Elezioni: la revisione costituzionale e la maggioranza dei due terzi

di Emanuele Lo Giudice
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 4 Min.

Le elezioni del 25 Settembre hanno visto la vittoria della coalizione di centrodestra, la quale ha preso la maggioranza assoluta di entrambe le camere. Una delle questioni nate nelle settimane antecedenti le elezioni è stata proprio quella del numero dei seggi e della revisione costituzionale, ma di cosa si è discusso?

235 seggi alla Camera e 112 al Senato, sono queste le cifre che ha ottenuto il centrodestra nella ripartizione dei seggi in Parlamento dopo le elezioni del 25 Settembre. Ampia vittoria per FdI, la cui leader è ora in lizza per la Presidenza del Consiglio. Il centrodestra ha ottenuto la maggioranza assoluta (50% + 1) in entrambe le camera ma, a differenza delle iniziali proiezioni, non ha raggiunto la maggioranza dei due terzi.

Perché si parla di maggioranza e di maggioranza dei due terzi?

La maggioranza dei due terzi è stata parecchio discussa nelle ultime settimane, perché maggioranza necessaria per l’approvazione di revisioni costituzionali senza referendum popolare. La Costituzione italiana, ai sensi dell’Art. 138, prevede un’articolata procedura di revisione costituzionale, con votazione doppia in entrambe le camere. La prima lettura prevede la modifica del testo, mentre la seconda prevede una votazione secca sull’approvazione o il rigetto della proposta. Se nella seconda votazione la proposta passa solo con una maggioranza assoluta, allora è prevista la richiesta di referendum popolare per concluder l’iter di revisione.

“ Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione [cfr. art. 72 c.4].

Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare [cfr. art. 87 c.6] quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata [cfr. artt. 73 c.187 c.5 ], se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.

Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.”

Art. 138

Il ricorso non sarebbe dunque necessario se nella seconda deliberazione la maggioranza fosse di due terzi. Con il referendum del 2020, la maggioranza in seno alle Camere è cambiata: 138 per il Senato e 237 per la Camera. Se la coalizione di centrodestra avesse preso minimo il 45% (con uno scarto del 20% rispetto la coalizione opposta), essa avrebbe dunque potuto revisionare la Costituzione senza passare per il referendum popolare.

Lo spostamento verso il semipresidenzialismo?

Una delle proposte su cui il centrodestra ha fatto leva in campagna elettorale è stata proprio quella del presidenzialismo. La revisione costituzionale andrebbe a cambiare l’assetto politico-istituzionale della Repubblica, la quale da Repubblicaa parlamentare si trasformerebbe in semipresidenziale, con l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. La proposta non è stata comunque approfondita, resta da vedere fino a che punto sia davvero fattibile.

Scritto da Emanuele Lo Giudice


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