Cos’è il Patto di stabilità approvato dal Parlamento europeo

di Mirko Aufiero
6 Min.

Il Parlamento europeo ha approvato la riforma del Patto di stabilità dopo mesi di negoziati e la sostanziale astensione dei partiti italiani. Di cosa si tratta?

A Bruxelles, dopo mesi di negoziati, è stato approvata martedì la riforma del Patto di stabilità e crescita. Si tratta dell’insieme delle regole di bilancio che i Paesi membri dell’Unione devono rispettare, spesso terreno di scontro tra chi vorrebbe norme più blande e chi più stringenti.

I partiti italiani si sono per lo più astenuti – M5s e Verdi hanno votato contro – nonostante il sì al precedente accordo sulla riforma trovato lo scorso dicembre. In quel caso, i ministri dell’Economia e delle Finanze dei 27 Paesi Ue avevano approvato all’unanimità il testo.

Tra questi, c’era il ministro italiano Giancarlo Giorgetti (Lega), il cui partito a questo giro ha deciso di astenersi. Le motivazioni – riprese anche dagli altri partiti della maggioranza e dell’opposizione – sono che il testo approvato al Parlamento europeo – frutto di compromessi con i Paesi frugali – porterebbe a vincoli troppo stringenti e all’austerity.

Cos’è il Patto di stabilità

https://www.flickr.com/photos/presidenciaperu/7183706445 https://www.flickr.com/photos/presidenciaperu/ Patto di stabilità

Sottoscritto dai Paesi membri nel 1997 ad Amsterdam, il Patto di stabilità e crescita è un accordo internazionale stipulato al fine di disciplinare le politiche di bilancio pubbliche. Il Patto prevede che gli Stati dell’Eurozona – ossia quelli che hanno adottato l’euro – devono rispettare due parametri riguardanti il bilancio dello Stato.

Il primo impone un tetto massimo al debito pubblico, fissato al 60% del PIL (quello italiano ammonta al circa 137% ). Il secondo pone come limite al deficit pubblico il 3% del PIL (in Italia siamo al 7,4%, record europeo).

Col termine debito pubblico si fa riferimento ai titoli emessi nel tempo dallo Stato per far fronte ad una spesa pubblica superiore alle entrate. In sostanza, istituti di credito, intermediari finanziari, imprese e famiglie concedono prestiti allo Stato, spinti dal rendimento sotto forma di interesse che questi garantiscono. L’ammontare complessivo del debito contratto dallo Stato – per far fronte al fabbisogno generato da una spesa pubblica superiore alle entrate – prende il nome di debito pubblico.

Quando si parla di deficit pubblico ci si riferisce invece alla differenza tra entrate e uscite pubbliche, al netto degli interessi sul debito. Se la differenza è negativa si parla si tratta deficit (o disavanzo primario), se positiva di avanzo primario.

Nel caso in cui gli Stati non dovessero rispettare tali parametri, possono incorrere in sanzioni. Se il deficit si avvicina al 3%, la Commissione può proporre – con l’approvazione del Consiglio – un avvertimento (early warning). In caso di sforamento di tale limite si passa successivamente ad una raccomandazione. Se lo Stato preso in causa non adotta misure correttive può incorrere a sanzioni fino allo 0,5% del PIL.

Le nuove regole del Patto

https://www.flickr.com/photos/andreskrey/34216133904/ https://www.flickr.com/photos/andreskrey/

Sospeso nel 2020 per affrontare la pandemia senza dover rispettare questi vincoli, il Patto sarebbe dovuto tornare in vigore quest’anno. Tuttavia, già dal 2023 si era iniziato a discutere di una sua riforma, poiché considerato troppo restrittivo.

Approvata a larga maggioranza dal Parlamento, la riforma mantiene i vincoli del 60% e del 3%, ma introduce alcune novità. Prima di entrare in vigore, tuttavia, il Patto dovrà essere approvato in occasione della riunione dei ministri dell’Agricoltura il 29 aprile. Infine, entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione.

Tra queste, i Paesi con un debito superiore al 90% dovranno ridurlo dell’1% all’anno, e dello 0,5% se compreso tra il 60% e il 90%. Si tratta di un allentamento delle misure attuali – e mai applicate – che impongono ai Paesi con un debito superiore al 60% di ridurre ogni anno il debito di 1/20.

Se invece il disavanzo è superiore al 3% del PIL, questo deve essere ridotto nei periodi di crescita fino all’1,5%, in modo da avere una riserva di spesa per i periodi più difficili. Si tratta di un modo per creare uno spazio di manovra in modo da permettere ai Paesi membri di affrontare choc economici senza oltrepassare i vincoli del Patto.

Tutti i Paesi saranno tenuti a presentare piani a medio termine con i loro obiettivi di spesa e su come intendono gestire investimenti e riforme. Gli Stati con alti livelli di deficit o debito «riceveranno orientamenti sugli obiettivi di spesa».


Le foto presenti in questo articolo provengono da internet e si ritengono di libero utilizzo. Se un’immagine pubblicata risulta essere protetta da copyright, il legittimo proprietario può contattare lo staff scrivendo all’indirizzo email riportato nella sezione “Contatti” del sito: l’immagine sarà rimossa o accompagnata dalla firma dell’autore.

Articoli Correlati