Attentati terroristici del 2016: il processo apre a Bruxelles

di Giorgia Lelii
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22 marzo 2016, Bruxelles: alle 7:58 del mattino le prime due esplosioni nell’area check-in dell’aeroporto di Zaventem, alle 9:11 quella nella metropolitana presso la stazione di Maalbeek, a un passo dalle istituzioni europee. 32 morti e oltre 300 feriti, numeri che non si registravano dalla Seconda Guerra Mondiale.

Dieci imputati alla sbarra del tribunale, accusati di omicidio, tentato omicidio e appartenenza o partecipazione ad atti di un gruppo terroristico; molti di loro sono già stati condannati per gli attentati a Parigi del 2015 in cui ci furono 130 morti. Solo uno, Oussama Atar-Oussama Atar, verrà giudicato in absentia: chiamati la cellula di Molenbeek, hanno progettato entrambi gli attacchi ed erano legati allo Stato Islamico.

Tuttavia, oltre alla strage di persone innocenti, i sopravvissuti sono da tenere fortemente in considerazione, soprattutto per la loro condizione psicologica: Christian De Coninck, ora 62enne, fu uno dei primi poliziotti a intervenire nella stazione di Maalbeek, dove fu testimone della straziante carneficina. Un anno dopo a De Coninck fu diagnosticato un disturbo da stress post-traumatico: il suo comportamento si fece sempre più aggressivo. Dopo aver consultato uno psichiatra, lasciò la polizia.

Philippe Vandenberghe stava invece lavorando nell’area del personale dell’aeroporto Zaventem quando i due attentatori hanno fatto esplodere i loro ordigni nel terminal. Il tecnico informatico, all’epoca 51enne, si è messo subito ad aiutare con un certificato di primo soccorso sottomano. Vandenberghe lavorò per un’ora, spingendo i carrelli dei bagagli intrisi di sangue, usati come barelle per trasferire i morti e i moribondi: alla fine un collega lo riportò a casa “in stato di shock“, anche lui fu divorato dallo stress post-traumatico. “La mia vita è stata completamente distrutta, ho perso i miei amici, i miei hobby, il mio lavoro“, racconta Vandenberghe.

Il caso più recente è stato nello scorso ottobre: una ragazza belga di 23 anni, originaria di Kontich, ha deciso di sottoporsi all’eutanasia a causa delle “sofferenze psicologiche intollerabili” a cui era ormai sottoposta. Il giorno degli attacchi era in fila all’aeroporto di Bruxelles per prendere parte alla gita scolastica a Roma; evidentemente, non è possibile cancellare un ricordo del genere con una spugna.

Ora gli imputati sono tutti sul lastrico, assistiti da parte di coloro che hanno quasi ucciso e da quelli che hanno i fantasmi delle vittime aleggianti su di loro.

Scritto da Giorgia Lelii


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