Franz Kafka e Milena Jesenskà: un’eterna lettera d’amore

di Costanza Maugeri
11 Min.

Cari lettori e lettrici,

oggi ho deciso di scrivervi una lettera che parla d’amore, l’amore tra Franz Kafka e Milena Jesenskà.

Ogni storia d’amore vive nell’incontro tra due anime, così, ancor prima di entrare nel cuore pulsante e nello stomaco colmo di farfalle di questi due ragazzi, ve li raccontò un po’.

Chi è Franz Kafka?

Kafka

Devo proprio dirvi la verità: descrivere Franz Kafka in poche parole è impossibile, quindi ho deciso di raccontarvelo attraverso il suo capolavoro che, non troppo celatamente, appare un’opera autobiografica.

Un anima irrequieta come Gregor Samsa, protagonista de “La Metamorfosi“(Die Verwandlung, in tedesco). Egli, come Gregor, si sente soffocato dal lavoro da impiegato, che percepisce come un impedimento alla sua grande vocazione per la scrittura.

La sua vita, inoltre, è caratterizzata da un rapporto molto particolare con il padre: un amore naturale per la figura paterna, in Kafka, convive con un timore costante causato proprio da tale figura.

Esemplare, in tal senso, è “La lettera al Padre”:

Carissimo padre, di recente mi hai domandato perché mai sostengo di avere
paura di te. Come al solito, non ho saputo risponderti niente, in parte proprio
per la paura che ho di te, in parte perché questa paura si fonda su una quantità
tale di dettagli che parlando non saprei coordinarli neppure passabilmente. E
se anche tento di risponderti per iscritto, il mio tentativo sarà necessariamente
assai incompleto, sia perché anche nello scrivere mi sono d’ostacolo la paura
che ho di te e le sue conseguenze, sia perché la vastità del materiale supera di
gran lunga la mia memoria e il mio intelletto.

Estratto di “La lettera al Padre”

Come lo scarafaggio in cui si trasforma, una mattina, il protagonista dell’opera, Kafka si sente, forse, imprigionato in una vita che non gli appartiene, soffocato da una società che non sente sua, un pesce fuor d’acqua nel grande acquario del suo tempo.

Isolato come un insetto, egli possiede. però, la capacità di pensare, pensare è soffrire, ma significa anche emozionarsi nell’arte e crearla come Franz Kafka ha fatto, donandoci alcuni dei capolavori della letteratura mondiale che testimoniano la sensibilità di un uomo che nella scrittura ha trovato il suo modo per sfiorare la libertà.

Come poteva essere proprio una bestia se la musica lo afferrava a tal punto?

Tratto da “La Metamorfosi”, Die Verwandlung

Chi è Milena Jesenskà?

Milena Jesenkà nasce a Praga il 10 Agosto 1896.

A 20 anni si innamora di Ernst Pollak, un intellettuale tedesco.

Il padre non approverà mai questa relazione a causa della religione ebrea di Pollak, tanto che la rinchiude per 9 mesi in un ospedale psichiatrico.

Milena, però, è un’anima libera, di una libertà che ancora non è concessa alle donne. Ella decide, così, di sposare Pollak, chiudendo i rapporti con il padre.

Si trasferisce a Vienna con il marito, intraprendendo la professione di giornalista e traduttrice, poco dopo , però, l’amore finisce e la Jesenskà, divorzia dal marito nel 1925.

Ella inizia a leggere le opere di Franz Kafka, chiedendogli di poterle tradurre in cieco, da questo attimo in poi, inizia la storia d’amore che fra poco vi racconterò.

Dopo tre anni dalla morte di Kafka, avvenuta nel 1924 e a cui lei dedicherà un necrologio, si sposerà nuovamente e da questo matrimonio nascerà la figlia Jena.

La Jesenskà incomincia a militare nel partito comunista fino al 1938, quando, insieme al suo amico Joachim von Zedwitz, inizia ad aiutare gli ebrei minacciati dal nazifascismo, facendo loro varcare il confine con la Polonia,

Il suo appartamento diviene un luogo temporaneamente sicuro, per chi scappa o si rifugia ella mette a disposizione cibo e documenti falsi.

Uno spirito antifascista che non sfuggirà al meccanismo fatale del Nazismo.

Ella, infatti, morirà nel Campo di concentramento di Ravensbrűck il 17 marzo 1944.

Un amore nell’inchiostro

Kafka
Disegno realizzato da Franz Kafka

La storia d’amore tra Franz Kafka e Milena Jesenskà ebbe inizio nel 1919, quando lei, si propose come traduttrice in lingua ceca delle sue opere. Ella, infatti, versava in precarie condizioni economiche insieme al marito Pollak e per tale motivo aveva bisogno di una fonte di guadagno.

Tra Kafka e Jesenskà vi fu una tensione epistolare , mi piace definirla così, di 150 lettere.

Abbiamo il piacere di leggere solo quelle di Kafka, di quelle della Jesenskà, invece, possiamo intuirne il contenuto in relazione alle lettere di risposta dell’amato. Un amore epistolare che trova concretezza fisica solo pochissime volte.

