Cento domeniche di Antonio Albanese

di Nina D'Amato
3 Min.

Cento domeniche nasce dalla necessità di raccontare un fatto di cronaca sociale. Il titolo dell’opera non lascia nulla a caso. Cento – o più – sono le domeniche di sacrifici e duro lavoro di un uomo che desidera risparmiare per vivere una vita dignitosa.

Antonio Albanese torna sul grande schermo con il suo quinto film da regista. Il cineasta propone al suo spettatore, ancora una volta, una dramma sociale puntando i riflettori su questioni di crudo realismo.
Disponibile su Prime Video.

Antonio, ex operaio di un cantiere nautico, conduce una vita mite e tranquilla: gioca a bocce con gli amici, si prende cura della madre anziana, ha una ex moglie con cui è in ottimi rapporti ed Emilia, la sua unica e amatissima figlia. Quando Emilia un giorno gli annuncia che ha deciso di sposarsi, Antonio è colmo di gioia, può finalmente coronare il suo sogno regalandole il ricevimento che insieme hanno sempre sognato potendo contare sui risparmi di una vita. La banca di cui è da sempre cliente sembra però nascondere qualcosa, i dipendenti sono all’improvviso sfuggenti e il direttore cambia inspiegabilmente di continuo. L’impresa di pagare il matrimonio di sua figlia si rivelerà sempre più ardua e Antonio scoprirà, suo malgrado, che chi custodisce i nostri tesori non sempre custodisce anche i nostri sogni.

Trama Cento Domeniche

Antonio, il protagonista, è un uomo comune con le sue forze e le sue fragilità, incarna tutti noi e nessuno. Un padre e un lavoratore onesto che nutre il sogno di regalare alla sua unica figlia il matrimonio perfetto. Come molti si fida della sua banca, la paragona ad un “confessionale” e firma senza troppe domande un contratto. Antonio nutre stima verso la figura del dirigente di banca, lo stesso che lo priverà – a sua insaputa – di ogni suo risparmio.

Cento domeniche è un film che non ha la pretesa di insegnare nulla, ma di raccontare in modo cristallino una vicenda e portare lo spettatore ad empatizzare con la figura di Antonio. Tutto scorre lento, l’angoscia che vive il protagonista sfonda la quarta parete e avvolge chi guarda. Si ha la sensazione di familiarità, un susseguirsi di scene quotidiane che abbiamo più o meno vissuto tutti. Non vi sono artifici, la sceneggiatura non è forzata e tutto scorre in maniera naturale. La pellicola di Albanese riesce a scavalcare così il mezzo cinematografico arrivando a rendere protagonista chi guarda. La malinconia crescente e la disperazione di un gesto folle come epilogo finale di una vita onesta ci lascia con l’amaro in bocca.

L’unica cosa a cui si riesce a pensare è: sarebbe potuto accadere a me.

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