Calcio senza leader: la mitica Democracia Corinthiana

di Alessio Pio Pierro
8 Min.

In Sud America, dalle favelas brasiliane alle montagne peruviane, il suono del rimbalzo del pallone di cuoio a terra è un suono che risveglia ricordi e amore. Il calcio nelle famiglie di quei posti è parte fondamentale di una cultura tanto bella quanto diversa da quella europea. I Sud Americani non sono affatto come noi, a loro piace il calcio tecnico, “el futbol bailado”: le finte, i tunnel, i gol acrobatici. Noi invece siamo più fanatici della tattica, della strategia, e questo ha un qualcosa di romantico, evidenzia le differenze.

Difatti ciò che ci divide culturalmente rende il confronto ancora più entusiasmante. Spesso ci fa rendere conto di quanto ciò che qui sarebbe utopistico o poco amplificato, lì è assolutamente la normalità o un qualcosa di già visto.

Questo lo sanno bene i brasiliani che, nei primi anni ottanta, quando in Europa le Repubbliche Democratiche in molte nazioni avevano già preso piede da tempo, si ritrovavano nelle mani di una dittatura militare.

Erano già passati 16 anni dal colpo di stato militare che destituì Joao Goulart e instaurò un regime dittatoriale. Ed anche il calcio, che dovrebbe essere una forma di divertimento e di libertà, ne stava subendo l’influenza.

Nel Campeonato Brasileiro nel frattempo regnavano le tipiche squadre: Internacional, San Paolo, Palmeiras e Flamengo, con alcune apparizioni sul podio del Corinthians. Ed è proprio questa la squadra protagonista di questa storia che, dal 1980 fece parlare molto di sé, non solo per i risultati calcistici, ma per l’influenza sociale e politica che ebbe. Il cambiamento che portò lo si può descrivere semplicemente con le parole del suo fautore Sòcrates:

«Ganhar ou perder, mas semper com democracia»

«Vincere o perdere, ma sempre con la democrazia»

Ecco a voi la storia della “Democracia Corinthiana”.

Partiamo dalle basi, chi era Sòcrates?

«È stato il giocatore più intelligente della storia del calcio brasiliano.»

Pelè

Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira nasce a Belém il 19 Febbraio del 1954. Il padre Raimundo, sebbene avesse studiato poco, è un autodidatta appassionato di lettura e filosofia. Lo chiama infatti come il noto filosofo greco dopo aver letto La Repubblica di Platone. Questo si rivela fondamentale per l’educazione del nostro protagonista che, proprio grazie al padre, ha l’opportunità di studiare all‘Universidade de São Paulo. Si laurea in medicina, ma inizialmente preferisce la professione di calciatore a quella di medico.

E’ un centrocampista longilineo con grande mobilità e visione di gioco, ma anche un ottimo realizzatore con potenza e precisione. La sua capacità di dribbling gli consente di eccellere in verticale, inoltre sa segnare da dietro, di testa e di tacco.

Caratterialmente, è un eccentrico ribelle e si autoproclama come “anticapitalista di sinistra”. É un sostenitore convinto dell’autogoverno dei calciatori, e ciò lo attua parzialmente con il suo Corinthians.

Dopo la lunga esperienza nella compagine della città di San Paolo, viene a giocare in Italia nella Fiorentina, ma delude le attese. Si dimostra troppo lento per il gioco della squadra. Inoltre, anche per il suo carattere, non si integra né nell’ambiente italiano, né nella squadra della Fiorentina, nonostante sia entusiasta all’idea di giocare in Italia.

Poco tempo dopo, ormai a fine carriera, torna a giocare in Brasile con il Santos e nel 1988 comincia a esercitare la professione di medico svolgendo, inoltre, anche l’attività di commentatore sportivo per la tv brasiliana. In aggiunta incide un disco, fa l’impresario teatrale e si avvicina anche alla politica.

La figura del “dottor Guevara del Futbol” è fondamentale per palrare della Democracia Corinthiana. Grazie a ciò che ha fatto, è diventato il simbolo di una delle più importanti forme di resistenza messe in atto durante il governo dei militari.

Sòcrates con la maglia del Corinthians.

La concezione di calcio della Democracia Corinthiana

Oltre alla figura di Sòcrates, fondamentali sono anche: Walter Casagrande, attaccante ribelle ed estroverso, Wladimir, terzino sindacalista, e il direttore sportivo del club Adilson Monteiro Alves, professione ufficiale, sociologo. Il loro obiettivo è quello di demilitarizzare il calcio e renderlo più democratico <<perché anche il calcio in quegli anni in Brasile aveva risentito, e molto, della dittatura. Per i militari il “futebol” era lo strumento ideale per la loro propaganda e allora i club e la Nazionale erano stati militarizzati, con ai vertici uomini e personaggi direttamente scelti dai generali a capo del regime.>>

Ciò che volevano era l’assenza di alcuna imposizione dall’alto. Loro pensavano che solo attraverso il dialogo e il confronto tra le anime che compongono la squadra, in una filosofia colletiva, si potesse attuare tutto questo. <<Come dovrebbe succedere in democrazia, in cui ogni voce ha uguale peso e importanza, a prescindere dalla posizione che occupa all’interno della piramide sociale>>

Il campo, con gradualità, dimostra che non hanno torto

La squadra vincerà per due anni consecutivi, 1982-1983, il campionato dello stato di San Paolo. Così, Democrazia corinthiana diventerà qualcosa di più di un semplice esperimento di autogoverno. <<Diventerà uno strumento in grado di portare dentro a un campo da calcio questioni politiche fondamentali e di travasare il calcio in una dimensione più grande e più importante di quella dei gol, delle vittorie e delle coppe.>>

Numerose sono le inziative che attueranno: le scritte sulle maglie per spronare la gente a votare durante le elezioni municipali del ’82, “Democrazia corinthiana” stampata e ben visibile sulle divise bianconere, l’ingresso in campo della squadra reggendo un enorme striscione con la frase “vincere o perdere, ma sempre con Democrazia” prima della finale del campionato dello stato di San Paolo del 1982.

Con le loro azioni, smuoveranno l’opinione pubblica. Appoggieranno nel 1984 il ritorno alle elezioni presidenziali in Brasile e, nonostante l’emendamento del 25 aprile non passerà per le astensioni di tanti deputati e il percorso legislativo per la sua approvazione naufragherà senza possibilità di recupero, nel 1989 aiuteranno a far tornare a eleggere direttamente il Presidente della Repubblica.

Quindi possiamo affermare, che grazie al loro grande impatto sociale e politico, sono stati una componente fondamentale per la democratizzazione del Brasile.

Hanno dimostrato che è possibile disgregare la cultura piramidale su cui si basa ancora oggi il calcio moderno, dove i calciatori si trovanno sempre nello scalino più in basso, governati da chi in campo neanche ci scende.

Scritto da Alessio Pio Pierro


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