Caso LCND di Napoli | tra responsabilità giuridiche e umanità

di Giovanni Ilardi
9 Min.

Drink e droga, violenze sessuali e accanimento mediatico: quando le discoteche svelano un’umanità nascosta. Il caso LCND di Napoli.

Sono bastate 48 ore per scatenare un effetto domino capace di raccogliere decine di testimonianze di molestie, violenze sessuali, drink realizzati con droghe per abusare dei presenti. Quello che vi raccontiamo è il caso LCND, il cui confine tra responsabilità giuridiche, violenza e umanità sembra essere tanto labile quanto invalicabile.

LCND: serate underground dal sapore europeo

I fatti sono schematici: LCND (Le cose che Non Dici) organizza a Napoli serate underground ispirandosi ai grandi modelli europei, come Berlino. Le regole? No video o foto e no pubblicazioni sui social. Sabato 24 febbraio una ragazza si scatta una foto nel bagno del locale (ospitante e non coinvolto) e la pubblica su Instagram.

L’indignazione degli organizzatori non tarda ad arrivare: «Chi ti ha dato il permesso? Scostumata. Che arroganza. Segnaleremo il profilo in massa, elimina». Lei accetta la richiesta a una condizione unilaterale: «io cancello la storia, ma dirò cosa mi è successo al vostro evento». «Sono stata molestata per oltre un’ora insieme alle mie amiche, siamo scappate», racconta. Nel giro di poche ore, il suo profilo si trasforma in un punto di raccolta di decine di testimonianze, anche più gravi.

La notizia è virale. Ben presto chi frequenta LCND (i Pr, per intenderci, che la serata reputa capaci di dirigere il tutto insieme alla sicurezza) si scaglia contro la sua persona. Tra le tante dichiarazioni dei Pr, un paio ci hanno colpito: “Dare adito a una sgamata nel bagno (cosa vietata) e alle sue amiche che non sono venute è da stupidi gregari. La molestia è anche colpa tua se non chiedi aiuto”, e ancora “Vai a lavorare, vedi che ricevi follower. Fai la poverina stuprata a LCND. Che vergogna che sei”. 

La nostra chiamata all’avvocato che rappresenta l’organizzatore di LCND

Abbiamo chiamato l’avvocato rappresentante RT, l’uomo che si è sempre dichiarato organizzatore di LCND. Negli ultimi due giorni, ci ha riferito, il suo assistito è stato travolto da “auguri di morte, foto di coltelli, insulti inauditi”. Ha poi proseguito sostenendo che RT stesso ha difficoltà a capire quanto sta accadendo, in quanto al momento non vi è alcuna denuncia effettiva e non comprende come, eventualmente, queste possano essere indirizzate a lui.  «Non è il responsabile delle molestie denunciate sui social».

Questo il contenuto della chiamata:

Nxwss: “Il suo assistito reputa le accuse vere o false?”
A: “Guardi, non sa né da chi provengono né perché sono riferite a lui. Il problema di fondo è questo. Il dato di fatto che ha allarmato sono state le continue minacce di morte che lo stesso sta subendo da un paio di giorni, che lo costringono a restare chiuso in casa. Foto di coltelli, minacce di morte… rispetto a delle denunce che fatico a chiamare denunce, delle denunce SOCIAL. Essendo fatti gravi che si qualificano come ipotesi di reato non si comprende perché non siano state portate a conoscenza dell’autorità. Rispetto a quelle testimonianze non vengono palesati i nomi, né la provenienza, lei può immaginare sia difficile lasciare un commento, che il mio assistito può lasciare come spettatore dei fatti”.
Nxwss: “Le persone si riferiscono a lui perché l’evento è suo”
A: “Questo non è… L’evento di cui parla fa capo a un gruppo che non ha una consistenza, non è una società il cui signor T è il legale rappresentante. È una pagina gestita da… non so neanche io”
Nxwss: “La pagina è gestita dal suo assistito perché lui ha sempre detto sui suoi profili social che è gestita da lui”
A: “Si, però, come può immaginare quell’evento è fatto presso una struttura di non proprietà e non gestita dal signor T, ma la riferibilità della pagina neanche io gliela posso garantire”

Al che, il legale pone a noi una domanda:

A: “Qual è l’accusa al signor T, in che modo bisognava tutelare le persone, secondo il suo pensiero?”
Nxwss: “Il tipo di evento, creato da RT, è dichiaratamente libero. Le molestie da discoteca non sono state inventate dal suo assistito, ma il trattamento mediatico subito da questa ragazza.. ha ricevuto commenti dai suoi lavoratori.”
A: “I promoter sono una figura ibrida… lui non ha dipendenti”

Abbiamo poi proseguito:

