Green Book (2018): il viaggio come catarsi umana

di Emanuele Fornito
4 Min.

Trama

Don Shirley, pianista di fama mondiale, intraprende una tournée che lo porta nel Deep South, e decide quindi di assumere un autista. La scelta ricade sull’italoamericano Frank “Tony Lip”, con il quale nascerà un’inaspettata amicizia.

Recensione

Tratto da una storia vera, Green Book fa del viaggio il proprio concetto cardine, trascinando lo spettatore assieme ai personaggi. Difatti, quella raccontata non è soltanto una storia di due persone, tanto diverse eppure tanto simili, ma è la storia di un’intera umanità, che fa delle differenze il suo punto di forza. I protagonisti sono infatti appartenenti a quelle che, negli Stati Uniti degli anni ’60, erano considerate “categorie” da eliminare: Shirley afroamericano, Frank italoamericano. E in quel clima così pesante, il razzismo rischia di sviare gli stessi discriminati: all’inizio della storia, infatti, sono gli stessi protagonisti a provare diffidenza l’uno per l’altro.

Una scena del film

La necessità di dare da mangiare alla propria famiglia da un lato, e la necessità di intraprendere il prima possibile la propria tournée dall’altro porta però Shirley e Frank sulla stessa strada, dalla quale nessuno dei due ne uscirà allo stesso modo.

Il viaggio di Green Book è un viaggio attraverso l’umanità, la scoperta dell’altro e l’abbattimento dei pregiudizi che la cultura di una società può imprimere nelle menti, ma anche l’accettazione dei difetti e la comprensione di una solidarietà contro le avversità. Shirley e Frank riescono a fare del tempo passato assieme una preziosissima opportunità di crescita umana personale, creando così un rapporto che va oltre il semplice rapporto lavorativo: essi finiscono ben presto a condividere le proprie vite personali, a condividere risate, gioie, ma anche conflitti, incomprensioni e momenti di difficoltà. Fondamentale è, tuttavia, l’assenza di giudizi. Né Shirley né Frank assumono un atteggiamento cinico o distaccato, ma anzi non possono fare a meno di protendersi verso l’altro. Anche quando Frank ha difficoltà a scrivere una lettera d’amore per sua moglie, anche quando egli scopre dell’omosessualità del pianista. Due uomini che, nonostante le proprie differenze, riescono sempre a trovare punti di contatto: d’altronde, basta il fatto che siano entrambi umani.

Una scena del film

E questo, seppur compreso da essi con modalità diverse (Shirley grazie alla sua grande cultura, Frank grazie alla sua semplicità) non è per nulla scontato. Infatti, si ha quasi la sensazione che, nel corso della storia, si vada a creare un distacco sempre più netto tra i due protagonisti e lo sfondo nel quale si muovono: ci troviamo pur sempre in un Paese profondamente discriminatorio e razzista, dove l’altoborghesia non ammette ancora che un pianista di colore suoni ad una cena di gala, e dove i ceti più bassi, seppur depositari di una pura umanità, sono ancora caratterizzati da pericolosa violenza.

Una scena del film

In Green Book, però, l’umanità vince sempre: a viaggio concluso, Shirley resta solo la notte di Natale e, presentatosi in tarda serata a casa di Frank, si ritrova davanti la sua larga famiglia che non esita ad accoglierlo calorosamente, abbattendo definitivamente quelle insensate barriere che ancora oggi, purtroppo, vengono innalzate.

Il viaggio diventa così catartico, tanto per i personaggi quanto per lo spettatore, in un film che, grazie anche alle eccellenti interpretazioni di Viggo Mortensen e di Mahershala Ali, si inserisce come una emozionante lezione di umanità.

Scritto da Emanuele Fornito

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