Come scriveva Dante Alighieri? Un mistero plurisecolare

di Costanza Maugeri
7 Min.

Come scriveva Dante Alighieri? Si narra che questa domanda abbia lasciato svegli centinaia e centinaia di studiosi nel corso dei secoli. Secoli che ci separano dal Padre indiscusso della Letteratura italiana.

Come scriveva Dante Alighieri?

In soli tre minuti (di letteratura) cari lettori e lettrici vi farò crollare una di quelle verità che sentiamo, quasi, di conoscere fin dalla nascita.

Alle vostre orecchie suonerà assurdo quando vi dirò che non abbiamo opere autografe di Dante Alighieri.

Cosa vuol dire? Non sono giunti fino a noi manoscritti di testi che recano la firma dell’Alighieri. Ciò significa che non solo, non abbiamo l’immenso onore di leggere i suoi capolavori scritti di sua mano, ma non conosciamo nemmeno quale fosse la sua ortografia e il suo stile di scrittura.

La lunga tradizione manoscritta

Codice Riccardiano 1035, Giovanni Boccaccio,
Firenze, Biblioteca Riccardiana

La domanda sorge spontanea: “Come ci sono giunti, quindi, i capolavori danteschi?

La Commedia, ad esempio, ebbe una lunga tradizione manoscritta.

Già durante la vita dell’autore si intuì la sua grandezza dalla quantità di copie scritte dai copisti di tutta Italia.

Dopo la morte di Dante Alighieri, avvenuta nel Settembre 1321, il numero di codici manoscritti crebbe esponenzialmente.

I copisti che si cimentarono con le opere della più celebre Corona Fiorentina furono numerosissimi dal celeberrimo Giovanni Boccaccio, al famoso cronista Filippo Villani ,non dimenticando Francesco di ser Nardo da Barberino, conosciuto per aver realizzato, appunto, alcuni dei codici danteschi più antichi.

Numerosissimi furono invece i copisti anonimi trecenteschi e quattrocenteschi, grazie ai quali, però, il capolavoro dantesco conta ben 800 manoscritti (li potete consultare qui), secondo solo alla Bibbia.

La strabiliante diffusione dell’opera nasconde un problema filologico e paleografico non di poco conto: la rapida corruzione dell’opera.

Non potendo confrontare i codici manoscritti con l’opera autografa, è difficile stabilire quale sia il manoscritto più fedele all’originale.

Analizzando la questione in un’ottica moderna, possiamo essere consapevoli di quanto sia complesso portare avanti la realizzazione di un’edizione critica dell’Opera dantesca, per il semplice fatto che è una scelta ardua decidere a quale copia affidarsi.

I criteri fondamentali sono numerosissimi, tra i quali:

  • la datazione del manoscritto: gli editori e i filologi tenderanno ad affidarsi a delle copie contemporanee o realizzate in tempi più vicini all’Alighieri, basandosi sull’idea che quel codice non abbia subito un lungo processo di ricopiatura.
  • la provenienza del copista: gli studiosi si affideranno con più probabilità a personalità fiorentine o toscane. Queste, infatti, nel processo di copiatura, con più sicurezza, rimasero fedeli alla lingua dell’Alighieri, percependola come propria.
  • autorevolezza del copista: come è logico che sia, i curatori di un’edizione dantesca moderna percepiranno come più autorevoli e affidabili i copisti a loro più noti.

Attenzione! I criteri appena elencati non sono fissi.

Come scriveva Dante Alighieri? Un’ipotesi plausibile

Esempio di scrittura gotica minuscola

Non possiamo toccare con mano i manoscritti in cui l’inchiostro modella l’ortografia di Dante Alighieri, ma possiamo immaginarla.

Come? Due fattori sono fondamentali: il periodo storico ossia la prima metà del 1300 e l’area geografica di provenienza dell’autore: la Toscana, regione dell’Italia centrale.

Considerati questi due indicatori, è molto probabile che Dante scrivesse in uno stile gotico minuscolo spezzato e in senso verticale, a causa dell’influenza nordeuropea.

Scoperta una firma di Dante Alighieri? Una scoperta eccezionale

Si, avete capito bene. Con molta sicurezza è stata trovata l’unica firma autentica di Dante Alighieri.

Virgiliano Rodolfo Signorini, un docente universitario mantovano ha scoperto una firma presumibilmente di Dante Alighieri

La firma trova spazio su una pergamena del 1295, rinvenuta in una copia della Divina Commedia stampata nel 1906.

L’opera appartiene ,quindi, ad un privato che l’ha consegnata a Signorini.

Lo studioso ha comunicato la notizia in “Atti e Memorie” dell‘Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti.

La pergamena testimonia una discussione sull’uso del “ma” come congiunzione.

Il dibattito è firmato in calce da altri tre grandi intellettuali: Brunetto Latini, maestro di Dante, Guido Cavalcanti, celebre poeta stilnovista e amico dell’Alighieri e Dino Compagni, celeberrimo cronista del tempo.

Nonostante la scoperta sia sorprendente, Signorini ha dichiarato:

“Il testo in argomento (comunque interessante in sé), viene qui presentato al futuro, paziente Lettore con la necessaria cautela e la doverosa prudenza, affinché si apra un atteso dibattito sulla sua autenticità. Trattasi di materia delicatissima, specialmente a motivo dell’inattesa, sorprendente firma di Dante, nella quale nessuno studioso si è mai prima imbattuto e universalmente auspicata come un prodigio da tutti gli studiosi di Dante”. 

Il docente si rivela, però. fiducioso sull’autenticità della firma facendo riferimento ad uno scritto di Leonardo Bruni, in cui affermava di aver visto lettere autografe di Dante, descrivendolo come “scrittore perfetto, ed era lettera sua magra e lunga e molto corretta, secondo io ho veduto in alcune epistole di sua mano propria scritte”.

Fonti:

Bibliografia: La lingua italiana. Storia, testi, strumenti” di Claudio Marazzini n collaborazione con Ludovica Maconi, Bologna, Il Mulino,2010.

Sitografia: Accademia nazionale virgiliana, Dante online (Società dantesca italiana)

Scritto da Costanza Maugeri


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