Nxwss: “Per quale motivo il Signor T non risponde a nessuna accusa… è sua responsabilità questo evento?”
A: “Questa responsabilità da cosa deriverebbe? Rispetto alle condotte denunciate da queste testimonianze, che sono screen di cui non si conosce la provenienza, RT quale ipotesi di responsabilità potrebbe avere?
Nxwss: “Dal punto di vista legale LCND è una società?”
A: “No, non ha consistenza legale. La responsabilità risiede nel predisporre un servizio di sicurezza che funzioni e nel tutelare..”
Nxwss: “E chi è il responsabile di queste cose? Il suo assistito”
A: “No, mi perdoni. Se viene denunciato un qualcosa e interviene l’autorità, è l’autorità che ne è responsabile, ma se la cosa viene denunciata solo sui social… I fatti denunciati non sono attribuiti a nessuno in particolare, a degli episodi di tipo personale, la cui responsabilità è di tipo personale; potrebbe succedere anche per strada, di questo ne parlo con lei serenamente. Le dichiarazioni provengono da un profilo Instagram, da soggetti anonimi, quindi al momento stiamo parlando del nulla”
Nxwss: “Però, il party e le cose che accadono nel party, di chi sono responsabilità? Chi lo organizza?”
A: “La responsabilità per una molestia, in una festa privata, come di qualunque altro fatto avvenuto in qualsiasi all’altro luogo è di chi lo commette
Nxwss: “Io parlo delle responsabilità organizzative dell’evento. Chi organizza la sicurezza e come funziona? È RT?”
A: “Non mi trovo con lei perché non c’è nessun punto nel quale si sta dicendo “questo aspetto chi l’ha organizzato?”. Se viene denunciato uno staff insufficiente, dica questo e uno risponde su questo punto. Ma l’organizzazione di un evento…
Nxwss: “…Dipende da qualcuno, La selezione è fatta dal suo assistito all’ingresso
A: “Rispetto a queste dichiarazioni, non sono attribuite a nessuno, allo stato RT è sottoposto a minacce da tre giorni che gli impediscono di uscire di casa con toni inquietanti rispetto a una dichiarazione social di cui non è accertata la provenienza. Chiunque abbia delle doglianze di RT può rivolgersi alle autorità e se responsabile ne risponderà”

Se prima abbiamo detto che i fatti sono schematici un motivo c’è: essere molestati, drogati, violentati a una festa non è, purtroppo, una novità. La loro origine trascende il dove e il come e risiede in un fattore culturale, nella ancora presente tendenza alla supremazia di genere e in una libertà d’espressione che tanto ammiriamo, negli altri, ma che non è ancora pienamente nostra. Dinanzi a uno scenario del genere, la consapevolezza diventa l’arma più potente di cui disponiamo e solo attraversandola possiamo puntare a un dopo, diverso.

Il problema non risiede nei party, né nei vestiti di pelle nera che qualcuno definisce “Osè”, e non risiede nemmeno nella libertà di ballare techno fino all’alba (evitiamo queste banalità sterili che impediscono un effettivo confronto). Il problema sta nella mancanza di empatia, di ascolto e dialogo, di coscienza morale e in una chiusura all’individualismo. A cui tutta Napoli, quella umana, e non solo, ha risposto unendosi in un momento di grande collettività. Gli organizzatori della serata e i Pr non sono i responsabili primordiali di eventi oltraggiosi che, dopo le parole di questo articolo, continueranno certo ad esistere. Ma sono responsabili di un evento che dovrebbe essere accogliente, libero, sicuro.

Le nostre opinioni sul caso

Le modalità comunicative adottate non sono state efficaci e hanno dimostrato una tendenza a voler vincere, nascondere, senza accogliere tutte le sfaccettature delle testimonianze per giungere a una sintesi. E sono responsabili, così come tutti lo siamo, di essere innanzitutto persone. Persone che hanno dignità, forse il valore più puro che ci è concesso dalla mente. Pretendere, come giusto che sia, cambiamento e accoglienza, vuol dire però farlo in prima persona, traslare queste parole e darle una realtà fisica, che non manchi mai di dignità.

Che dignità abbiamo se ci categorizziamo, separiamo, e non ci ascoltiamo? Non siamo Berlino, non siamo la sua techno e non siamo l’aria che si respira in quei club tanto liberi quanto rispettosi; ma siamo tanto altro e l’abbiamo toccato con mano: siamo marea, ascolto, comunicazione, comunità, crescita. Quanto successo a LCND ci ricorda che dare per scontato è un lusso che non può appartenerci, che gli spazi che abitiamo, qualunque essi siano, sono dominati da dinamiche sociali che si fanno sentire con prepotenza e che assumono forme sempre diverse. Ascoltiamoci, curiamoci, e non scordiamo mai che siamo i protagonisti del divenire.


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