«E’ solo sesso» è la dimostrazione che Valeria Montebello è sinolo di verità e verità

Dopo aver narrato «Il sesso degli altri», Valeria Montebello si ridefinisce: «E’ solo sesso» è il suo secondo podcast. Ne abbiamo parlato durante una lunga chiacchierata

di Gloria Pessina
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 12 Min.

Breve storytelling iniziale su come ho conosciuto Valeria Montebello

Ho ascoltato «Il sesso degli altri», il primo podcast di Valeria Montebello, durante un viaggio di lavoro di qualche mese fa. Oggi, per prima cosa, voglio condividere con voi i piccoli frame precedenti alla mia salita sul treno di ritorno, perché credo incarnino al meglio l’essenza stessa della protagonista della storia.

Sono circa le 18.30. Raggiungo la stazione di Torino con un taxi. Il tassista comprende che i tacchi che indosso da ormai sette ore hanno circondato i miei pied idi vesciche e si propone di scarrozzarmi nei sotterranei della stazione per evitarmi una camminata interminabile. Lo ringrazio. Come se la sua offerta irresistibile non mi costerà altri 50 centesimi.

Scendo dal taxi. Una fitta al tallone mi ricorda che il dolore provato fino a dieci minuti prima fosse reale e mi consiglia di rallentare. Ma sono in ritardo. E da sola. E non ho la minima idea di dove si trovi il mio binario. 

Chiedo informazioni ad un ragazzo che mi appare autoctono. Gentilmente mi indica il piano superiore. Salgo le scale correndo. Si, sempre con i tacchi. E intanto mi domando per quale motivo il tassista mi abbia lasciato al -1, se poi i binari sono al piano terra.

Tra una confusione e un’altra, raggiungo questo benedetto binario. Una donna con aspetto imprenditoriale mi vede dolorante e mi sorride con pietà. Sono le 19. Lei ha un’acconciatura perfetta. Io, ovviamente, no.

Insomma, mentre mi chiedo se sia corretto chiederle che balsamo la rende così perfetta, il treno ci raggiunge stranamente in orario, cerco la mia carrozza e mi auguro che nessuno si debba sedere nel posto accanto al mio. E fortunatamente è così.

Tuttavia, con la coda dell’occhio noto l’ombra di un uomo anziano fissarmi stranito mentre mi cambio le scarpe. Abbasso lo sguardo e sforzo un sorriso. Lui mi guarda ancora più perplesso. Sorrido di nuovo. Si nasconde dietro le pagine di una rivista di motori. Al guinzaglio dei miei stereotipi penso: «Lui non ha mai avuto la necessità di togliersi i tacchi».

E quindi nulla, mi metto ad ascoltare il podcast mentre sorseggio un succo alla pera e mangio “elegantemente” delle Pringles alla paprika. Buone, ma che mi si sbriciolano addosso.

Il mito delle «persone porno»

Mi sono sentita un po’ Valeria Montebello, che poi è anche la protagonista de «Il sesso degli altri», che mica riesce ad essere sexy nella vita, anzi, mica riesce ad essere come le «persone porno». Così le definisce lei.

Le persone porno esistono e sono anche quelle che alle 19, dopo un’intensa giornata di lavoro, ricevono l’ammirazione dei parrucchieri che incontrano per strada. 

Per me, invece, alle 14 è già ora dello chignon disordinato, quello che giustifico con «ao, ho caldo», dopo che mi è stato detto che mi sta male. 

Valeria Montebello sta facendo il lavoro sporco per noi esseri umani sopraffatti dalle relazioni di coppia

Quando ho ascoltato per la prima volta «Il sesso degli altri», ho provato una combinazione di stupore e piacere, una sensazione che ho percepito nel profondo e verbalizzato in un tenero: «Fortuna che non sono l’unica». 

Valeria Montebello è sinolo di verità e verità. E’ quella voce da elevare ad avvocato delle «povere noi», delle «ma perché non sono perfetta come loro?», dello sconforto, insomma. Ed è quello che – e lo chiarisco con orgoglio – ci meritiamo.

