Essere felici davanti alla morte: la triste storia di Joe Arridy

di Giorgia Lelii
6 Min.

Joe Arridy nacque nel 1915 a Pueblo, in Colorado: fin dai primi anni, egli manifestò difficoltà e ritardi nell’apprendimento della parola e arrivò solo a fare brevi frasi elementari di poche parole. I genitori lo iscrissero alla State Home and Training School for Mental Defectives, dove veniva continuamente picchiato e maltrattato.

La sua condizione di disabile venne più volte diagnosticata, ma nessuna istituzione si occupò di migliorare le sue condizioni di vita, mettendolo in condizione di diventare un uomo solitario e silenzioso che subiva senza opporsi.

Dopo aver lasciato la scuola nel 1936, Arridy divenne un vagabondo, saltando di treno in treno per una ventina di giorni: nell’agosto dello stesso anno, si fermò a Cheyenne, cittadina del Colorado. Intanto, a Pueblo, Dorothy Drain, una ragazzina di 15 anni, viene uccisa nel cuore della notte.

Il 26 agosto 1936 Arridy venne arrestato per vagabondaggio a Cheyenne: l’uomo rivelò di aver viaggiato attraversando Pueblo, lo sceriffo della contea, George Carroll, iniziò a interrogarlo coercitivamente sul caso Drain. Sfruttando la sua disabilità e approfittando della sua mente “da bambino”, Arridy confessò l’omicidio di Dorothy.

Dopo la confessione, Carroll contattò Arthur Grady, capo della polizia di Pueblo, ma apprese che recentemente avevano già arrestato un uomo considerato il principale sospettato: Frank Aguilar, un lavoratore messicano.

Aguilar aveva lavorato per il padre delle ragazze Drain ed era stato licenziato poco prima del massacro, e la prova della colpevolezza era una testa d’ascia insanguinata, recuperata in casa dell’uomo. Lo sceriffo, per non smentire la confessione, affermò che Arridy aveva dichiarato di essere stato in presenza di Aguilar quella stessa notte: questo completò tutti gli aspetti dell’inchiesta e l’accusa si ritenne soddisfatta.

Quando fu tempo di parlare per Arridy, la giustizia mancò: infatti, l’uomo raccontava diverse versioni dell’omicidio rispetto alla realtà, ma ciò non bastò a convincere le autorità. Il caso venne portato in giudizio: l’avvocato di Arridy Gail, L. Ireland, cercò di ottenere una perizia psichiatrica di infermità mentale per risparmiare la vita dell’imputato.

Arridy fu giudicato da tre psichiatri statali: così limitato mentalmente da essere classificato come un “imbecille”, un termine che all’epoca veniva usato in medicina per indicare una categoria di persone con disabilità intellettiva da moderata a grave.

L’QI di Arridy era di 46: la mente di un bambino, “incapace di distinguere tra giusto e sbagliato e quindi non sarebbe in grado di compiere alcuna azione con un intento criminale”. Nonostante ciò, fu ugualmente condannato, soprattutto per la sua falsa confessione indotta.

Arridy che gioca con il suo trenino rosso.

Nel braccio della morte, Arridy ricevette compassione, sostegno e gentilezza, sia da prte dei detenuti che da Roy Best, il direttore: “Joe Arridy è l’uomo più felice che sia mai vissuto nel braccio della morte”, passava il suo tempo a giocare con un trenino rosso al quale era molto affezionato.

Roy Best si affezionò talmente tanto che chiese nuovamente aiuto all’avvocato Ireland, incaricandolo della sua difesa: riuscì solo a ottenere nove rinvii, prima che il governatore del Colorado decretasse che Arridy dovesse essere ucciso.

Probabilmente non sapeva nemmeno che stava per morire, tutto quello che fece fu sedersi felicemente e giocare con il trenino che gli avevo dato in attesa di essere prelevato”.

Roy Best

Per il suo ultimo pasto, Arridy chiese il gelato: mentre si avviava verso la camera a gas, manifestò un iniziale nervosismo che scomparve quando il direttore gli afferrò la mano e lo rassicurò: si racconta che poi sorridesse e non oppose alcuna resistenza quando venne legato alla sedia dalle guardie.

Arridy e Best che parlano nel braccio della morte.

Il 6 gennaio 1939 Arridy viene ucciso: solo molti anni dopo, in seguito ad un’accurata inchiesta giornalistica e a una forte campagna di sensibilizzazione, il caso Arridy ricevette nuova attenzione per fare giustizia e riabilitare il nome del condannato. La stessa Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che era incostituzionale applicare la pena di morte a persone condannate con disabilità mentali.

Un gruppo di sostenitori fondò l’associazione “Friends of Joe Arridy” e si adoperò per portare nuovo riconoscimento all’ingiustizia del suo caso, oltre a commissionare una lapide per la sua tomba nel 2007. L’avvocato David A. Martinez, incaricato per la causa, prepararò una petizione di quattrocento pagine per la grazia del governatore Bill Ritter, ex procuratore distrettuale a Denver.

Sulla base delle prove il governatore Ritter concesse ad Arridy un perdono completo e incondizionato nel 2011; l’avvenimento scatenò grandi campagne mediatiche, come il film “The Woodpecker Waltz” voluto dai produttori Max e Micheline Kellercon e lo sceneggiatore Dan Leonetti.

Scritto da Giorgia Lelii


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