Forse, proprio prima di uno di questi incontri egli scriverà a Milena:

Domenica saremo insieme, cinque, sei ore, troppo poco per parlare, abbastanza per tacere, per tenerci per mano, per guardarci negli occhi

Dal 30 Giugno al 3 Luglio 1920  trascorsero quattro giorni paradisiaci, tanto che in una lettera del 4 luglio, egli le scrisse:

oggi Milena, Milena, Milena… non so scrivere altro.

Un amore fatto di comprensione, di ascolto. Un amore che accoglie le paure dell’altra persona amandole e curandole:

Le più belle fra le due lettere (ed è tutto dire, perché nel loro complesso e quasi in ogni riga sono la cosa più bella che mi sia toccata nella vita) sono quelle nelle quali dai ragione alla mia “angoscia” e nello stesso tempo cerchi di spiegare che non la devo avere. Infatti anch’io, anche se talvolta ho l’aria di essere un corrotto difensore della mia “angoscia”, le do probabilmente ragione nel profondo, anzi sono fatto di essa ed essa è forse la mia parte migliore. E siccome è la mia parte migliore, è forse la sola cosa che tu ami. Infatti, che altre cose potrei avere molto amabili? Questa però è amabile.

Il rapporto tra i due vive, però, in un costante tira e molla, in cui si insinua la razionalità del non potersi vivere a pieno. Nonostante questo Kafka le scriverà:

Ieri ti consigliai di non scrivermi ogni giorno, anche oggi sono di questa opinione, sarebbe un gran bene per entrambi e oggi te lo consiglio di nuovo e con più insistenza – ti prego soltanto, Milena, di non darmi retta e di scrivermi ogni giorno, basta anche brevemente, più brevemente delle lettere di oggi, soltanto due righe, soltanto una, soltanto una parola, ma la mancanza di questa parola mi farebbe soffrire terribilmente.

Ed è proprio in quella stanza in cui Kafka attende, anche una sola parola dell’amata, che prenderà in mano la penna, rivendicando la forza delle parole di Milena, scrivendo così:

Come l’animale che muore di sete beve, e ho paura e paura, cerco un mobile sotto il quale possa nascondermi, prego tremando e fuori di me in un angolo perché tu, come sei entrata rombante in questa lettera, possa volare di nuovo dalla finestra, non posso tenere in camera un uragano.

Un sentimento non vissuto è quello tra i due che vorrebbe risolversi, forse, in una notte infinita per fare l’amore, una notte che non venga tradita dal tempo, ma:

Non spaventarti se senti le mie labbra sul collo, non volevo baciarti, è soltanto amore impacciato.

E ad essere traditi in un amore impossibile sono proprio Franz e Milena: Kafka deciderà di concludere la relazione poichè nonostante Jesenskà non ami più il marito, in un primo momento non è pronta a lasciarlo e le dirà:

Ancora sabato. Questo incrociarsi di lettere deve cessare, Milena, ci fanno impazzire, non si ricorda che cosa si è scritto, a che cosa si riceve risposta e, comunque sia, si trema sempre. Capisco benissimo il tuo ceco, odo anche la risata, ma m’ingolfo nelle tue lettere tra la parola e il riso, poi odo soltanto la parola, poiché oltre a tutto la mia natura è angoscia. Non so rendermi conto se dopo le mie lettere di mercoledì-giovedì tu voglia ancora vedermi. So il rapporto fra te e me, (tu appartieni a me, anche se non dovessi vederti mai più), lo conosco in quanto non sta nel territorio confuso dell’angoscia, ma non conosco affatto il rapporto tuo verso di me, questo appartiene tutto all’angoscia. E neanche tu mi conosci Milena, lo ripeto.

II dolore in questa lettera diventa sempre più soffocante, nell’addio Kafka sembra rivelare tutta la potenza del suo amore:

Ciò che accade è per me qualcosa di mostruoso, il mio mondo crolla, il mio mondo risorge, vedi come tu (questo tu sono io) ne possa dare buona prova. Non mi lagno del crollo, il mondo stava crollando, mi lagno del suo ricostruirsi mi lagno delle mie deboli forze, mi lagno del venire al mondo mi lagno della luce del sole. Come continueremo a vivere? Se dici di sì alle mie lettere di risposta, non devi più vivere a Vienna, è impossibile. Milena, non si tratta di questo, tu non sei per me una signora, sei una fanciulla, non ho mai visto nessuna che fosse tanto fanciulla, non oserò porgerti la mano, fanciulla, la mano sudicia, convulsa, unghiuta, incerta e tremula, cocente e fredda.”

La fine di un amore non vissuto, scopre, denuda, lacera, uccide lo scrittore che in queste ultime sue parole che oggi vi consegno, si rivela nell’essenza umana. La stessa afferrata dalla musica:

“Amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso.

Fonti: Enciclopedia Treccani, Libreriamo, Ich Frau

Scritto da Costanza Maugeri


Le foto presenti in questo articolo provengono da internet e si ritengono di libero utilizzo. Se un’immagine pubblicata risulta essere protetta da copyright, il legittimo proprietario può contattare lo staff scrivendo all’indirizzo email riportato nella sezione “Contatti” del sito: l’immagine sarà rimossa o accompagnata dalla firma dell’autore.

Articoli Correlati