altamente propagandistico anch’esso che maschera la crudeltà dell’invasione. 

Dobbiamo prima di tutto riconoscere che mostrare tutta la verità, soprattutto se quest’ultima è scomoda non conviene ai governi, siano essi democratici o dittatoriali, preso atto di questo dobbiamo comprendere che la comunicazione propagandistica agisce sui nostri sentimenti, emozioni, costringendoci così ad evitare l’analisi lucida di ciò che vediamo, privandoci anche degli strumenti adatti a una riflessione critica ossia gli avvenimenti reali. In conclusione poiché è quasi impossibile modificare il meccanismo che sta alla base della comunicazione di massa è importantissimo ascoltare e nello stesso tempo diffidare. È nel dubbio che cresce la critica. 

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