Ma al primo ascolto non mi fidavo. Era come se la mia mente volesse avere la prova che Valeria Montebello fosse una persona reale, che le sue parole fossero sincere, che incarnasse veramente quella narrazione ironicamente drammatica che stavo ascoltando. 

Così ho voluto conoscerla. Ci siamo rincorse alla ricerca di uno spazio tra i nostri impegni. E ce l’abbiamo fatta. 

E’ stata una bella scoperta, o meglio, una bella conferma.

Detto questo, ora possiamo immergerci nei dettagli più (o meno) seri.

Qualche informazione su di lei

L'autrice e podcaster Valeria Montebello
Foto di Alessandro Palumbo

Abruzzese classe 1990, dopo essersi laureata in filosofia ha iniziato a collaborare con diverse testate giornalistiche, tra cui Linkiesta, IlFoglio, Cosmopolitan e Will.

Durante la pandemia, ha scritto due articoli che le hanno stravolto la carriera lavorativa: uno sulle dick pic e uno sul sexting. 

L’innesco ha suscitato molte richieste nel pubblico, anche su come farlo, il sexting. «Mi inviavano screenshot delle loro conversazioni per chiedermi se lo stessero facendo bene – mi spiega sorridendo – Ma io non ero così esperta. I miei articoli erano ironici». 

L’imprevisto la fa riflettere ancora oggi. «Penso al fatto che obiettivamente i trentenni, io compresa, si trovano in uno sfasamento temporale per cui non appartengono ne’ al mondo analogico ne’ a quello digitale. Sono tutte cose nuove, non ci siamo mai dati delle regole effettive». 

Noi nati nell’analogico abbiamo sperimentato approcci diversi da quelli attuali. Magari messi in atto da uomini ubriachi, nei locali. Insomma, le molestie. (sorridiamo amaramente entrambe)

Il suo valore aggiunto è proprio la possibilità di osservare entrambe le generazioni: le mette a confronto e poi emette la sua amara – ma sincera, questo sempre – sentenza.

Ispirata da tutti i messaggi e dal mio spaesamento, ho cercato di dipingere la sfigataggine della mia generazione.

Così, ormai un anno fa, grazie alla collaborazione tra Spotify e Chora Media – che ha prodotto anche il suo secondo podcast – è nato «Il sesso degli altri». Non vi racconterò la trama precisa perché ve lo andrete ad ascoltare non appena avrete terminato di leggere il mio articolo.

La forza de «Il sesso degli altri» è che prende tutti, ma proprio tutti

«Evidentemente non sono l’unica». Mi dice in riferimento alla mancanza di attitudine per il romanticismo di cui racconta nel podcast. Ed è esattamente quello che ho pensato anche io ascoltandola.

Prima dell’uscita del podcast, Valeria era convinta che avrebbe raggiunto un target compreso tra i 25 e 30 anni. Le sue parole, invece, hanno colpito un pubblico trasversale e omogeneo. «Mi arrivavano richieste di aiuto anche da ragazze molto piccole – mi svela – Quando mi è giunto un messaggio della lunghezza di un papiro da una giovanissima di 12 anni, ho temuto di averle rovinato la vita».

Non solo. «Ad una presentazione è arrivato persino un uomo di 78 anni. La cosa però mi ha reso felice. Sono contenta che il podcast abbia raggiunto un pubblico così ampio, andando oltre il target dell’ambiente editoriale».

Quando l’ironia incontra la riflessione

Un ulteriore punto di forza della comunicazione di Montebello è la sua capacità di suscitare introspezioni nel fruitore: la si ascolta, si ride, e poi – è piuttosto assicurato – si riflette

In uno degli episodi, ad esempio, affronta brevemente un tema che ho voluto riaprire durante la nostra chiacchierata: la protagonista del podcast si chiede per quale motivo dobbiamo utilizzare il diminutivo per descrivere gli oggetti femminili. Le mutande, ad esempio, perché dobbiamo definirle mutandine?

Io – forse perdendo la possibilità di agguantarmi il premio femminista dell’anno – mi rendo conto che può risultare cacofonico utilizzare il termine originale. Eppure, sono mutande. Anzi, sono solo mutande. Le indossiamo tutti. Non dovrebbe essere una cosa di cui vergognarsi. 

«Anche l’organo genitale femminile viene considerato una cosa piccolina, mentre tutto ciò che è legato gli uomini viene descritto in modo enorme – incalza – A volte nemmeno ci accorgiamo di questi fenomeni, talmente sono secolarizzati».

Mi racconta un episodio interessante accaduto in sua presenza

«Ti faccio un esempio», mi propone quindi per rimanere in tema ruoli di genere interiorizzati.

Ero a casa a guardare i David insieme a un gruppo di persone appartenenti al mondo del cinema, tutti femministi e, soprattutto, impegnati in diverse cause.

Ad un certo punto sono stati decretati vincitori i due coregisti [Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, ndr] di «Le otto montagne» e una ragazza presente ha chiesto chi fosse la donna sul palco. Uno da dietro le ha risposto: «la moglie del regista». Delirio. 

Io mi sono girata e ho visto lo sgomento sulla faccia di quest’uomo che, comunque, si è mortificato tantissimo.

La storia ci ha indirizzate verso diverse considerazioni e sollecitiamo voi a riflettere sulla natura di questi episodi. Quali sarebbero le vostre reazioni?  

Noi concordiamo che in queste occasioni sia scorretto attaccare il malcapitato, a meno che non stia agendo volontariamente per denigrare il soggetto in questione. 

Valeria Montebello torna all’attacco con «E’ solo sesso»

Comunque sia, ora arriviamo al momento promo. Promo per la quale, tra l’altro, non ho richiesto alcuna retribuzione. Questo significa che dovete fidarvi. 

«Il nuovo podcast non è narrativo», mi racconta qualche giorno prima dell’uscita del primo episodio di questo secondo progetto. «Mi dispiace», le rispondo, trovando però in lei rassicurazione. «Vedrai che lo storytelling tornerà». 

Mi spiega che si tratta di monologhi tragicomici sul sesso e sulle relazioni contemporanee. Mi fido, anche se sono quasi spaventata.

La voce narrante è lo stesso personaggio de «Il sesso degli altri» e si può entrare nella sua vita. In questo caso, però, viene estremizzata la parte horror e in ogni puntata c’è qualcosa che inquieta. 

Mi piace questa unione di generi. In Italia se fai una cosa sulle relazioni deve essere romantica o far ridere. In questo periodo, invece, mi piace unire commedia e macabro, cercando di uscire dagli schemi.

Giovedì 29 giugno è uscita la prima puntata di «E’ solo sesso», che sarà seguito da un nuovo episodio – della durata di circa 10 minutiogni giovedì, per tutto l’anno.

Ironizza durante la nostra chiacchierata: «Lo scopo ultimo di questo podcast è che nessuno faccia più sesso». Ovviamente si scherza, amici della postale conservatrice.

Il primo episodio affronta il tema del “microcheating”. «Quando la persona con la quale stai, manda reaction di fuocherelli a qualsiasi polpastrello postato e si dichiara single o vedovo quando è in giro con gli amici […]», analizza nei primi minuti.

Il resto dovete assolutamente ascoltarvelo. Perché? Un po’ perché ha paragonato i traditori a Cicerone e Proust (e bisogna armarsi di molto coraggio per farlo). E un po’ perché quando la sentirete parlare avrete la stessa percezione di quando vi siete offerti volontari per la prima – e probabilmente ultima – volta ad un’interrogazione di matematica: potrete sentirvi preparati quanto vorrete, ma il possibile confronto con la verità vi spaventerà comunque. 

«Ma non è che mi tradisce?», inizierete a chiedervi, cercando freneticamente prove che vi dimostrino il contrario. Benvenuti. Questo podcast sarà il Bowser Jr. del vostro rapporto di coppia.

Gloria Pessina

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